Personaggi ed Eventi

La svolta della vita

di Giuseppe Mazzella

 

Almeno una volta nella vita tutti abbiamo desiderato un forte cambiamento, una modifica di rotta e la realizzazione di un sogno, covato per anni, e mai realizzato. Per farlo è necessario, però, avere una forte coscienza della propria vocazione, resistendo alle pressioni familiari e alle consuetudini del proprio tempo. Una scelta non facile che solo molti grandi hanno saputo affrontare vittoriosamente.

 

Nei primi mesi del 1851 Giulio Verne si trovava a Parigi per completare gli studi di diritto, ma era ancora ferocemente combattuto tra la volontà paterna, che gli imponeva la professione di avvocato, e la passione per la letteratura. Il futuro scrittore dei “I viaggi straordinari” aveva allora 23 anni e la sua aspirazione alla libertà e all’avventura era già stata frustrata drammaticamente sette anni prima, quando a Marsiglia gli era stato impedito di imbarcarsi su di un veliero in partenza per l’America. Nonostante il passare del tempo, nel suo animo continuava a covare la ribellione, anche se al punto in cui era, il suo destino sembrava ormai segnato. Timido e solitario, Verne aveva nella madre la sola a cui confidare la sua angoscia esistenziale. A lei si rivolse disperatamente ancora una volta, indirizzandole l’ennesima lettera, lucida ed accorata, che così terminava: «lo posso essere un buon scrittore, e non sarò che un pessimo avvocato!». Il silenzio complice e protettivo della madre lo aiutò finalmente a fare la scelta tanto sofferta. Tutto accadde come un lampo, rapido e senza ripensamenti.
Fu quello il momento in cui Giulio Verne divenne Giulio Verne.

 

Jules Verne ritratto dall’amico fotografo Nadar (da Wikipedia)

Quello che è avvenuto per lo scrittore francese si è ripetuto molte volte per tante grandi personalità. Scrittori, pittori, filosofi, santi e missionari, dopo un periodo di maturazione di anni o addirittura di decenni, hanno trovato improvvisamente la loro strada. Un’impennata, un momento magico che ha illuminato il loro spirito, al punto da decidere infallibilmente del proprio destino. Gli esempi che la storia ci offre sono molteplici e non c’è davvero che l’imbarazzo della scelta.

Blaise Pascal ebbe la vita segnata dalla “conversione” scaturita dall’estasi della notte del 23 novembre 1654. Un’esperienza travolgente, pochi attimi ma così intensi, che mutò radicalmente il suo spirito e indirizzò la sua ricerca filosofica e religiosa. Da allora Pascal portò sempre con sé, fino alla morte, le poche righe scritte in quella circostanza eccezionale, note come “Memorial”, nelle quali confermava la decisione di tradurre in pratica i principi della fede giansenista.

Ritratto di Pascal del 1691 (da Wikipedia)

Nel 1799 Stendhal aveva appena lasciato Parigi per raggiungere in Italia l’Armata di Napoleone. La folgorazione che portò alla risoluzione più importante della sua vita avvenne a Novara, durante la rappresentazione teatrale del “Matrimonio segreto” di Domenico Cimarosa. L’impressione che ne trasse fu così intensa, che decise di abbandonare la carriera militare, da cui pure era molto attratto, per dedicarsi completamente alla letteratura. Una scelta alla quale non venne mai meno, anche se per sopravvivere dovette piegarsi per anni ad una improbabile carriera di console.

Vittorio Alfieri scoprì in maniera imprevista la sua vocazione. Accadde a Torino nel 1772, mentre era impegnato ad assistere un’amica malata. Nelle lunghe ore, per ingannare il tempo, compose una tragedia: “Cleopatra”. E nacque il grande tragediografo.

Vittorio Alfieri ritratto da Francois-Xavier Fabre (1797). Palazzo Alfieri (Asti),
ritenuto dal poeta il più somigliante e da lui donato alla sorella Giulia nel 1798 (da Wikipedia)

 Nel 1841 il filosofo danese Søren Kierkegaard si era appena laureato in filosofia e da meno di un anno si era fidanzato con Regine Olsen, quando all’improvviso sentì di dover rompere quel legame, sentendosi irresistibilmente chiamato alla filosofia. Resosi conto che il matrimonio era incompatibile con la sua missione, non tardò un solo istante a prendere la dolorosa decisione.

Più o meno negli stessi anni il poeta francese Charles Baudelaire si dibatteva tra la vocazione alla poesia, vissuta nel disordine di una vita dedita alle droghe e all’alcool, e lo stile di vita “borghese” impostagli dal padre. Un’altalena che durò tutta la prima giovinezza, fino all’età di ventisette anni, quando avvenne la svolta. Baudelaire abbandonò allora ogni remora e troncò definitivamente i rapporti con la famiglia, scegliendo quella vita al limite della follia, che per lui appariva però l’unica percorribile. E nacque il “poeta maledetto”.

