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I bambini di Ponza, il dramma della partenza, il ragazzo della via Gluck che si ripete.
Mi ha sempre causato tristezza, molta tristezza, considerare il malessere del vivere in città, per quelli che sono partiti, e la solitudine della vita quotidiana per i rimasti.
A Le Forna, questa piazzetta – qui sono nato e ora lascio il mio cuore –, ogni angolo, ogni pietra, le scale della chiesa, tutto ciò che di familiare mi accoglie e mi protegge. Tutto dovrò lasciare. Una volta presa quella corriera che sta per passare, nulla sarà come prima.
È una fortuna per voi che restate… – recita la canzone -, a piedi nudi a giocare… – per i sentieri, sugli scogli, nella marina, sulle barche…
Perché tutto questo? Pare che la scuola mi stia chiamando…
Ma non ritornerò migliore… Solo più estraneo ai pochi compagni rimasti!
Ognuno di noi ha vissuto questo dramma e il risultato è che siamo rimasti fuori da una parte e dall’altra. Nessun inserimento, nessuna integrazione; solo un latente malessere che ognuno di noi si porta dentro e che ha stroncato per sempre la nostra infanzia, la nostra gioventù.
È servito a qualcuno tutto questo?
Di certo non all’isola. Devastata dalle partenze è rimasta più desolata, più sola…
Potrà mai perdonarci?