di Rita Bosso
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La ricerca che Antonio Usai sta conducendo è, a mio avviso, notevole per tanti aspetti.
C’è rigore nella ricostruzione di un periodo abbastanza recente ma che non è stato sinora – per quel che so – oggetto di approfondito studio.
C’è originalità nella scelta di guardare la Storia attraverso la lente della vita familiare.
La lettura degli scritti di Antonio ha portato a galla immagini che, nella mia memoria, si sono impresse grazie ai racconti dei protagonisti e di persone a loro vicine; li riporto così come li ho appresi, con le involontarie, probabili inesattezze del “relata refero”. Tralascio i nomi, inessenziali.
Nella prima immagine c’è un ragazzo emaciato che, nel periodo in cui la disponibilità di viveri è pressoché nulla, ogni giorno da Santa Maria raggiunge il Porto per divorare un piatto di patate lesse.
Il ragazzo non cammina, ma striscia lungo i muri, fa lunghe soste, cerca di recuperare le forze per raggiungere l’agognato piatto di patate che la benefattrice gli fa trovare sulle scale di casa, non sbucciate. Lui le divora senza sbucciarle, seduto sui gradini della scala deserta.
Colpiscono, in questa immagine, la solidarietà tra bisognosi (la donna non è ricca, a sua volta deve centellinare le provviste sempre più esigue) e la discrezione (la donna e il ragazzo non si incontrano, il piatto è lasciato volutamente in un posto appartato). Mi sono sempre chiesta per quale motivo la donna non sbucciasse le patate.
Al centro della seconda immagine stanno tre amici, preoccupati perché le provviste, nelle rispettive case, sono quasi esaurite; uno di loro, che vanta un aggancio in alto loco, ha saputo che durante la notte approderà una barca con un carico di farina bianca. I tre, con fare cospirativo, organizzano la spedizione: si tratta di mercato nero, la riservatezza è d’obbligo. Assolutamente insospettabile ed inviolabile il luogo scelto per depositare il sacco di farina: in chiesa, dietro l’altare.
Va tutto bene: acquisto, trasporto, inquattamento.
La tensione svanisce, i tre eroi, pregustando l’imminente sfornata di pane bianco, raggiungono la casa di uno di loro. Li attendono i carabinieri, che evidentemente hanno ricevuto una soffiata.
I tre negano ogni accusa: quali sono le prove a loro carico? Rispondono con estrema tranquillità alle domande dei carabinieri, forti del fatto che il corpo del reato è al sicuro.
Peccato che uno di loro, il trasportatore, abbia capelli ed orecchie completamente imbiancati dalla farina.
Chiarito che non sono gli organizzatori del commercio ma solo gli ‘utilizzatori finali’, non resta che dirigersi in chiesa e consegnare il sacco di farina.
Rita Bosso