di Davide Zeccolella
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Gentile redazione,
quest’anno c’è un anniversario per l’isola di Vivara. Dopo la “Storia dei guarracini” (leggi qui) di qualche anno fa, pubblicata da voi, ecco un altro spunto di lettura che spero possa essere di vostro interesse. per la pubblicazione.
Un saluto
Davide
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Vivara, il cinquantenario
L’anno in corso segna il cinquantenario dei vincoli di protezione naturalistica per l’isola di Vivara. Una serie di eventi e vicissitudini della Storia hanno portato, in questo spicchio del golfo di Napoli, al paradosso di un’isola disabitata (e oggi riserva naturale statale) accanto a un’isola tra le più densamente abitate del Mediterraneo (Procida). Un miracolo!
Correva l’anno 1972.
Dopo un trentennio di tentativi fallimentari di far funzionare Vivara come azienda agricola, battette alle porte dell’allora proprietario, il Club Méditerranée con la proposta di trasformare l’isola in villaggio turistico e ricavare qualche centinaio di villini.
La trattativa si stava avviando a conclusione quando ne ebbero notizia il dott. Lello Capaldo e il giudice Gianni Lubrano di Ricco del WWF i quali, a dir poco preoccupati, si rivolsero all’Assessorato regionale per l’agricoltura e foreste allo scopo di impedire che i notevoli valori naturalistici di Vivara fossero violati. Con un primo interessante risultato: la Regione Campania prese in fitto per nove anni dal legittimo proprietario (l’Ospedale Civico Albano Francescano) l’isola di Vivara allo scopo di farne “un centro per la propaganda forestale e di ricerca naturalistica” e di istituire un’Oasi di protezione faunistica. Tutto questo richiedeva che almeno il complesso di edifici esistenti sull’isola fosse reso funzionale e che si emanasse una prima normativa al riguardo.
Con l’anno 1974, dunque 50 anni fa (!), sul piano normativo il 10 maggio fu emanato il Decreto regionale n. 609 che dichiarava Vivara “Oasi per la protezione e il rifugio della fauna stanziale e migratoria”, e sul piano materiale iniziarono i lavori per gli indispensabili restauri.
Vivara era salva, in un tempo ormai lontanissimo, divenuta una delle prime aree naturali protette della Regione.
Nel corso di quel fatidico anno il destino di Vivara s’intrecciò con una figura dall’animo nobile e che in un certo modo ne diventerà il “custode” e il nume tutelare: il prof. Giorgio Punzo. Napoletano, insegnante di Scienze, fondatore della LIPU nel 1965 e dell’Unione Trifoglio nel 1970, il Punzo è stato certamente la figura più generosa e carismatica nel segnare il destino di Vivara.
Arrivato sull’isola nel marzo del 1974 con un gruppetto di suoi allievi per una visita naturalistica, fu un autentico colpo di fulmine.
Costantino D’Antonio era tra i ragazzi del Trifoglio e oggi racconta:
“Quel 3 marzo 1974 il cielo era azzurro. Ogni domenica il prof. Punzo organizzava un’escursione in una località naturalistica peculiare della Campania, e quella domenica fu la volta di Vivara. Avevo 14 anni e rimasi folgorato! Vivara si innalzava dal mare così come un cetaceo fuoriesce maestosamente dall’acqua per respirare. Iniziai a correre lungo le scale avvolte dall’erica, dal mirto, dalla fillirea, dal lentisco e dal corbezzolo… arrivato in cima si presentò davanti a me un lungo viale e sullo sfondo, spostato un po’ sulla destra, la vetta del monte Epomeo di Ischia. Il terreno attraversato dal sentiero era organizzato in terrazze e in ognuna c’erano piante di olivo. Tra quegli olivi conobbi anche Ciccillo, era la prima volta che vedevo un asino così da vicino ed era lì da almeno vent’anni. Da quel giorno e per 50 anni ho sempre frequentato Vivara, divenuta anche oggetto della mia tesi di laurea in Scienze naturali nel 1981 proprio con un primo lavoro di censimento della entomo-fauna.”
