Cartografia

“L’isola che non c’è”, descritta nell’Atlas Maior di Joan Blaeu del 1665

di Biagio Vitiello

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Premetto che il primo cartografo della storia fu Tolomeo 100-160 d.C.; poi nel quindicesimo secolo, con la scoperta ‘delle Americhe’, incominciarono a diffondersi le prime carte geografiche.

I primi atlanti si diffusero alla fine del medioevo, ad Anversa, città che in quel tempo si era affermata come centro del commercio mondiale.
Dopo un secolo uscirono gli atlanti geografici, e Gerardo Mercatore(1512-1594) fu il primo a farlo.
Nel 1633, Henricus Hondius e Johannes Janssonius, fecero l’aggiornamento dei cartigli del Mercatore.

L’autore di atlanti geografici più famoso fu Joan Blaeu (1) con l’Atlas Maior (1665), una raccolta di carte geografiche in più volumi; da queste mappe geografiche aggiornate dal Blaeu stesso rispetto ad una prima edizione del 1635, troviamo delle novità che riguardano le nostre isole Ponziane.

Nell’atlante del Blaeu, si parla anche del regno di Filippo quarto, re di Spagna, di Napoli e della Sicilia (1621-1665) e del clima del regno, ritenuto  “incredibilmente sano e assai temperato, salvo alcuni punti in cui i grandi caldi  fanno male sia a coloro che vi abitano, che agli stranieri…”.
Mi sono chiesto: dove erano questi “punti”, nel regno delle due Sicilie?

Nelle mappe del regno di Filippo, concernente la provincia Terra di Lavoro (olim Campania Felix), a cui appartenevano le nostre isole, si nota (ubicata ad Est di Ponza) una grande isola: Santa Maria, inoltre le Botte è rappresentata come due isole, come anche Vento e Tene, tutte di estensione piuttosto grande.

Non ho mai avuto una spiegazione per queste eclatanti imprecisioni (direi anche “stranezze”) in un lavoro, per i tempi, rigoroso e accurato.

Qui di seguito una sequenza delle immagini che ci interessano, progressivamente più ingrandite:

 

Nota

(1) –
Joan Blaeu (Alkmaar, 1596 – Amsterdam, 1673) è stato un cartografo olandese.
Cartografo e costruttore di globi terrestri e strumenti scientifici, era figlio di Willem Jansz Blaeu (1571-1638) conosciuto col nome di Guljelmus Caesius, allievo e amico di Tycho Brahe (1546-1601), dal quale apprese le conoscenze astronomiche che applicò ai propri lavori.
Joan Blaeu  collaborò con il fratello all’attività paterna continuandone l’opera fino al 1672, quando un incendio distrusse il suo laboratorio. Fu cartografo ufficiale della Compagnia olandese delle Indie orientali dal 1638 fino alla morte (fonte: Wikipedia)

Portrait of Joan Blaeu by Jan van Rossum (active 1654-1678)

1 Comment

1 Comments

  1. arturogallia

    11 Luglio 2024 at 10:37

    Caro Biagio,
    grazie per lo spunto cartografico e provo a dare il mio contributo.

    Prima, però, permettimi di riprenderti, con affetto, su qualche “affermazione scivolata”.
    Claudio Tolomeo non fu il primo cartografo e le prime carte geografiche non compaiono solo nel XV secolo e così anche Gerardo Mercatore non fu il primo autore di atlanti, ma il primato in genere è attribuito ad Abramo Ortelio con il suo Theatrum Orbis Terrarum (1570).

    Ma torniamo a Blaeu. Un aspetto fondamentale per capire l’errore è che lui non era un autore di atlanti, bensì un editore-incisore che raccoglieva carte edite da altri, le sistemava e rendeva graziose esteticamente e le metteva insieme in un’unica opera. Di fatto erano tutte carte derivate da altre carte e non rilevate sul terreno.
    Per cui, quando si imbatte nel disegno di alcune piccole isolette in territori lontani e a lui sconosciuti, non fa altro che “copiare” da altre opere, che a loro volta sono copie di altre. E basta un errore e poi un altro, come il gioco del telefono, per cui si vadano a creare grandi distorsioni.

    Già Mario Cartaro disegnava “Le Botte” molto grandi e Santa Maria la chiamava “Santo Martino” o addirittura “San Domenico”
    Qui le immagini del suo bell’atlante: https://dl.bnnonline.it/explore?bitstream_id=13322&handle=20.500.12113/251&provider=iiif-image&viewer=mirador

    Anche altri autori prendono, copiano, sbagliano, inventando isole, perché leggevano testi dove si parlava di isole con un monastero dedicato a… e quindi l’isola prendeva quel nome, senza rendersi conto che la stessa isola aveva un altro nome e l’avevano già disegnata più piccola (Zannone).

    Di isole che non ci sono il mondo e la cartografia storica ne sono pieni, ma il nostro arcipelago, in effetti, rappresenta un esempio assai interessante.

    Qualcosina avevo scritto qui:
    https://uniroma3-my.sharepoint.com/:b:/g/personal/agallia_os_uniroma3_it/Ef3GwDR-lRVEgLGIfOdcxOYBucPErqK-IV6B9Q79kVrbnw?e=OTPl5p

    Un caro saluto!

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