Racconti

Caro Bixio… su meridionalismo e gattopardi

di Tano Pirrone

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Doveva essere un commento, ma trattandosi di Tano, succede che debordi e cambi di categoria in corso d’opera.
Mi fa piacere aver fatto da tramite. Non so se è specificato nel testo, ma Tano è siculo doc, già cittadino del mondo, da decenni trapiantato a Roma. Buona lettura.
Sandrorusso

Caro Bixio,
sono Tano Pirrone, autore di un recente commento a un bell’articolo di Sandro Russo (leggi qui) e prolifico contributore di articoli, critiche, commenti, poesie eccetera.
Ho appena letto il tuo articolo Nel mio piccolo… nel mio grande…: mi è molto piaciuto, l’ho sentito vicino al mio mondo e allora ho voluto leggere altre tue cose; ho cercato Bixio, ma non l’ho trovato, allora ho chiamato Sandro, che mi ha spiegato che dovevo cercare Feola Antonino, mi ha detto un po’ di cose (neutre) su di te, per indirizzarmi.

Sono andato, ho cercato e mi sono imbattuto nell’articolo “Echi del Gattopardo”. Non mi sono trovato d’accordo, però, col contenuto e le tue prese di posizione decisamente filo-borboniche. Ognuno ha le sue idee e la mia esperienza mi dice che la cosa meno indicata da fare è cercare di convincere l’interlocutore. Perché, poi? A qual fine?
Ma almeno l’esposizione delle mie ragioni è dovuta, per rispetto ed interesse.

Cominciamo dalle fonti: il romanzo di Tomasi di Lampedusa e il film di Visconti. Un mio amico ed io teniamo dei piacevoli periodici convivi ospiti della fattiva Biblioteca Europea in via Savoia (sic!) a Roma. Sono incontri in cui scegliamo un romanzo (di successo) da cui è stato tratto un film (di successo) e ne parliamo, stando bene attenti che nelle amiche e negli amici che ci ascoltano sia ben presente che l’ultima cosa che va fatta è mettere a paragone le due opere. Abbiamo, così, portato in scena (La) Morte a Venezia di Mann/Visconti; Il conformista (Moravia/Bertolucci); Colazione da Tiffany (Capote/Edwards) ed altro. Abbiamo un’ottima lista di capolavori per la prossima stagione. Ci divertiamo molto e molto si divertono gli ospiti.

Non c’era venuto in mente di scegliere Il Gattopardo di Tomasi/Visconti, ma ora lo sottoporrò al mio socioprof (categoria delicatissima, ma inebriante) e naturalmente rinnoverò l’incontro che feci con gli amici Paolo e Fulvio, l’uno ossessivamente napoletanoso e, naturalmente neo-borbonico, l’altro aostano, rigidamente savoiardo: li invitai a casa, un pomeriggio d’inverno e ne parlammo con toni pacati, da grandi amici; facemmo anche merenda con i dolci che avevo comprato (di ottima ricercata fattura): babà borbonici versus gianduiotti savoiardi. Brindammo con un Moscato di Pantelleria, un Tanit che mise tutti d’accordo su un fatto: che l’Italia raffazzonata e ondivaga è sempre uno dei più bei posti del mondo, anche grazie alla ricchezza di tante forze dialetticamente contrapposte. Potremmo andare meglio, molto molto meglio, ma l’ultima generazione borghese è mancata all’appello, ha dimenticato il suo ruolo, ha scordato il sacrificio dei nostri padri costituenti, la magnifica poesia della nostra Costituzione. Qui mi fermo, altrimenti, poi, è difficile proseguire.

Sul romanzo e sul film ci sarebbe molto da dire; sono stati scritti libri e dette troppe cose, semplificando l’essenza di due opere d’ingegno elevatissime e di grandissimo successo, a partire da quella insulsa gabbia del “romanzo di destra e film di sinistra”, banalizzazione di una complessità storica, culturale, estetica che ha rappresentato il vero grande successo del binomio.
Ho trovato le cose da te scritte banali e costrette in un budello, a dar ragione alla tua sovrastante convinzione, descritta con acredine e rivendicazione.
La verità è che il libro, che a me è piaciuto da subito moltissimo e che rileggo di tanto in tanto confermandone la quieta vena malinconica nel ripercorrere il lento declinare della sua classe di appartenenza, della sua plurisecolare famiglia. Un’appartenenza nobiliare ben diversa da quella di Visconti, come diverse sono i sensi che legano ognuno di loro al mondo che era stato, Visconti lo descriverà innumerevoli volte con perfezione e pignoleria, Tomasi ne percorrerà il fluire lento nel tempo a ritroso, dall’apice alla tristissima fine del povero Bendicò (leggi qui), chiave di lettura del romanzo e metafora polverosa della ruina di un mondo, che dalle camicie rosse di Garibaldi ci avrebbe portato fino alle camicie nere di Mussolini. In polvere si dissolve il fedele animale, lontano dalle terre che avevano visto per secoli grande la casata, quando ormai il principato è terminato e tutti sono scivolati in una squallida anonima storia borghese fatta di interessi e carrierismo.