Il prof. Punzo insieme ai suoi “ragazzi” avviò sull’isola le ricerche sulla migrazione degli uccelli e dal 1977 al 1993 si trasferì su Vivara per organizzare e portare avanti gratuitamente tutte le attività che oggi sono normali nella gran parte delle aree protette: la sorveglianza, la ricerca scientifica, la manutenzione dei sentieri, l’educazione ambientale, le visite guidate, riuscì perfino a creare un museo naturalistico e una biblioteca nelle sale dell’antica casa padronale.
Una visione organica, uno sguardo al luminoso, al donarsi, mai più ripetuti…soprattutto se si guarda al presente.
Cinquant’anni di tutela, dunque, sostenuta dall’impegno dei singoli o dalle associazioni di volontari sotto il comune denominatore dell’amore per la Natura di cui Vivara è “parte del Tutto”. E che parte!
Lo stato di conservazione della biodiversità in un’isola non più coltivata da decenni, l’attenzione alla tutela degli ecosistemi, la promozione delle visite guidate volte all’educazione ambientale avvicinano oggi Vivara ad altre aree naturali protette. Vedendola dal mare somiglia ad altre isole – parco presenti nel Mediterraneo dove si tenta di ricordare che la natura selvaggia non vuole invasioni. C’è però una particolarità, un messaggio filosofico che si eleva anche al di sopra della tutela biologica e resta legato a questo luogo pieno di luce. Il pensiero lasciato dal prof. Punzo: l’albero è prezioso non perché regala ossigeno o legna all’uomo ma per il fatto di essere semplicemente “bello”! Un modo “religioso” di rivolgersi ai beni naturalistici, il guardare al pregio senza scopo, il distinguere ciò che è utile da ciò che è ornamentale.
In quest’ideale lasciato come eredità Vivara non può che rappresentare un bene ornamentale, un manifesto che attraverso la sua bellezza contrasta quella malsana idea del proteggere la Natura per meglio sfruttarla.
Ama le cose per il loro valore in sé e non per i vantaggi o benefici che possono portare…
Immagine di copertina. Le estremità di Procida e Vivara unite dal ponte (foto inviata dall’Autore):
Appendice (a cura della Redazione, da Wikipedia)
L’isola costituisce il margine occidentale di un cratere vulcanico originatosi circa 55000 anni fa, oggi sommerso, delimitato sul lato orientale dal promontorio di Santa Margherita nell’isola di Procida. Sicuramente ancora in epoca romana Vivara era collegata all’isola di Procida da una stretta falesia, oggi scomparsa, sul lato settentrionale del cratere.
Lo specchio d’acqua circolare corrispondente al cratere, compreso tra Vivara e Procida è denominato golfo di Genito.
Vivara ha una superficie di 0,4 km² (come riferimento, Procida è di 4,26 km² con 10.037 abitanti (dati aggiornati al 31-5 2024) e Ponza di 10,16 km² con 3.306 abitanti (al 31 -10.2023). Ischia è fuori scala, al confronto, con 46,3 km² e 62 327 abitanti (dati all’ottobre 20229
Vista dell’isola di Vivara da Punta Solchiaro (2006) (Procida). Sullo sfondo si può vedere Ischia col monte Epomeo
Arrivo a Vivara – Punta Capitiello, vista dalla collina di Santa Margherita (Procida) (foto da Wikipedia; 2006). Lo stretto ponte di collegamento con Procida fu costruito nel 1957, per il passaggio dell’acquedotto che raggiunge Ischia,
I gradoni di accesso all’isola di Vivara dal ponte che la collega a Procida (foto da Wikipedia; 2006)
Biagio Vitiello
27 Agosto 2024 at 10:55
Anche Palmarola (come Vivara) intorno agli anni ’70 ,con decreto della Regione Lazio, venne dichiarata “Oasi Naturale per… la fauna migratoria”.
Purtroppo non si sono mai visti i risultati positivi, così come a Zannone (Parco Nazionale del Circeo),che è in stato di abbandono.