Non ho capito la ragione della pubblicazione dell’immagine di copertina del Rapporto annuale sulle Isole Minori, di Legambiente, nell’ultima epicrisi (leggi qui), ma è stata una buona suggestione: ha innescato la pubblicazione da parte della redazione del relativo Report 2024 (la sintesi e la relazione completa di 102 pagine) e qualche mia considerazione estemporanea.
“L’osservatorio Isole Sostenibili ha l’obiettivo di contribuire a raccontare quanto sta avvenendo nelle isole minori italiane nei settori dell’energia, dell’acqua, dei rifiuti, della mobilità, e a stimolare con report, workshop, news e scambi di esperienze un’accelerazione nella spinta ad una transizione sostenibile di territori così delicati e affascinanti”.
L’Osservatorio è un’iniziativa congiunta Legambiente – CNR –IIA (Istituto per I’Inquinamento Ambientale), che da alcuni anni ha per oggetto l’evoluzione delle isole minori italiane.
Naturalmente, Ponza ne fa parte e viene regolarmente citata nel rapporto annuale. Il problema è che, negli ultimi due anni, le informazioni che la riguardano sono solo generiche. La ragione è semplice e viene citata nel rapporto: l’amministrazione ponzese non risponde ai questionari.
Estrapolato da pag. 87 del Full Report Legambiente 2024
Il rapporto è basato sul controllo di pochi parametri significativi. Energia, consumo di suolo, gestione della risorsa idrica, fonti energetiche, gestione dei rifiuti ed economia circolare, ma per Ponza la risposta è semplice: tutto come nel 1924, con un effetto di accumulo sul fronte dell’inquinamento ambientale.
Tranne che per l’economia circolare: la produzione locale adesso è irrilevante e tutto viene importato, per poi essere venduto ai turisti.
Il recente abbandono dei lavori per la realizzazione del dissalatore a Cala dell’Acqua non è una buona notizia: dimostra solo che ci sono voluti più di dieci anni, prima di accorgersi di aver fatto una fesseria.
Invece, la convocazione dei pontilisti ponzesi per le ore 16 dello scorso 29 luglio – il momento più tranquillo e spensierato dell’anno! – per la presentazione di due originali gabelle, sembra essere, più che altro, una chiamata preventiva di corresponsabilità per un fallimento annunciato.
Il Progetto “barca a barca” viene dall’amministrazione Ferraiuolo, ma gli attuali amministratori stanno cercando di attuarlo in modo incoerente, né hanno i mezzi per realizzarlo seriamente: e, di sicuro, non ci si sveglia il 29 luglio, anche per una sperimentazione.
Il pregio del progetto, per l’attuale Amministrazione, è una tabella nella quale vengono ipotizzati introiti di circa 330.000 € all’anno, a fronte però di un lavoro di preparazione di cui non c’è traccia e in un contesto giuridico tutto da verificare: si possono obbligare i natanti a conferire rifiuti “a prescindere”? E come reagiranno i diportisti? Siamo sicuri che sia una buona idea?
Invece, una tassa di stazionamento aggiuntiva a “garanzia, per le future generazioni di godere ancora a lungo, delle inestimabili ed incontaminate (!) bellezze di Ponza e Palmarola (citazione dal sito del Comune)” è proprio un insulto all’intelligenza, proposta com’è da una giunta attenzionata per la bonifica di Giancos mai completata.
Le due iniziative si sommeranno a quella dello scorso anno, sulle strisce blu: c’è un bisogno maledetto di far cassa, in qualunque modo, dalle barche all’affitto dei motorini, ma contribuiranno a rafforzare l’immagine di un luogo che vive solo sulle spalle dei turisti di passaggio e, alla fine, peggioreranno solo la situazione.
La giunta in carica mi appare come la reale rappresentazione dell’isola oggi: in declino, senza progetti e senza risorse.
Vale la pena di soffermarsi, invece, sulle considerazioni contenute nell’ultima epicrisi, sull’identità ponzese.
Spesso anche su questo sito compaiono riflessioni sui “giovani” – recentemente in: “La posta dei lettori. L’interesse di una giovane antropologa per Ponza“ e nei numerosi commenti che ha suscitato -, questa frazione della popolazione di cui si capisce, o si può capire, davvero poco.
Con una mentalità tutta novecentesca, continuiamo a considerarli per forza “eredi” della storia delle generazioni precedenti.
Sono sempre meno convinto che ciò sia vero.
Chiediamoci: che identità possono mai avere dei giovani, i cui genitori hanno rifiutato la propria?
Ho quasi settant’anni e mi ricordo bene la Maremma della mia infanzia: i cacciatori, i pescatori e i bracconieri erano un elemento centrale della cultura locale.
Oggi i cacciatori di cinghiali si servono di battitori che percorrono la macchia in moto da trial e comunicano via radio; i pescatori di surf casting (pesca con la canna da lancio dalla spiaggia) usano dei droni per portare l’esca e il galleggiante dove vogliono, neanche lanciano più, e i bracconieri hanno visori notturni e puntatori laser.
Che cultura è?
Ogni tanto racconto a qualcuno che, da accanito pescatore subacqueo in apnea quale sono stato, avevo imparato a riconoscere il rumore dell’acqua mossa dai grossi pesci che si avvicinavano alla mia posizione di “aspetto”; i miei interlocutori mi guardano come un marziano, ma quelli che andavano sott’acqua quarant’anni fa, sanno di cosa parlo.
L’eredità riguarda necessariamente valori e coscienza: una generazione ossessionata dal voler garantire ai figli le opportunità di cui non ha potuto godere, di solito rinnega, alla radice, la propria storia.
L’ambiente sarà la questione centrale del prossimo secolo: che coscienza può mai trasmettere una generazione che lo ha sempre considerato una risorsa illimitata, a costo zero?
I ragazzi di Ultima Generazione e di Extinction Rebellion non sono nostri eredi, ma meno male che esistono e speriamo che ce la facciano.
La Repubblica – Green& Blue del 21 apr. 2024
Ammesso che siano mai realmente esistite, la cultura ponzese, come quella maremmana, non hanno “eredi”, ma solo una discendenza biologica che ne sta, malamente, concludendo la storia: “ponzese da generazioni” – come pure “maremmano da generazioni”, oggi non significa più niente.
Ponza, così come la Maremma, può essere solo una scelta odierna, consapevole e determinata di appartenenza, non una trasmissione ereditaria; come Martina e Carmine, appunto “Ponzesi per Scelta”, prima ancora che per nascita.
L’unica strategia possibile è favorire l’arrivo e la nascita di una nuova popolazione di isolani: se avremo fortuna, riscopriranno, facendolo proprio, qualche elemento della cultura della generazioni, ormai lontane, che hanno colonizzato l’isola.