Viaggi

Viaggio in Uzbekistan, il paese dei gelsi (prima parte)

di Patrizia Maccotta

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Ci sono anche quelli che non amano i viaggi (e il modo di raccontarli). Questi scritti non sono per loro.
Per noi che li amiamo è in arrivo una bella antologia. Tutte esperienze di prima mano, originali, vissute dagli autori – no internet, poco Wikipedia– amici e collaboratori di Ponzaracconta.
Mi risulta che i ponzesi, una volta finita la (loro) stagione turistica, sono a loro volta turisti e viaggiatori, pur con le grandi differenze che ci sono tra le due categorie; ma se un turista può diventare, col tempo, un viaggiatore; il contrario non potrà mai accadere.
A tutti quelli che ci vogliono seguire, buon vento!
Sandrorusso

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Il gelso, simbolo di vita, felicità e saggezza, è una pianta molto amata in Uzbekistan, vedremo in seguito il perché. Nel racconto di questo viaggio seguirò l’intreccio dei suoi rami e la foltezza del suo fogliame, procedendo di digressione in digressione.

L’Uzbekistan è stata una meta da sempre sognata: solo il sentire il nome di alcuni luoghi, per prima Samarkanda  – resa celebre in Italia dalla voce di Roberto Vecchioni, ma nessuno conosce questa canzone qui –  la città capitale voluta e abbellita dal Khan Timur Lang, Tamerlano, ‘Ferro Zoppo’ (1336-1405), il condottiero mongolo che creò in Asia Centrale l’impero Timuride, fatto conoscere in letteratura da Christopher Marlowe (1564 – 1593) con la sua opera Tamerlano  il Grande I e II – suscita le nostre aspettative.
Tamerlano fu un governatore crudele, ma come i Medici amava le arti e fece venire dalla Persia i migliori artisti per erigere moschee e scuole coraniche di una bellezza incredibile. In seguito Bukhara, ricostruita anch’essa dal Khan, la città dei tappeti a sfondo colore del melograno (il frutto dell’Asia centrale) anche se la maggior parte di essi sono orditi nel territorio che la circonda e anche in Turkmenistan.

Ecco, bisogna anche situarli questi posti dai nomi evocatori: L’Asia centrale  comprende oltre l’Uzbekistan, la nazione più grande e più importante, il Kazakistan, il Kirghizistan, il Tagikistan, il Turkmenistan. Tutte queste nazioni hanno fatto fino al crollo del 1991 parte dell’impero dell’Unione Sovietica (U R S S ). E, ultima tappa, la città di Khiva, tutta racchiusa nelle sue mura, antica capitale della Corasmia, nella regione del Korezm. Il suo centro storico è stato il primo sito in Uzbekistan iscritto tra i patrimoni dell’umanità, nel 1991. La leggenda vuole che sia Sem, uno dei figli di Noè, ad averla fondata.

Dunque… i rami del gelso. Il gelso è un albero generoso: la sua corteccia regala una carta morbida come seta. Ecco un’altra parola che ci fa sognare: la seta che viaggiava lungo la via della seta (appunto!) che passava per l’Uzbekistan. A Samarkanda, un artigiano,  Zarif Muktarov, ha ridato vita a questa preziosa carta sulla quale furono scritti tanti manoscritti persiani e arabi del IX e X secolo. Il suo laboratorio si trova a cinque chilometri dalla città che sembra un’oasi verde di gelsi e di ruscelli. La pianta fa vivere il baco offrendogli come cibo le sue larghe foglie che in autunno diventano gialle e cadono come la pioggia di monete d’oro che sommerse Danae. I rami, scorticati con cura nel laboratorio – la corteccia viene fatta ammorbidire nell’acqua e pressata diventa carta  – sono in seguito ammucchiati e bruciati nei fuochi dei camini. Seta, carta e fuochi sono, pertanto, i tre doni dell’albero, molto amato dagli Uzbeki.

Due immagini dal laboratorio dei bachi e dei gelsi

Ma, lasciando stare i gelsi, ovvero mettendo un poco di ordine tra le digressioni ed i suoi rami, cominciamo il viaggio.
Il 1° settembre arriviamo a TasHkent, la capitale odierna, una grande città di più di 3.000.000 di abitanti che mantiene intatta la sua impronta sovietica: basta scendere in una delle teatrali stazioni della metropolitana per accorgersene, soprattutto nella stazione degli Astronauti. È anche una città pulita, dai grandi viali alberati, dai parchi e dai giardini rallegrati dai  colori di innumerevoli fiori, con un centro storico ed un grande mercato che con le sue spezie annuncia tutti i profumi dell’Asia.

La piazza Khast Iman ci dà un’idea delle meraviglie che vedremo in seguito: tutte le sfumature dell’azzurro vestono la moschea di Hastimon e la scola coranica del XVI secolo … Ecco il blu sarà il filo conduttore della seconda parte del nostro racconto che non ho potuto, purtroppo, scrivere sulla carta del gelso!

Su piazza Khast Iman

***Foto fatte all’interno della metropolitana. Sotto, l’immagine della prima donna astronauta

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“Antonio, cos’è il racconto di un viaggio? Secondo me è l’esperienza
del non esperto, definizione che ne racchiude la forza e il limite”.
(Tommaso Giartosio: Tutto quello che non abbiamo visto – Un viaggio in Eritrea)

[Patrizia Maccotta. Uzbekistan (1 ) – Continua]

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