Stampa

La distopia di Concita

proposto dalla Redazione, da la Repubblica

 

Raccontando il tempo presente, come se fosse già passato
Bello, molto letterario eppure grondante d’attualità, questo racconto distopico di Concita De Gregorio
S. R.

Le idee
Nel mare privo di scialuppe
di Concita De Gregorio – Da la Repubblica del 15 dic. 2024

E chi erano i naufraghi?
Beh erano persone, identiche a quelle che si ingegnavano perché le altre non partissero

Passerà, questo tempo, come ogni tempo è passato. Finirà, arriverà gente nuova che penserà un mondo nuovo. Noi, la nostra generazione non ci sarà o sarà nel migliore dei casi decrepita ma dovrà comunque rendere conto ai posteri di quel che ha fatto e omesso, di quel che ha detto e taciuto. Saremo un paragrafo di un sussidiario di storia tipo “all’inizio del Trecento ci furono in Europa anni di grande carestia, morirono milioni di persone”. Così, ugualmente: “Nei primi trent’anni del Duemila morirono nel Mediterraneo decine e decine di migliaia di persone, moltissimi i bambini. Furono lasciate morire, era difatti un tempo in cui l’Italia disprezzava la vita di chi cercava asilo”. L’Italia, si dirà, perché la politica di un governo — o di molti, successivi —coincide con la storia del Paese, nella sintesi. Le minoranze e le voci dissonanti non rilevano, se non ebbero la forza di cambiare il corso della Storia: non saranno registrate.

Tutti porteremo la medesima responsabilità: anche quelli che si opposero a quei governi senza tuttavia avere la forza di rovesciarli e sostituirli, senza avere il consenso necessario, senza rappresentare dunque la maggioranza del popolo sovrano. Alcuni persero, altri tacquero. Molti si disinteressarono alle vite altrui essendo impegnati a preservare la loro: furono infatti, quei medesimi anni, anni di povertà crescente, di fragilità sociale e disuguaglianze, di impoverimento economico e culturale delle classi medie e di collasso delle più basse nella scala.

Nel 2024, si dirà prendendo a esempio un anno campione, i rapporti parlano di analfabetismo funzionale diffuso e crescente, di risacca e “galleggiamento” sociale, recessione economica, assenza di speranza nel futuro e conseguente aumento delle paure irrazionali (dello straniero, dell’invasione, dei poteri occulti, delle manipolazioni e dei complotti come accade ogni volta che un Paese va indietro anziché progredire, come succede sempre quando i cittadini sono resi più fragili da poteri politici impegnati a conservare se stessi).

Era l’anno in cui nelle città cominciarono liberamente a sfilare manifestanti in camicia nera e braccio teso, nei centri di accoglienza si somministravano psicofarmaci per stordire i superstiti a loro insaputa, le multe a chi aveva infranto le leggi sanitarie a tutela della salute pubblica furono condonate in cambio del consenso della comunità antiscientifica.

Era l’anno in cui il governo di destra spese 800 milioni per creare in Albania un sontuoso centro di dissuasione all’immigrazione verso l’Italia, centro rimasto deserto. Insegnanti e infermieri, al contrario, nel Paese scarseggiavano privi di risorse.

Disprezzo. «Disprezzo per la vita delle persone», disse Margot Bernard di Medici senza frontiere spiegando la ragione per cui la loro nave di ricerca e soccorso inmare, la Geo Barents, dovette proprio quell’anno rinunciare a salvare i naufraghi. Ne aveva sottratti alla morte 12.676 in tre anni, quella nave. Centonovanta operazioni di soccorso, dal ’21 al ’24. Trentunomila persone erano annegate invece nei precedenti e in parte stessi anni in quella specie di piccolo grande lago salato che è il Mediterraneo centrale ma no, non si poteva più provare a salvare nessuno. A causa «delle leggi restrittive italiane». Del decreto Piantedosi (chi volete che sappia chi sia stato Piantedosi, fra cent’anni) e successivi, di quelle leggi fatte apposta dai governi di destra e populismi limitrofi per rendere difficile la vita di chi soccorre e lasciar morire chi è soccorso. Tipo. Assegnare un porto di approdo lontano cento chilometri dal punto del riscatto in mare, sequestrare barche perché “troppo grandi” o altre sempre nuove fantasiose caratteristiche dissuasive, tenerle ferme mesi, multarle. Confiscarle.
Fare in modo insomma che salvare i naufraghi fosse sempre più difficile fino a diventare impossibile.

E chi erano i naufraghi? Beh erano persone, proprio uguali identiche a quelle che si ingegnavano perché le altre non partissero dai loro Paesi, perché non fuggissero da dittature liberticide, violenze, campi di tortura, povertà estrema, schiavitù e morte certa, giacché bisogna pur essere capaci di immaginare chese sei disposto a rischiare di morire su un gommone che attraversa il mare di notte portando con te figli neonati dev’essere perché il rischio che corri restando è molto più grande di quello che corri partendo.
Nessuno si butta dal trentesimo piano se la casa non è in fiamme.

Eppure non sarebbe stato difficile, a ripercorrere la storia breve del Novecento, comprenderlo. Era successo anche agli italiani, al principio di quel secolo, di essere sepolti nel crollo di miniere in Paesi di cui non parlavano la lingua, di essere fatti schiavi e schedati all’arrivo in altri continenti, di attraversare gli oceani e morire nel tragitto. Ma si è dimenticato, la memoria è labile persino nel tempo che passa tra nonni e nipoti.

Andò così che nell’era in cui Elon Musk e Donald Trump vincevano le elezioni in America, i governi autoritari e dispotici nel resto del mondo avevano la meglio sulle democrazie, l’Europa annaspava orfana dello spirito dei fondatori imprigionati dal fascismo a Ventotene (Pertini, Colorni, Spinelli: eppure i figli erano ancora qui) e dei superstiti dello sterminio nazista, ultimi testimoni, non si fu in grado di evitare di replicare la Storia.

Geo Barents, la nave di Medici senza frontiere (medici che usano le ferie per andare volontari) lasciò le acque italiane. L’ultimo naufragio prima della rinuncia forzata era stato quello di una barca partita da Sfax, in Tunisia. Quarantaquattro morti. Solo una bambina nata in Sierra Leone si era salvata. Una bambina di 11 anni chiamata dai giornali con il nome fantastico di Yasmine, Gelsomina. Se fosse ancora viva, se sua figlia lo fosse e fosse magari una scienziata, una restauratrice di legni, una pianista, una maestra.

Posteri, cercatela. Fatevi dire da lei: come andò.
Com’era quel mondo e com’è adesso, speriamo meglio, il suo.

[Di Concita De GregorioDa la Repubblica del 15 dic. 2024]

Immagine di copertina (a cura della Redazione). Foto da seawhatch.org

 

Clicca per commentare

È necessario effettuare il Login per commentare: Login

Leave a Reply

To Top