Antropologia

Siamo tutti antropologi!

di Guido Del Gizzo

.

Commento all’intervista a Tim Ingold, antropologo
di Guido Del Gizzo

L’intervista a Tim Ingold pubblicata sul sito – leggi qui – è suggestiva, e sarebbe divertente aprire una discussione sui temi che solleva: alcuni illuminanti, come l’interpretazione proposta dell’immaginazione, altri invece, contraddetti platealmente dalla realtà, come la comprensione dell’ambiente da parte di chi ci vive.
Tuttavia, l’aspetto secondo me più controverso riguarda la dialettica progresso/sostenibilità, che affronterei da ultima.

Il senso dell’immaginazione che suggerisce è quello che ha guidato la mia generazione: scimmiottando la Meloni, che si diverte a citare l’Uomo Ragno o Michael Jackson, per apparire diversa da quelli, spesso ridicoli, che citano i classici (di cui avrebbe grande bisogno), c’è l’epitaffio di Sarah Connor, l’eroina di “Terminator”: “There’s no future but what we make”, non c’è altro futuro che ciò che facciamo, molto americano pre anni ’90.
Io preferisco lo slogan storico del ’68, “l’immaginazione al potere”, figlia della rivoluzione permanente pensata centovent’anni prima.
Ma i punti sui quali riflettere sono gli altri due.
La comprensione dell’ambiente da parte di chi ci vive, come assunto, ha come conseguenza la considerazione che, allora, i Ponzesi sono tutti scemi, visto quello che sta accadendo della loro isola: non è così.

Quando abbiamo comprato la nostra azienda agricola, nel 2003, nella civile ed ambientalmente avanzata Toscana, sul margine del Parco Regionale della Maremma, la prima cosa che abbiamo dovuto fare è stato bonificare 400 mq di discarica abusiva di rifiuti, che i precedenti proprietari avevano sotterrato, nei dieci anni precedenti, per nascondere gli affitti in nero durante l’estate: la provincia controllava i cassonetti, non le buche dietro casa.
Non indaghiamo su Ponza.
Potrei citare decine di episodi di crudeltà, nei confronti delle bestie allevate, di quando ero bambino, nell’agro campano, da parte dei contadini… la coscienza del rispetto dell’ambiente, o dell’amore per gli animali, è solo sporadicamente spontanea e occorre esservi sensibilizzati da un contesto civile maturo.
E senza entrare nel merito dell’evidenza che, oramai, una fetta importante dell’umanità contemporanea è nata, e cresciuta, in ambiente urbano: l’ambiente di queste persone è Viale Marconi e i percorsi lungo la riva del Tevere..

Ma l’aspetto secondo me più discutibile è la dicotomia tra sostenibilità o progresso: quando si sostiene che non possiamo averli entrambi, si sposano le tesi più antistoriche dell’ambientalismo contemporaneo, secondo le quali si difende l’ambiente solo se non lo usi.
Tutto sotto vetro, o tutto in malora.
Com’è noto, sono un convinto sostenitore delle politiche di tutela ambientale e penso che, come misura di tutela dell’ambiente isolano, occorrerebbe dare seguito alle valutazioni sui Contributi Ambientalmente Dannosi del Ministero dell’Ambiente: quindi, ad esempio, obbligare la SEP ad un percorso forzato di riconversione alle fonti rinnovabili, nell’arco di cinque anni, o revocare la concessione.
Questo, dal mio punto di vista, sarebbe “progresso”.
Del tutto compatibile con la sostenibilità: meglio, basato sulla sostenibilità.
È che tocca mettersi d’accordo su ciò che intendiamo.

Nel 2009, due premi Nobel per l’economia, Stiglitz e Sen, e l’economista francese Fitoussi, hanno  scritto un rapporto nel quale mettono in dubbio che il Prodotto Interno Lordo (PIL) sia uno strumento attendibile di misurazione del progresso e del benessere.

Se avessero ragione, questo spiegherebbe perché il Governo ci dice che l’economia non è mai andata così bene, ma io non ho mai comprato così poco cibo, con i soldi, sempre gli stessi, che spendo al supermercato.

Einaudi ha pubblicato, nel 2021, un libro a firma Stiglitz, Fitoussi e Durand, intitolato “Misurare ciò che conta”, sottotitolo “Al di là del Pil”.
Suggerisco di dargli un’occhiata, anche per arricchire la discussione su ciò che chiamiamo, appunto, sostenibilità e progresso.

1 Comment

1 Comments

  1. Sandro Russo

    2 Ottobre 2024 at 07:22

    Dell’argomento centrale del commento di Guido Del Gizzo abbiamo scritto altre volte, già nel 2013 – undici anni fa ! Sia io che Enzo Di Fazio, in sequenza.
    Di questi articoli ho riportato i link e delle frasi da essi estratte
    https://www.ponzaracconta.it/2013/03/08/categorie-in-evoluzione-1-allindice-del-pil-preferiamo-il-fil/

    – Questa è la volta che me ne vado in Buthan! – mi ha accolto il mio dentista ad una delle ultime sedute.
    Mi sono messo comodo e ho atteso che continuasse, perché sono abituato alle sue fantasiose elucubrazioni sui temi più vari…
    – Per esempio… Tu lo sai cos’è il FIL?
    – Il FIL… INTERDENTAL? – ho azzardato
    – Naaa..! Adesso ti dico… Hai un po’ di tempo?
    – Tutto il tempo che vuoi… Non è per questo che vengo qui?
    Così ha cominciato a raccontarmi tutto per fil e per segno, lasciandomi – per vari motivi – ‘a bocca aperta’. Poi tornato a casa ho organizzato tutte le sue informazioni in un insieme – spero – organico e interessante.

    E Enzo Di Fazio:
    https://www.ponzaracconta.it/2013/03/21/se-al-fil-felicita-interna-lorda-affianchiamo-il-bes-benessere-equo-e-sostenibile/
    Molto simpaticamente Sandro con il suo articolo “Categorie in evoluzione. All’indice del PIL, preferiamo il FIL” (leggi qui) contrappone all’indice del PIL quello del FIL, intendendo per FIL la felicità interna lorda, obiettivo non legato tanto al benessere materiale quanto piuttosto a quello interiore.
    Ebbene a mettere in discussione le teorie tradizionali di sviluppo economico sono in tanti e sempre più economisti ed addetti ai lavori visto che, da qualche tempo si comincia anche a parlare di BES, acronimo di Benessere Equo e Sostenibile, concetto molto più vicino al FIL che non al PIL.

È necessario effettuare il Login per commentare: Login

Leave a Reply

To Top