Poesie, Racconti

L’abitudine alla speranza

di Gabriella Nardacci

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Quante volte capita di alzare gli occhi al cielo quando si sentono discorsi ‘seri’ sulla vita e le sue difficoltà… Ma basta dai! …E su, pensa ad altro! Esci, và! …Vatti a divertire! Ma pensa a vivere!
In qualche modo si tende a distrarre da una problematica seria una persona che intenda ragionare sui casi gravi della vita come se ciò portasse a vie senza uscita o a decisioni e finali drammatici.

Poi all’improvviso ci si imbatte in qualcosa che ci fa fermare e analizzare alcuni concetti trovati in un articolo di giornale, in una poesia, in una citazione, in un libro, in un film, in una canzone.

Parlo del Tempo, rovello della mente. Del tempo che fugge incurante di tutti e di tutto e che si porta via ogni slancio e tutta l’energia che ieri ci apparteneva.

Ultimamente hanno dedicato un programma a Tenco. Le sue canzoni hanno lasciato in me qualcosa che mi ha legato per sempre al suo sentire.
Durante gli anni della giovinezza, eravamo abituati a stare in gruppo e ad ascoltare insieme le canzoni; se ne faceva sempre un gran parlare e spesso le analizzavamo a fondo traendone significati importanti. In noi, nonostante ci fosse tanto desiderio di vivere l’amore e la spensieratezza, c’erano sempre però anche momenti importanti dedicati all’introspezione, alla filosofia, alli considerazioni sulla vita e sulla morte.

Ascoltare oggi le canzoni di Tenco è più semplice per me. I suoi versi mi arrivano ‘forti e chiari’ e sempre al senso di malinconia di uno stato apparentemente immobile, si aggiunge l’incessante andare del Tempo che sembra aumentare le cose da fare prima che giunga il termine di tutto.

Un giorno dopo l’altro e la vita se ne va… cantava Tenco, ma è un giorno alla volta che questo Tempo ci accompagna passando per le strade che paiono non avere direzione e che per questo appaiono tutte uguali così come lo sono le case che le fiancheggiano.
In quasi tutta la canzone non si specificano i dettagli. Non si sa se è mattina o sera e quindi se la luce o il buio influiscono sui pensieri. Però c’è il senso di un andare e di un ritornare.

Anche quando si cammina, i passi sembrano avere la stessa distanza uno dall’altro nel portare avanti e indietro la vita che ha lo stesso ritmo e la stessa andatura di ieri e dei giorni avanti ieri.
Lo sguardo, però, scruta a destra e a manca per scorgere, da qualche parte, forse nascosto al passaggio del tempo, quell’avvenire che avevamo sognato da giovani.
Ora che non lo siamo più, ci chiediamo che fine hanno fatto quei sogni che di certo hanno avuto vita breve o forse non li avevamo pensati abbastanza grandi così da non poterli perdere di vista mai.
Triste a dirlo, ma forse i sogni vogliono solo rimanere se stessi senza diventare altro. Persi nei meccanismi della razionalità.

Non c’è dato neanche il tempo per elaborare questo lutto e immediata arriva una certezza che è tardi per dare un nuovo vestito ai desideri e che quindi domani sarà, di nuovo, uguale a oggi.
Ci si dilunga a pensare piano mentre il Tempo non rallenta la sua corsa. Si arriva tardi anche stavolta perché ancora e ancora la nave ha già lasciato il porto ed è salpata. A malapena la si scorge e dalla riva sembra un punto lontano.
Non si capisce se davvero ci siamo troppo intrattenuti con certi pensieri da non accelerare il passo. Si è così persa anche la possibilità di andarsene altrove oltre il mare? …ma del resto è capitato anche di aver perso treni per essere stati troppo a pensare e a decidere. La verità è che forse non abbiamo avuto il coraggio di cambiarla, la vita, o forse il cambiamento era solo un desiderio in quei sogni giovanili.
Così intanto arriva la sera e solo alla fine si capisce quanta strada abbiamo fatto dalla mattina. La meta non ci ha portato nulla di nuovo e siamo stanchi di pensieri persi.

Durante la strada del ritorno, ci accompagnerà la nostra ombra che ci terrà compagnia ricordandoci che siamo vivi. Con passi lenti e misurati, con una direzione precisa, con il cuore gonfio e il pianto dentro ci riporteremo nella certezza della nostra casa dove ritroveremo tutto ciò che abbiamo vissuto e con la certezza di riprovarci il giorno dopo.
La canzone termina con: E la speranza ormai è un’abitudine.
Beh, io ritengo questo finale meraviglioso: positivo e consolatorio. Non è forse un grande aiuto e una pacca sulla spalla – quasi un abbraccio – pensare alla speranza come un’abitudine?

 

Nota della Redazione
che questa non sia una canzone qualunque, ma che sia in grad di muovere qualcosa in profondità e dimostrato che per ben tre volte compare sul sito, come Canzone per la Domenica, proposta (nel 2018) da Sandro Russo  e in due Epicrisi, di Sandro  (2020) e di Enzo Di Fazio (2024).

Una canzone per la domenica (13). Luigi Tenco
Ponza Racconta
https://www.ponzaracconta.it › 2018/09/23 › una-canzo…
23 set 2018 — proposto da Sandro Russo . Luigi Tenco (1938 –1967) è stato un cantautore, attore, poeta, compositore e poli-strumentista italiano.

Epicrisi 288. Un giorno dopo l’altro…
Di Sandro Russo, del 19 lug 2020 — Così cantava Tenco che su pessimismo e tristezza la sapeva lunga… E così ho titolato io questa epicrisi settimanale, non tanto perché sia un …

Epicrisi 490. Un giorno dopo l’altro… l’estate se ne va
Di Enzo Di Fazio del 18 ago 2024 — Io parlo di estate, Tenco parlava di vita, anche se a ben vedere l’estate è parte della vita. Questa epicrisi – ve ne accorgerete leggendola…

 

1 Comment

1 Comments

  1. Bixio

    16 Novembre 2024 at 17:12

    Questo testo, un’ossessione!

    La nave ha già lasciato il porto e dalla riva sembra un punto lontano… incredibilmente in pochi versi, Tenco ti poggia delicatamente tutto il peso del vivere sulle spalle, ricurvo, piegato sui propri passi nel ritorno verso casa!
    Lo stato d’animo attanagliato dai morsi della tristezza, nostalgia e solitudine ti rimane indelebile. Quei versi ti informano anche in modo molto sottile che dalle altre parti non c’è nulla che ti possa alleviare… È vero!
    Il futuro, i sogni sono passati ma erano nebulosi, camuffati, cercati con la caparbietà e la forza dell’età giovanile. La realtà è stata paziente; è rimasta ad aspettare e ti presenta il conto col passare degli anni.
    È giusto partire, navigare. viaggiare per altri lidi, ma solo per farsi un quadro d’insieme, una presa d’atto, una temporanea fuga dalla quotidianità e da se stessi… E non troverai ciò che cercavi.
    Alla fine ci sarà sempre il ritorno sui propri passi verso casa, quel minuscolo punto sulla collina dove venti di salsedine dall’eterno, spazzano il cortile e la facciata screpolata dell’abitazione.

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