Canzoni

Una canzone per la domenica (303). I miei valzer musette

di Sandro Russo

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Il suono dell’organetto ha fatto da colonna sonora a una parte della mia vita.
La mia storia con questo strumento risale a parecchi anni fa e ne ho già scritto: Organetto, mio perduto amor.
Ma c’è stato un seguito, di pochi mesi fa, che vale la pena raccontare.
Il fatto è che l’organetto ho smesso di suonarlo ormai da più di trent’anni, anche se un certo interesse per il lavoro di Ambrogio Sparagna (nuove musiche, spettacoli) l’ho sempre mantenuto.
Come ben sa chi suona uno strumento – è particolarmente vero per il pianoforte – la sospensione dell’esercizio quotidiano è una strada in discesa che il più delle volte porta al completo abbandono: dopo un po’ non si accetta più di aver dimenticato, di aver perso manualità, e senza una forte motivazione è difficile riprendere.
Senonché…

Di recente, alla fine dello scorso anno, qualcuno del vecchio ensemble di organetti di cui facevo parte, ha preso l’iniziativa di creare un Gruppo whatsapp e ha fatto incontrare un bel numero di “reduci”, prima in modo virtuale, poi di persona, in due incontri conviviali (…ravvivati da sonorità ben conosciute).
Si è scoperto che è vero che qualcuno come me aveva lasciato, ma altri no… avevano continuato a suonare, avevano costituito a loro volta dei gruppi e hanno raccontato con entusiasmo i loro progetti, anche proponendo inviti di andarli a sentire.
E perché no?
Di qui è germinata l’idea di riprendere in mano il mio vecchio organetto, che miracolosamente non era stato attaccato dai tarli e funzionava perfettamente.
Riprendere a suonare dopo tanto tempo è un’impresa (potrei scriverci un saggio). Non è come nuotare o andare in bicicletta, che una volta imparato non si dimentica più. Si dimentica quasi tutto, invece; perfino si perde la dissociazione tra la mano destra (che fa la melodia) e la mano sinistra (di accompagnamento sui bassi).
Non si può aver fretta, bisogna lasciar affiorare lentamente gli automatismi perduti e pian piano qualche risultato si ottiene. Ora non dico che sono tornato ai livelli di prima, ma ho ripreso a esercitarmi e continuerò.

A voler proprio trovare qualche aspetto positivo nella lunga sospensione, posso dire di essere ora più consapevole della struttura dei brani che suono e delle connessioni.
Presento qui, per solennizzare,  un brano “mitico” per organetto – Mon amant de St. Jean – , quasi l’equivalente del Valzer per Siglinda (già nominato, e per i lettori ascoltato nella prima puntata) – quello di introduzione al magico mondo dell’organetto, questo di conferma. Poi sono andato ad approfondire un po’ la storia del valzer musette, cha avevo sempre suonato per default, senza farmi eccessive domande in proposito.


Perché è la colonna sonora che associamo all’idea “mitica” della Francia, quella delle balere e dei film di Marcel Carné e Jean Gabin, dei gialli di Maigret, di Jacques Brel e di Edith Piaf… Moulin rouge, lungosenna… Tour Eiffel sullo sfondo – perdonerete il “calderone’ temporale, ma il mito funziona così!

Ecco il mio valzer guida preferito e a seguire qualche informazione sul periodo e sulla valse musette in particolare (fonte Wikipedia, ibidem, versione in italiano e in francese).
Mon amant de St Jean par Lucienne Delyle

https://www.youtube.com/watch?v=4usS2eJWQik

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Il valzer, dal tedesco Walzer, derivato dal verbo walzen (“girare, ruotare, volteggiare”), è una danza in ritmo ternario nata alla fine del ’700 XVIII secolo come evoluzione del Ländler, una danza popolare in 3/4 tipica dell’Austria, delle regioni meridionali tedesche e della Svizzera tedesca.
Diffuso inizialmente in Austria e nel sud della Germania, il valzer conquistò ben presto gran parte dell’Europa: dalla Francia (dove fu introdotto da Maria Antonietta) alla Russia, dall’Italia all’Inghilterra, diventando una danza internazionale.
Il successo fu dovuto non solo al carattere fluente e orecchiabile della musica ma anche al fatto che per la prima volta la coppia di ballerini danzava abbracciata.
Il valzer si affermò a Vienna all’inizio del XIX secolo con Johann Strauss padre ed il suo amico, collega e rivale Joseph Lanner.
In seguito, il valzer viennese, soprattutto con Johann Strauss figlio, conservò un andamento veloce e spigliato, mentre in Francia la nuova danza toccò la massima popolarità all’interno del genere operettistico, acquistando un carattere più languido e sentimentale. In Inghilterra alla fine del XIX secolo si affermò il valzer lento.

