di Francesco De Luca
La rete dei rapporti che avvinghia l’individuo è fitta e avvincente.
Un individuo è premuto prioritariamente dalla sua parte corporea. Il corpo lo tallona, sollecitandolo coi sensi esterni, e con quelli interni.
Il rapporto che l’individuo instaura col proprio corpo è fluido. Di cooperazione, di comando, di indifferenza, di soggezione. Voglio dire che è un rapporto contorto, soggetto a variazione continua. Non si raggiunge mai la quiete. E’ un rapporto continuamente in divenire. Tendente all’omeaostasi, ossia a trovare un equilibrio che rassereni gli istinti, l’intelletto e il sentimento.
Identica processualità funziona fra le relazioni intessute dall’individuo coi soggetti sociali che accompagnano la sua esistenza.
Con ciascuno di essi interferisce e si relaziona, in cerca di un equilibrio soddisfacente per i soggetti implicati.
Risultato difficile da raggiungere e, ciononostante, si applica per coglierne lo stato di quiete.
Ma i cerchi concentrici intorno all’individuo sono ancora tanti.
In quanto soggetto ‘sociale’ si è inseriti all’interno di un complesso ‘statale’. Prolifero oltre misura di diritti e di doveri che vanno rispettati, in ossequio alla condotta seguita dall’individuo che mira a crearsi un equilibrio in grado di dare senso alla sua esistenza e alla sua coscienza ( perseguendo il principio dell’omeostasi ).
Nello Stato le relazioni sociali si arricchiscono di complicazioni e soddisfazioni, giacché si allargano alla ‘politica’, ossia al ‘bene di tutti’. Che è superiore e più esaltante sia di quello sociale sia di quello individuale.
Le relazioni politiche si complicano ulteriormente perché ad uno ‘Stato’ sono affiancati altri ‘Stati’. E con essi si allacciano rapporti che rappresentano altri problemi e insieme possibilità di relazioni.
Insomma, come appare seppur sommariamente e nell’estemporaneità, il fardello delle ‘relazioni’ che avvinghiano e manifestano l’individualità di un soggetto umano, è intrigatissimo. Relazioni tutte permeate da una caratteristica: sono fluide, non meccaniche. Sono reattive secondo lo spazio, il tempo, il pregresso e le finalità. Sono complesse. E in più, questa complessità, che in qualche modo ho esposto, soggiace alla legge della casualità. Per cui è una complessità imprevedibile.
Mi sono addentrato in questo circuito di argomentazioni non per avvilire la nostra già labile ‘sicurezza’ bensì per rinnovare a me la ‘problematicità’ dell’esistenza.
E da essa trarre forza per avvertire come sia d’obbligo l’attenzione verso i nostri rapporti. Quelli personali, intimi, i nostri insomma. Quelli che diamo per scontato debbano obbedienza ad una ‘trascendenza’ , rassicurante ma fallace; ad una ‘partigianeria’ attenta alla pancia più che all’onore; ad una ‘pigrizia’ mentale che affoga nel banale, nel semplice, nell’evidente. E si rigetta la ricerca del ‘vero’ (non quello Assoluto bensì quello che quieta la nostra coscienza).
E’ un monito che rinnovo principalmente a me, in occasione del periodo natalizio, apparentemente buonista e subdolamente discriminatorio.
Sono certo di aver espresso il mio convincimento ma non sono sicuro di essere entrato in empatia coi lettori del Sito. Per cui, in parole povere, voglio dire che aspettarsi che un Essere metta ordine nelle cose in cui ci avvolgiamo quotidianamente ( in ambito socio-economico-politico ); così come aspettarsi che lo stesso ordine lo imponga un Uomo (o Donna ) ( che sia o no della Provvidenza ); o nel mondo occidentale sistemi i fronti belligeranti un Uomo acclamato da milioni di persone, ebbene questo atteggiamento, che è politico nel più vasto significato possibile, è un comportamento inadeguato, perché rende inutile tutta la costruzione complessa del nostro essere nel mondo. Ci fa apparire ‘burattini’ alla mercé del primo burattinaio.
Una figuraccia!
La complessità, vanto estremo dell’essere ‘uomo’ si rivela, nello specchio della superficialità ( di una pozzanghera della banchina ), una maschera da macchietta.