Charles Baudelaire by  Etienne Carjat, 1863 (da Wikipedia)

La rivelazione che decise il suo destino raggiunse Paul Claudel all’età di diciotto anni, nella cattedrale di Notre-Dame a Parigi. Fu durante i vespri del Natale del 1886. Da quel momento, la lunga ë operosa vita che lo porterà alle soglie degli ottanta anni, Claudel la dedicherà, pur nel quotidiano impegno diplomatico della sua professione, alla divulgazione attraverso la letteratura del messaggio cristiano. Le sue opere porteranno scolpite la forza di un cattolicesimo integrale e sanguigno, come era nel suo carattere.

Per restare alla letteratura francese, ma avvicinandoci ai nostri giorni, anche la scrittrice Margherite Yourcenar si dibatteva già adolescente tra la precoce vocazione poetica e lo stile di vita “normale” imposta dalla famiglia. Anche la sua fu una decisione rapida, anche se maturata negli anni. Yourcenar aveva trentun’anni quando decise di abbracciare definitivamente l’incerta professione di scrittrice e di vivere liberamente la relazione “proibita” con la statunitense Grace Frich.

Una risoluzione decisamente precoce fu, invece, quella presa da Heinrich Schliemann. Il futuro archeologo tedesco aveva infatti solo dieci anni allorché poté osservare in un libro una stampa in cui era rappresentata Troia in fiamme. Alla spiegazione del padre che quella città non esisteva se non nella fantasia di Omero, il piccolo Heinrich giurò solennemente che a lui sarebbe spettato l’onore di scoprirne i gloriosi resti. Schielmann lavorò per quarant’anni, con un’ostinazione incredibile, per mantener fede all’impegno preso in così tenera età.

Tra i tanti pittori che hanno dovuto lottare disperatamente per affermare la propria personalità, vi è certamente Eduard Manet. Figlio di un noto magistrato, il suo amore per la pittura venne avversato in ogni modo. Ma aveva solo sedici anni quando prese la decisione più importante della sua vita. Fuggito da casa, si imbarcò su un mercantile, e viaggiò per mesi nei mari del Sud, disegnando e dipingendo incessantemente e inebriandosi dei colori e delle atmosfere di quelle esotiche latitudini. Di ritorno a Parigi era nato un grande pittore.

Eduard Manet ritratto dal fotografo Nadar (da Wikipedia)

Tra i numerosi esempi delle grandi personalità che la storia ci offre, i santi – gli illuminati per eccellenza – rivestono un’importanza considerevole. Da San Paolo a Sant’Agostino, da San Benedetto a San Francesco, solo per ricordare quattro grandi spiriti della Cristianità, ma anche per tutti gli altri, c’è stato un momento cruciale della loro vita in cui hanno potuto vedere con trasparenza la loro vocazione.
Da carnefice dei Cristiani a fondatore della Chiesa Cattolica, dopo la folgorazione sulla via di Damasco, San Paolo trasformò la sua vita in una instancabile peregrinazione missionaria per tutto il Mediterraneo. San Benedetto, dopo aver sperimentato il mondo, scelse la preghiera e l’umile lavoro di ogni giorno, proponendo un mirabile modello che illuminerà i secoli bui del Medioevo. Sant’Agostino, dopo una giovinezza dissoluta, grazie anche all’esempio materno, divenne il più strenuo difensore della fede cristiana contro ogni eresia, rinunciando persino agli affetti più cari: la moglie e il figlio Diodato. San Francesco, figlio di un ricco mercante di Assisi, dopo una giovinezza dedita ai piaceri, al lusso e ai viaggi in terre lontane, abbandonò in un memorabile pomeriggio ogni cosa, persino gli abiti, per vivere in assoluta povertà.

Per restare in tema, ma facendo un salto di sette secoli, merita di essere ricordato Albert Schwaitzer. Il grande filosofo, teologo, musicista e medico tedesco, che abbandonò la sua prestigiosa carriera, per prestare la sua opera missionaria alle popolazioni diseredate dell’Africa equatoriale. Era ancora giovanissimo quando affrontò con animo sereno ogni sorta di sacrifici, aprendo un ospedale dove lavorò senza risparmio fino alla morte. La sua scelta, radicalmente altruistica, gli procurò non solo il premio Nobel per la pace nel 1952, ma costituì l’esempio per altre missioni civili e religiose in ogni parte del mondo.

Anche questi ultimi esempi, forse più fulgidi, ripropongono assieme a tutti gli altri il mistero del perché ad un certo punto della vita di alcuni uomini, si manifesta quell’improvvisa illuminazione che decide del destino della loro vita. Perché all’improvviso tutto appare così chiaro? Dipende dal caso? E’ tutto predestinato? Interviene la Grazia? Quello che appare evidente è che le decisioni fulminee sono preparate sempre da una lunga e dolorosa vigilia. E’ come se solo per alcuni poi non valessero le catene dell’educazione e dei limiti del tempo nel quale si trova a vivere. Solo a pochi, infatti, è data la forza di operare in quello che a noi appare una svolta, ma che per i grandi non è altro che intraprendere la propria strada.
Ma il mistero rimane. Perché non a tutti è dato di poterla vedere con tale lucidità?

Caravaggio (1600-1601): Conversione di san Paolo – Basilica di Santa Maria del Popolo, Roma

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