La valse musette anche conosciuto come valzer francese
Danza da ballo comparsa in Francia  alla fine del XIX e secolo, seguito a breve distanza dalla  java, cui somiglia molto. Queste due danze sono più veloci del valzer classico. La forme più compiuta e originale di valse musette è la toupie (la trottola). La danza in stile musette, è più semplice, più sensuale e necessita di meno spazio del valzer classico perché i danzatori che privilegiano questo stile preferiscono danze che possono essere eseguite in spazi ristretti, come  le sale sul retro dei bistrot.
Le coppie danzano abbracciate, con i grandi volteggi  caratteristici del ballo viennese sostituiti da piccoli passi, a volte sur place come nella «toupie» che si può danzare perfino su un tavolo basso. La valse musette privilegia il giro a sinistra, in cui le coppie  si muovono in senso inverso alle lancette dell’orologio e i ballerini devono danzare più stretti. Il giro a sinistra è più difficile di quello a destra, perché le coppie devono girare in anticipo per restare sulla linea della danza.

Valzer musette deriva da musette, strumento musicale simile ad una cornamusa. Musetta è una danza pastorale di ritmo ternario o binario diffusa in Francia, specialmente nelle regioni della Francia centrale e del sud (Auvergne). Agli inizi del Novecento fu principalmente la fisarmonica con la caratteristica timbrica di un registro che produce un suono struggente e brillante a rendere popolare il “Valzer musette“.

Intorno al 1880, con l’immigrazione degli italiani qui animavano i balli di quartiere, questi balli à la musette saranno presto soppiantati dai bals musette preferiti dai transalpini nei quali essi introducono il luogo degli strumenti degli Auvergnats due dei loro strumento prediletto, ancora giovani e poco conosciuti, la fisarmonica (accordéon) e l’organetto (accordéon diatonique). Quest’ultimo è uno strumento musicale a tasti che utilizza per produrre il suono, un mantice come la fisarmonica, ma a differenza di questa che in apertura e in chiusura emette lo stesso suono per un determinato tasto, l’organetto dà un suono diverso e non possiede tutte le note, ma suona in una determinata tonalità.

Spesso, ma non necessariamente, accompagnati da una batteria, un contrabbasso e une chitarra, la fisarmonica o l’organetto caratterizzano «le musette» (al maschile stavolta), o «style musette» – più brioso, nel quale, paradossalmente la musette (strumento simile alla cornamusa) è scomparso -, , e nel quale il valzer  sostituisce definitivamente la bourrée dell’Auvergne.
In questo clima è facile che scoppino delle terribili liti tra italiani e Auvergnats che non apprezzano questa concorrenza ritenuta sleale. Nascono quindi frequenti conflitti, a pugni e al coltellate, tanto che il Prefetto di Parigi prende la decisione di vietare i balli popolari all’interno della cinta urbana, cosicché musicisti e danzatori devono spostarsi per qualche tempo, ai bordi della Marna, qualche chilometro da Parigi dove nascono numerose balere che decretano il successo di questo stile musicale.

I bals musette sono dunque all’inizio le danze della classe lavoratrice con musiche suonate da cornamuse, organetti e in seguito da fisarmoniche, chitarre e sassofoni.
Dei grandi compositori quali Émile Vacher, Jean Peyronnin et Michel Péguri hanno dato al genere musette la patente di nobiltà.
Solo stati loro ad aver inventato una musica che ha fatto danzare la Francia per più di un secolo! Le musette!

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In appendice una registrazione casalinga di Mon amant de St. Jean con rumore di fondo di pappagalli e altro, effettuata da Roberta Bartoletti per uso didattico (materiale di studio per me)…

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