Filosofia

Discorso sull’essere (1)

di Màdana Marco Rufo

 .

Per la serie Love letters abbiamo pubblicato recentemente
8. L’amore di Marco (di Marco Màdana Rufo)
9. Le scelte di Marco 
(di Sandro Russo e Roberta Bartoletti)

Presentazione
È Marco Màdana (il suo nome indiano, con cui preferisce essere chiamato), il nostro amico che scrive tanto e ci dà tanti pensieri – concern in inglese: sollecitudine, preoccupato interesse. Qui risponde alle nostre perplessità, ci  rassicura e ci porta su un diverso piano di consapevolezza, come solo chi ha vissuto tanta parte della sua vita in India può fare;  grazie ad un modo di pensare diverso dal nostro oltre che per una profonda conoscenza sia della filosofia occidentale che delle religioni indiane.
Il suo scritto può sembrare difficile, ma parla di cose molto reali, anche se con parole e da un punto di vista per noi inconsueti.
Sarà diviso in due parti e pubblicato in puntate successive, in relazione agli argomenti trattati nella lettera precedente (Le scelte di Marco). L’abbiamo suddiviso in quattro + tre brevi capitoli:
Rinuncia come punizione
– Tensione verso per la spiritualità
– Inconscio
– Nichilismo

– Musica, chiave per l’infinito
– Conclusioni
– Appendice. L’amicizia

Buona lettura
Sandro & Roberta

Sono felice di poter rispondere alle domande sorte nella mente di Sandro e Roberta.

Innanzitutto vorrei che si notasse che il mio esperimento è riuscito, e non avevo dubbi. Infatti l’aver tenuto il racconto sul piano alto delle Idee, senza necessariamente raccontare come la Potenza è divenuta Atto, senza cioè narrare i fatti esteriori con cui si è, solo apparentemente, svolta la storia, ha suscitato una serie di quesiti e riflessioni, che a loro volta rimangono su un piano alto.
Nella risposta alla mia lettera, già Roberta e Sandro hanno, più o meno coscientemente, aperto altre finestre su concetti importanti, alcuni archetipi, altri chiave per giungervi.
Per ognuna di queste finestre, darò una mia opinione molto sintetica, perché ognuno di questi argomenti, essendo veramente finestre sui principi dai quali procedono, sono suscettibili di espansione, quasi indefinita.

Rinuncia come punizione
La punizione (auto-punizione) è una possibile motivazione che spinge alla rinuncia al mondo; solo per alcuni però. In particolare per chi possiede una dimensione psicologica o emotiva fragile, una sensibilità che si è allargata troppo senza il supporto di una condizione coscienziale elevata. Altre possono essere le cause di una simile tendenza alla fuga che abbiamo detto procedere da un certo senso di colpa. Non approfondiremo, perché siamo lontani in questo caso particolare: il “mio”.
Se di rinuncia vogliamo parlare, si può rinunciare al basso per l’alto, al vile per il nobile, all’ignoranza per la conoscenza, e via dicendo. Quello a cui un uomo tiene così tanto, per un altro può essere di nessun interesse. Rinunciare a qualcosa per cui non si ha più, o non si è ha mai avuto, un reale interesse, può essere ancora chiamata rinuncia? Le ambizioni degli uomini possono essere davvero molto diverse, perfino inconciliabili.
Non per ultima è da considerare la sostanziale differenza del concetto di rinuncia tra la visione orientale e quella occidentale. Infatti in Oriente la rinuncia è una componente non sempre definitiva e totale, ma è una forza che noi opponiamo a tutto quello che vuole imporre un giogo su di noi; è dunque una strategia di liberazione scientifica. In Occidente invece, avendo delimitato ogni percorso spirituale alla sola sfera etica e morale, automaticamente le motivazioni che portano alla rinuncia divengono riflessi di queste sfere, alle quali è sempre imponibile una scelta etico o morale opposta. Siamo dunque nella doxa, nell’opinione, non in un piano assoluto e naturale.

Tensione verso per la spiritualità
Oggi si è abituati a pensare alla spiritualità, o alla religione, come a una dimensione separata dalle altre, che quindi coesiste con tutte le altre dello spirito umano, organizzate in base al particolare ordine gerarchico che ognuno compie nella propria coscienza. Non argomento su questo. È un fatto, che sia giusto o sbagliato.
Io però non ho mai, da quando ricordo di essere vivo, separato la ricerca spirituale, il cammino, dalle altre mie attività. Anzi, ogni altra attività, fisica, mentale o sociale, l’ho sempre subordinata al mio cammino spirituale, che identifico in senso assoluto con la mia stessa vita.

Inconscio
Dunque le mie scelte sono sempre dettate da una coscienza risvegliata, presente, attiva, legata al Principio Assoluto metafisico dalla quale proviene.
Questo non vuol dire che io non  riconosca il ruolo che il subconscio può svolgere nella formazione delle tendenze, delle reazioni, etc.
Le scuole filosofiche e spirituali nelle quali ho compiuto la mia lunga formazione, mi hanno però insegnato a sottrarmi dal dominio dell’inconscio, divenendo sempre più consapevole e ‘risvegliato’.  È dunque questa, una sostanziale differenza tra le filosofie orientali e il cattolicesimo.
La morale e l’etica cattolica infatti tendono a celare le oscurità in luoghi ancora più inaccessibili di quello che Freud chiamava “inconscio”, sede degli automatismi mentali che rendono l’uomo schiavo delle sue reazioni. Eccolo il male, eccolo il peccato. Infatti le abitudini mentali dell’uomo lo governano come dall’esterno, attraverso una forza inspiegabile che loro chiamano Satana. È a questo piccolo e povero diavolo, che risiede dentro di noi, che l’uomo orientale rinuncia, sottraendo all’inconscio il dominio delle proprie reazioni.

Nichilismo
È strano che questo argomento sia uscito fuori proprio su uno scritto che, molto chiaramente, si distacca da ogni nichilismo, da ogni negazione.
Infatti abbiamo già chiarito che in una visione orientale, la rinuncia è un’acquisizione non una perdita. Roberta ha intuito che quello che per tutti è il “vuoto”, per altri è il “pieno”. Infatti per il Filosofo il vuoto non è da disprezzare, ma essendo esperienza transitoria, egli vi rinuncia per ricercare l’eterno e l’immutabile: il “pieno”, cioè.

[Discorso sull’essere (1) – Continua]

 

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