di Fabio Lambertucci
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Quanto dista Gaza da Ponza? In linea d’aria 2182 km., ma è abbastanza per dire che non ci riguarda? Che possiamo anche non saperne niente?
Queste domande deve essersi poste Fabio Lambertucci e, anche in relazione con il suo precipuo interesse per la storia, deve aver risposto no a entrambe.
Per questo – immaginiamo – ha colto al balzo un accenno di Guido Del Gizzo che ci ha ricordato il 79° Anniversario della bomba su Hiroshima che citava appunto i morti di Gaza, e ci ha inviato questa nota.
La Redazione
Invio la sinossi di questo libro di Enzo Traverso: “Gaza davanti alla storia” che per me è stato illuminante, per contribuire al dibattito su Gaza, cui ha accennato Guido Del Gizzo per la ricorrenza dell’Anniversario della bomba all’uranio di Hiroshima.
Il libro di Enzo Traverso (Laterza Ed.); 2024, 104 pp.. 12 € – ISBN: 9788858155837
La distruzione di Gaza è una conseguenza dell’attacco del 7 ottobre o l’epilogo di un lungo processo di oppressione e sradicamento? I palestinesi hanno il diritto a resistere all’occupazione? Parlare di genocidio è antisemitismo? Enzo Traverso, uno dei più autorevoli storici del nostro tempo, va alla radice del conflitto israelo-palestinese chiamando in causa la storia e offre una interpretazione critica che rovescia la prospettiva unilaterale dalla quale ci siamo abituati a osservare ciò che sta accadendo a Gaza.
Israele viene solitamente descritto come un’isola democratica in mezzo a un oceano oscurantista e Hamas come un esercito di belve assetate di sangue. La storia sembra tornare al XIX secolo, quando l’Occidente perpetrava genocidi coloniali in nome della sua missione civilizzatrice. I suoi presupposti essenziali rimangono gli stessi: civiltà contro barbarie, progresso contro intolleranza. Accanto alle dichiarazioni di rito sul diritto di Israele a difendersi, nessuno menziona mai il diritto dei palestinesi a resistere a un’aggressione che dura da decenni. Ma se in nome della lotta all’antisemitismo viene scatenata una guerra genocida, sono i nostri stessi orientamenti morali e politici a offuscarsi. A uscirne minati sono i presupposti della nostra coscienza morale: la distinzione tra bene e male, oppressore e oppresso, carnefici e vittime.
L’attacco del 7 ottobre è stato atroce, ma deve essere analizzato e non solo condannato. E dobbiamo farlo chiamando a raccolta tutti gli strumenti critici della ricerca storica. Se la guerra a Gaza dovesse concludersi con una seconda Nakba (*), la legittimità di Israele sarebbe definitivamente compromessa. In tal caso, né le armi americane, né i media occidentali, né la memoria distorta e oltraggiata della Shoah potranno riscattarla.
Rifugiati palestinesi durante l’esodo del 1948 (da Wikipedia).
(*) – L’esodo palestinese del 1948, conosciuto soprattutto nel mondo arabo, e fra i palestinesi in particolare, come nakba (in arabo al-Nakba, letteralmente “disastro”, “catastrofe”, o “cataclisma”), è l’esodo forzato della popolazione araba palestinese durante la guerra civile del 1947-48, al termine del mandato britannico, e durante la guerra arabo-israeliana del 1948, dopo la fondazione dello Stato di Israele.
Nakba è il nome assegnato a questo evento dalla storiografia, non solo araba.