Ambiente e Natura

Stéveme scarze…

di Paolo Mennuni

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Il regalo recente di un libro-dizionario napoletano molto interessante, ha risvegliato in me l’interesse per questa lingua estremamente interessante e colorita e ricca di espressioni efficaci e colorite non sempre immediatamente traducibili nel nostro idioma ufficiale.
Il libro è “A schiovere” di Erri De Luca che raggruppa, in ordine alfabetico, una serie di espressioni napoletane dandone la spiegazione in italiano ad uso dei furastieri.

La lettura “passim” del saggio di De Luca mi ha richiamato alla memoria un commento da me fatto, in risposta ad un carissimo “vecchio” amico che con molta arguzia, in commento ad un mio libercolo di poesie dialettali, mi inviò una sua lirica intitolata: “Steveme scarze!”.

Questa espressione, tipicamente partenopea, mi colpì per la sua quasi impossibile traduzione nella nostra lingua nazionale.
Provai con un “ci mancava!” che in effetti si poteva attagliare alla circostanza ma, indagando a più a fondo sulle situazioni cui si può utilizzare la stessa espressione, mi colpì l’imbarazzo della scelta. Infatti, le circostanze in cui a Napoli si può usare questa locuzione sono numerosissime.
Il caso più frequente è quello in cui, in un gruppo di amici al bar, che s’intrattengono amenamente discettando del più e del meno, sopraggiunge un nuovo ospite inaspettato. Che sia gradito, o meno, lo si accoglie con uno “Ahé… Steveme scarze!”

In effetti la locuzione intera, anche se in senso affettuoso, sarebbe: “Steveme scarze… a fetienti!”

Nota della redazione e schermata della pagina relativa ad articoli articoli pubblicati impostando in “Cerca nel Sito”: Erri De Luca

 

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