A mio avviso (vado contro corrente anche rispetto al Maestro Moravia) il libro ha un suo spessore ed una forza rappresentativa; con la stessa caparbia convinzione reputo il film non uno dei migliori di Visconti, certo il più pop (ne ha tutti gli elementi), perfettamente recitato e opportunamente senza le parti che avrebbero potuto creare attrito con il resto dell’opera.

Rimane l’aberrante opposizione della sinistra al libro; un’ottusa chiusura alla libertà descrittiva, come se solo scrivendo di borghesia decadente e di speranze rivoluzionarie si potesse fare arte. La Storia ha dimostrato che era ed è esattamente il contrario. Alcuni testi hanno ricostruito pazientemente e fedelmente l’impresa per pubblicare il libro e poi fare il film. Dibattiti, scontri, liti, “premi letterari combattuti fino all’ultimo voto”. Se si ha tempo e voglia, leggerli è uno spasso e un insegnamento.

Ho scritto più del lecito, ma non ho affrontato l’argomento principe, sarò pertanto breve: che i Borboni fossero meglio dei Savoia è argomento ritrito, senza basi documentali serie, che si trascina penosamente attaccato al trenino Napoli – Portici (dimenticando che fu un’azione promozionale dei Francesi cui interessava costruire l’intera rete, ma i Borboni, per fortuna, tolsero l’incomodo prima).
Il regno dei Borboni era un’eroicomica operetta che fu spazzata via dal Risorgimento, una delle poche cose serie di cui siamo stati capaci. La stessa posizione “qualunquista” (quanto gli piace questa parola!) ma comunque sempre elegante e signorile di Tomasi trova ampia giustificazione storica nel fallimento dello stesso Risorgimento che sfocia nel fascismo e nella ruina del Regno d’Italia.
Le conseguenze ancora le paghiamo: fortunatamente c’è un Salvini che vede lontano e che ci fornirà finalmente di un grande ponte per fare avantindré dalla Sicilia. Tutto finisce: comincia in tragedia e si conclude in farsa.

 

3 Comments

3 Comments

  1. Sandro Russo

    28 Agosto 2024 at 08:47

    Conosco Tano per lunga (e combattuta) frequentazione. So delle sue aspre posizioni contro “la lagna” dei meridionali, l’inerzia, la loro tendenza a lamentarsi a vuoto, a buttare sugli altri responsabilità e iniziative che non vogliono assumersi in proprio, senza mai muovere un dito per cambiare le cose che vanno storte.

    Mi scrive Bixio, in un suo messaggio privato:
    “Sì vabbè, vabbè… scriviamo, scriviamo… Tu sai che il sottoscritto è contrario allo scrivere fine a se stesso. Il sig. Tano è bravo a scrivere, forse una scrittura un po’ “ornamentale”, per i miei gusti.
    Il sottoscritto è corto! Breve, telegrafico come il lampo di una sensazione!
    Fatto sta che l’ isola vive ancora col porto borbonico, dopo di che arrivarono il confino, le carceri, il fascismo e la miniera orgoglio del duce (vedi film Luce) e stiamo ancora aspettando il risarcimento danni.
    Se le cose le hai vissute e sofferte in prima persona, non c’è nessun maestro.


    Riprendo io:
    Ce lo vedo un parallelo con Ponza, come no?
    La conosciamo tutti la storia: Ponza è stata compattamente fascista (mussoliniana) a suo tempo; poi democristiana, poi si è messa sotto la bandiera del neo-liberismo, ‘affarismo’ berlusconiano.
    Dopo mezzo secolo, da quando è stato possibile, Le Forna non ha ancora un porto. E nel momento in cui si richiede ai ponzesi, ai fornesi una botta di coraggio, non riconoscono una proposta nuova e si schierano con il vecchio malaffare (e mala-gestione) che almeno conoscono bene.
    Su questo possiamo aprire un bel confronto!
    E non sono chiacchiere a vuoto! È del futuro dell’isola che si parla!

