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Ci ho vissuto, a Berlino…

di Bixio

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Sull’onda – immagino – di alcuni richiami comparsi sul sito, il film Le vite degli altri, qualche poesia di Brecht, si sono risvegliati i ricordi su Berlino di Bixio che nella città ha vissuto saltuariamente o anche per periodi lunghi tra il 1976 e il 1979, quindi all’epoca del ‘Muro’ (dal 1961 al 1989). Queste le sue impressioni.
S. R.

 

Stavo al 143 di Kurfuerstendamm strasse. Giravo, girovagavo per le strade di Berlino, per giorni, settimane intere, alla fine mi ritrovavo sempre allo stesso posto.
“Il muro” era costruito sui binari in modo trasversale interrompendo  la linea che portava all’Est della città.
Salivo sull’altana nei pressi del muro… dall’altra parte si intravedevano i cavalletti di filo spinato che si snodavano lungo la cosiddetta ‘strada dei morti’, terra di nessuno, minata per impedire l’avvicinarsi al muro, gli attraversamenti e le fughe verso ovest. Le finestre dei palazzi devastati dai bombardamenti erano state tutte murate perché potevano rappresentare una potenziale via di fuga.
Per l’altra parte la guerra non era ancora finita!

Il Muro di Berlino e la “striscia della morte” in Bethaniendamm, fotografia del 1986.
Si vede una squadra di pionieri che ripulisce la striscia da rifiuti gettati oltre il muro (Da Wikipedia)

Un giorno decidemmo di andarci, con un amico e la moglie venuti a farmi visita in viaggio di nozze, insieme a degli insegnanti tedeschi che dovevano comprare dei libri che ad Est costavano molto meno.
La sola linea ferroviaria era stata realizzata sopraelevata per scavalcare il muro e la terra di nessuno. Dopo pochi minuti dalla partenza già eravamo a Berlino Est.
Tutti restarono seduti ai loro posti, i controlli lunghi e severissimi, i Vopos, le guardie di frontiera ti ‘radiografavano’, in special modo ai loro ex connazionali. Agli italiani bastava mostrare il passaporto; il mio amico Eduardo Magliozzi di Formia pensò di infilarci dentro la tessera del partito comunista, ma questo, invece di facilitarci il transito, li insospettì ancora di più, creando ulteriore ritardo.
A Berlino Est la guerra sembrava finita il giorno prima; le facciate dei palazzi rimasti in piedi erano annerite e crivellate di proiettili, nei vicoli e nelle stradine interne era restata l’oscurità della guerra terminata da anni; non tutte erano transitabili
Sullo stradone principale, pochi negozi che nelle vetrine spoglie mostravano qualche pezzo di carne e alcuni tranci di  pane.
Era vietato avvicinare i passanti che frettolosi proseguivano  per la loro strada.

Avevo visto abbastanza! Ne avevo tratto un’impressione tristemente rassegnata.
Dov’era il paradiso comunista promesso?
Era stata solo sostituita una dittatura con un’altra!
Si fece il tempo di andare via, di fuggire… La Volkpolizei, i Vopos, al ritorno erano se possibile ancora più severi; controllavano sotto le carrozze tra ordini secchi e aspri richiami che avevo sentito solo nei film dei lager nazisti…

Bisogna andare a vedere, per ridimensionare i libri di storia!
Le commemorazioni, le ghirlande di fiori, i discorsi… ma servono ancora?
Cosa fare?
La ricaduta è prossima, temo.

3 Comments

3 Comments

  1. Sandro Russo

    30 Gennaio 2025 at 12:51

    Anche se per vie traverse e in modi non ortodossi la grande Storia fa capolino tre le pagine del sito. Attraverso film, poesie e canzoni. Del muro di Berlino, una delle più grosse idiozie partorite da un regime totalitario, che ha portato solo dolore, morti e feriti e nessun vantaggio, abbiamo registrato su queste pagine il momento della caduta, oltre a numerose citazioni sparse.
    Leggi qui:
    https://www.ponzaracconta.it/2020/10/25/una-canzone-per-la-domenica-116-a-trentanni-da-un-cambiamento/
    https://www.ponzaracconta.it/2024/11/10/una-canzone-per-la-domenica-319-wind-of-change-degli-scorpions-un-replay-doveroso/

    Mi aveva incuriosito appunto conoscere gli anni in cui Bixio era vissuto a Berlino, e lui me l’ha aggiungere nell’articolo, che racconta appunto la sua esperienza del “Muro”.

  2. Bixio

    30 Gennaio 2025 at 13:07

    A quel tempo lavoravo all’estero come geometra, Arabia, Emirati, Libia, Nigeria. Sud America, per cui ogni tre mesi la società italiana mi spediva per un mese in Europa (o dove volevo) per ferie. Gli anni della Germania sono stati appunto quelli che ho specificato, dal 1976 al 1979.
    Ricordo i concerti di Mikis Teodorakis, Joan Baez e altri… Non ricordo se era già uscito il libro “I ragazzi dello zoo di Berlino”.
    Ricordo il corridoio con la macchina verso Berlino e per l’aeroporto Thempelof, la Porta di Brandemburgo era nella zona interdetta alla fine del viale under linden. Il Check Point Charlie ricordo bene, c’erano ancora le bandiere americana, inglese e francese.
    I concerti e i luoghi li ricordo con più precisione delle date.
    All’epoca a Berlino (Ovest, ovviamente) si respirava aria di grande cultura, gli eventi erano all’ordine del giorno anzi della sera.
    Una sera mi trovai ad un concerto di musica classica con un gruppo di amici … Davano una sonata in ? maggiore per archi, oboe etc etc… (neanche composta da chi, ricordo).
    Pensieroso, fu lì che cominciai a capire che quello non poteva essere il mio mondo; non vi appartenevo proprio…
    Non so neanche se fu quella l’ultima volta che ero a Berlino, ma me ne è rimasto il ricordo di una città molto viva, entusiasmante, bellissima.

  3. Tano Pirrone

    30 Gennaio 2025 at 16:50

    Di Paradisi perduti è piena la Storia dell’Uomo (le maiuscole non si pagano e quindi vai…). Quello comunista è stato forse (FORSE) il peggiore perché ha coinvolto masse in tutto il mondo, masse già per la maggior parte disgustate da altri Paradisi promessi e non mantenuti. Si cercano col sacrificio del sangue e della ragione, ma si trovano solo Inferni aperti 24 ore su 24, con specchi ustori e clisteri di acido solforico. Sto leggendo Noi (rileggendo, ché risale il mio incontro alla fine dei ‘sessanta) di Evgenij Ivanovič Zamjatin (nella bella ed efficace traduzione di Ettore Lo Gatto): ne esce un gelido inferno di fuoco, la demenza come unico fiore tardivo della colpa di essere uomini, di essere uomini e donne piegati all’esigenza di credere ad un Paradiso, un Paradiso qualunque, senza che nessuno abbia mai avuto il coraggio di dir loro in un orecchio che il sogno del Paradiso si paga con l’Inferno in vita.

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