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Stamane – lo faccio ogni mattina – mi sciacquo il viso e mi asciugo. Di fronte c’è lo specchio. Non sta lì per me… è consuetudine che nel bagno, sopra il lavabo, una lastra di vetro amplifichi il volume del locale, ne aumenti la profondità, perché riflette le immagini.
Stamane, come ogni mattina, ad essere riflesso era pure il mio viso.
No.
Certo… era proprio il mio viso.
Con quel piglio lì? Non l’ho mai visto. E le ciglia aggrottate?
No.
E il mento… e la bocca… tutta un’altra fisionomia.
Un attimo… un attimo solo… mi quieto, per riprendermi dallo stupore. Che dico… Quasi paura !
Distolgo lo guardo, lo abbasso per annullare ogni emozione.
Ciò che vedo non è quello che mi aspettavo di vedere.
Mi rilasso, l’asciugamano sul viso cancella tutto. Una pausa…. e passerà.
No… purtroppo non è così. Nello specchio un’immagine c’è… e guarda me… che guardo lei.
Cosa è che vedo ?
Vedo qualcuno… accigliato… maldisposto.
– È muorto Ceccillo…
– Chi?
– Ceccillo ’u bumbularo…
– E chillo ’nn’era ’i Ponza…
– Ch’ c’entra…? Pure si ’nnun era ’i Ponza… è sempe ’n’ anema ’i Ddio…
– Ma… chella è ’na razza ch’ ’nn’ha fatto maie bbene a nesciuno…
– E mo ch’ c’entra ’a famiglia… Stammmo parlammo ’i Ceccillo…
– Tu, è inutile ca vuo’ appara’… Ceccillo era comme tutte i frate: pensava sulo a sé .
Quanto rancore in quel volto incupito. E poi… perché? Un rancore generato da una morte… nemmeno importante per me… Eppure… nell’animo qualcosa s’è messo in moto… qualcosa di profondo… come un bubbone rappreso… ma pur sempre presente.
Il dialogo lo ha acclarato. Silenzioso e immediato… succinto e rivelatore.
Nell’animo dell’uomo nello specchio cova il risentimento.
Cova, perché per uscire all’aperto deve trovare una feritoia, se no rimane lì, latente, celato da una consuetudine bonaria che lo copre ma non l’annulla.
Come una favilla sotto la cenere.
Perché? Mi domando… Perché non c’è nulla che lo cancelli.
La bonomia lo sopisce, la vecchiaia lo mitiga, l’esperienza lo smussa ma… l’acrimonia rimane. Come se fosse connaturato al fattore che lo supporta.
Qual è?
È il sentimento. Tanto forte e tanto indomabile. Perché irrazionale.
Si va a scuola per imparare a leggere, a scrivere, a far di conto e… il sentimento ? Come si può educare il sentimento ?
Non ci sono manuali. Il sentimento può essere influenzato dalla socialità. Lo stare insieme agli altri, condividere gli intenti, ma anche le procedure, ossia gli impegni e le fatiche e i risultati.
C’è un altro fattore, ammanigliato alla socialità, che può servire all’uopo.
E’ la letteratura.
Anche le opere letterarie producono socialità. Di natura più effimera, più labile, ma ugualmente efficace.
La letteratura come educazione al sentimento! Non l’ho inventato io. Eppoi… basta interrogare il proprio intimo.
L’immagine allo specchio si è, in parte, ingentilita.
Provo a ri-trovarmi.
[Specchi-occhio. (1) – Continua]