  2. Guido Del Gizzo

    30 Agosto 2024 at 08:12

    Mia madre, anni 93, ha mutuato da bambina un’espressione dai nonni materni, romani e monarchici: quando c’è confusione, esclama contrariata: “Ecco! E’ la repubblica!”
    La cosa divertente è che il suo compleanno è il 9 febbraio, anniversario della nascita della Repubblica Romana.

    Antonino Feola invece, meridionalista convinto, ha come pseudonimo “Bixio”, il nome del garibaldino responsabile del “massacro di Bronte” e di varie azioni di polizia militare, che non lo resero particolarmente popolare durante la spedizione dei Mille.
    Nino Bixio era un mattacchione ma, sostanzialmente, un uomo d’ordine.
    Non capisco bene la posizione di Bixio/Feola, invece.

    Sulla valutazione dei Borbone, rispetto alla dinastia Sabauda – per la quale non ho la minima simpatia – si può discutere: sul fatto che il Regno delle Due Sicilie fosse più avanzato di quello Sabaudo, invece, proprio no.
    E’ nel centro e nel nord della penisola che, a poco a poco, si consolida quella classe borghese che, come nel resto dell’Occidente, determinerà lo sviluppo politico e sociale dell’800 e del ‘900.
    Lo stato borbonico, quasi “tappato” da quello pontificio, si modernizza, significativamente, solo durante il “periodo francese” di Murat.

    Quanto a Ponza… ho l’impressione che oggi rappresenti più lo stato dell’intero paese, non solo del nostro meridione: anche se ne fa certamente parte.
    Si ostina ad eleggere amministratori incapaci, ma poi si preoccupa più di conviverci, che di criticarli: anzi, la critica viene vissuta con fastidio, perché è anche un’accusa implicita a chi tace.
    Continua a sprecare occasioni e a consumare il proprio territorio: i singoli episodi di inquinamento, dissesto idrogeologico o mancato controllo ambientale, non vengono mai ricomposti in un quadro d’insieme e in progetti di intervento.
    Si parla di ambiente solo se c’è da giustificare una nuova gabella.
    Ponza è uno di quei posti, molto comuni nel meridione d’Italia, dove lo Stato ha per lungo tempo deciso di “voltarsi dall’altra parte”: ma questo, però, mi pare che stia cambiando ed è una buona notizia.
    Tuttavia, quando la magistratura e gli inquirenti interverranno per mettere ordine in ciò che non va, avremo poco da esserne fieri: avremmo dovuto farlo noi, prima dei Carabinieri del Nipaf o della Procura di Cassino.

    Suggestiva, invece, l’ipotesi della “spedizione dei Mille al contrario”: in qualche modo, si sta realizzando, il paese si sta “meridionalizzando”.
    Da anni prendo in giro i miei amici orbetellani, sostenendo che, ormai, da Partinico e da Corleone organizzano degli autobus settimanali, per seguire da loro corsi di aggiornamento in sottogoverno.
    Il ridente paesino di Brescello, quello della saga di Guareschi, Peppone e don Camillo, è stato commissariato per infiltrazioni mafiose nel 2016, mentre era insediata una giunta a guida Partito Democratico.
    I Piemontesi non hanno diffuso la civiltà sabauda nel meridione, in compenso i meridionali sono riusciti a diffondere quella mafiosa nel resto del Paese.
    Latitante, in tutta questa faccenda, lo Stato.
    Poteva andare meglio!

  3. Bixio

    30 Agosto 2024 at 17:00

    Credo di essere frainteso. Io non sono né monarchico né tantomeno filo-borbonico, considero solo gli eventi storici, anche la storia nascosta. Non dimentichiamo che il nuovo regno d’Italia, nonostante le invocazioni d’intervento, lasciò la piccola comunità ponzese de La Galite in mano ai franco/tunisini ritenendo l’isola un covo di rifugiati e rivoltosi, avendo essi aiutato (?) la guarnigione borbonica di stanza a Ponza.
    C’è da farci un soggetto cinematografico iniziando da quando alcune scialuppe di soldati sbarcarono di notte sulla Galite minacciando la piccola comunità – poiché quell’isola era diventata francese – imponendo di ammainare il tricolore e andare via!
    Così è iniziato il rapporto col regno d’Italia e successive democrazie: sempre volto a sudditanza!
    Non sono così antico, ma alcuni stralci di storia è come averli vissuti sulla propria pelle!

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