Canzoni

Una canzone per la domenica (329). Stella di vetro, di Mimmo Locasciulli

di Enzo Di Fazio

Siamo in un’estate inizi anni 2000.
A Formia, nella splendida cornice del castello Baldoni, dal cui terrazzo lo sguardo spazia sul golfo di Gaeta da punta Stendardo a Capo Miseno oltre il quale c’è il golfo di Napoli, si esibisce Mimmo Locasciulli, cantante-autore non noto alle grosse platee se non per aver partecipato, nel 1985, all’edizione di quell’anno del Festival di Sanremo, con la canzone Buona fortuna.
Una canzone gradevole, orecchiabile che si classifica tra le ultime posizioni, al 19° posto, poco più su di Donne di Zucchero, penultimo.
Quell’anno vinsero I Ricchi e Poveri con Se m’innamoro.
Ma si sa, è spesso capitato che i peggiori di Sanremo si siano poi riscattati negli anni grazie alla bravura e ai testi che hanno composto e interpretato.
Ne è un esempio proprio Zucchero e, per citarne un altro tra quelli più noti, Vasco Rossi, tra gli ultimi, sempre a Sanremo edizione 1982, con Vado al massimo.

Mimmo Locasciulli è un medico prestato alla canzone d’autore. Dice di sé: sono un medico, artista per passione.
Abruzzese di Penne, un paesino della provincia di Pescara, classe 1949, si laurea in Medicina alla Sapienza di Roma. È proprio durante il periodo degli studi universitari che nasce la sua passione per la musica e la composizione. Frequenta intorno agli anni 70 il Folk Studio, un locale nato nel 1960, in una cantina di zona Trastevere, che è lo studio del pittore musicista afroamericano Harold Bradley, frequentato anche da altri artisti, pittori e musicisti. Pensate, nel 1962 vi si esibisce anche uno sconosciuto Bob Dylan di passaggio per Roma.
La frequentazione di Folk studio è stata determinante per la formazione musicale di Mimmo Locasciulli in parte influenzata dalle presenze jazzistiche.

Avevo cominciato ad apprezzarlo dopo che un amico, collega di lavoro, abruzzese come lui, mi aveva fatto dono di un suo CD tra le cui canzoni c’erano Svegliami domattina e Cala la luna che mi piacevano molto e che ascoltavo di frequente durante i lunghi viaggi in macchina negli anni in  cui ho lavorato in Puglia (siamo alla fine degli anni ’90).

Ma torniamo a quella magica serata di luglio.
Mimmo Locasciulli è lì perché invitato dall’Associazione culturale Agorà per tenere un concerto in una serata di beneficenza organizzata per raccogliere fondi da devolvere in favore di Medici senza Frontiere. È stato già a Formia qualche anno prima, all’ex Hotel Ariston, sempre in un concerto di beneficenza, con il bravissimo contrabbassista Greg Cohen.
La sala che ci accoglie non è molto grande ma ospitale; è fresca senza che l’aria sia condizionata, perché esposta a Nord e aperta ai due lati.
Attendono i musicisti un pianoforte, un contrabbasso, un violoncello e un sax.

Entra per primo Mimmo Locasciulli, lo seguono gli altri tre musicisti ognuno dei quali prende possesso della propria postazione.
Mimmo ha un cappello in mano con cui saluta tutti e nel momento in cui siede al pianoforte lo indossa,
Il concerto ha inizio.
Seguono, uno dopo l’alta, le sue canzoni: Un po’ di tempo ancora, Svegliami domattina, Buona fortuna, Tango dietro l’angolo, Pixi Dixie Fixi, Natalina
Tra una canzone e l’altra racconta storie, ricordi, come sono nate le canzoni e racconta di sé. La sua voce calda, chiara piace ed affascina.
E’ una serata che scorre veloce; il pubblico gradisce e non lesina applausi.

Una canzone di quel concerto mi colpisce più delle altre tant’è che mi è rimasta impressa e spesso la riascolto. Probabilmente a fare la differenza, a parte il testo (bellissimi i due versi finali: Quel che lasci lo perdi per sempre, Quel che cerchi non può mai finire) è un breve passaggio con l’armonica a bocca, strumento che adoro dai tempi in cui, ragazzino, l’ho visto suonare per la prima volta, in un film, da un cow boys seduto di notte sotto un albero con sopra un cielo pieno di stelle.
La canzone è Stella di vetro, la mia canzone per la domenica.

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Questo il testo

Stella di vetro
(Testo e musica di M. Locasciulli)

È un segreto da poco, una stella di vetro
Ma puoi metterla sotto al cuscino
Lui le disse “Partiamo col buio
Non ha senso aspettare il mattino”

E la radio trasmette su frequenze lontane
Mentre guidano verso occidente
Che si lasciano il sole alle spalle
E la notte può durare per sempre

Fermati fermati, mio grande amore
Fermati e lasciati amare
Non c’è tempo ma il tempo non conta
E non conta saperlo aspettare

È una porta che sbatte per un colpo di vento
È una pietra da un cavalcavia
È tenere la tua mano un momento
È sognare di andarcene via

E la strada va, e la strada vola
E la strada torna e ritorna ancora
Fino a dove e quando e forse mai
Fino a quasi e sempre
E il prezzo di quello che perdi stanotte
È lo stesso di quello che hai

Non c’è niente che porta dalle parti del niente
Non lo so ma non serve parlare
Non ci sono risposte o domande
E capire può farci anche male

E nessuno li segue nella luce che cambia
Pochi fari nel retrovisore
Per due cuori lanciati in discesa
Come macchine senza motore

E la strada va….

Pensami piano, pensami ancora
Pensami fino a soffrire
Quel che lasci lo perdi per sempre
Quel che cerchi non può mai finire

Mimmo Locasciulli nel 2024, assieme a Samuele Bersani, Tersa Parodi, Edoardo Bennato, ha vinto il Premio Tenco. Ha collaborato e collabora con artisti come Francesco De Gregori, Enrico Ruggieri, Fabrizio Bosso, Paolo Fresu, Gabriele Mirabassi

Nel mese di gennaio uscirà un suo nuovo album, Dove lo sguardo si perde, registrato tra Roma, Parigi e Bruxelles. Ad accompagnarlo è il Quartetto Pessoa. Gli arrangiamenti sono stati curati dal figlio Matteo.
Trovo scritto sulla sua pagina Facebook a proposito di questo nuovo album: In alcune canzoni i musicisti hanno suonato gli strumenti realizzati con i legni delle barche naufragate e abbandonate dei migranti. Quei legni, che rivivono come testimonianza di un’umanità finita ai margini e spesso di vite spezzate, sono stati trasformati in violini, viole, violoncelli e contrabbassi dal lavoro di alcuni detenuti nel carcere di Opera, sotto la guida di maestri liutai che, peraltro, sono riusciti a mantenere sulla superficie i colori tenui delle imbarcazioni, come una sorta di bandiera simbolo.
Una conferma della bravura e della sensibilità di questo artista.

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