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Nessuno proprio era presente e ha visto, quando quei due platani di Sant’Antonio venivano segati e abbattuti.
Questi due platani che hanno fatto proprio la stessa fine di “quel pino del ‘49” , mio coevo, che zio Adalgiso Coppa aveva piantato davanti casa sua sulla Dragonara e che forse dava fastidio al traffico (del maggio 2020, leggi qui).
Personalmente, per mia insipienza, non riesco proprio a capire che fastidio potevano dare o quale problema potevano avere questi due platani per mantenere integra la loro sopravvivenza.
Insomma, perché?
“Why?”; proprio come chiedevano quei ragazzi americani degli anni ‘70 che non volevano la guerra nel Vietnam.
E poi una motosega non è proprio silenziosa a meno che non sia stata usata una sega senza motore o con silenziatore o che magari due laboriosi castori ponzesi si possano essere esibiti in un lavoro certosino di fioretto e non di spada.
Del perché ciò sia potuto accadere, nessuno si è chiesto il motivo.
Ma il giorno dopo tutti hanno potuto vedere.
Chi lo ha stabilito c’è sicuramente, così come pure ci saranno le dovute motivazioni. Ma il perché: non pervenuto.
Queste notizie e queste considerazioni mettono un dispiacere nel mio cuore e mi rinnovano quell’imbarazzante impressione che sull’“amato scoglio” l’osservanza delle regole e soprattutto del buon senso siano ancora di là da venire.
Eppure i “dig-dig” dei lavori dei cantieri che fanno ristrutturazione o costruzioni nuove li sentono tutti; in tutte le stagioni, di mattino, di giorno, nel pomeriggio, di sera ed anche di notte, se necessario, tanto che nessuno più ci fa caso.
Ma un albero che viene segato, magari con un silenziatore, non viene percepito. E il legno che viene prodotto, subito allontanato e magari custodito per i caminetti invernali delle case di Ponza, neanche lui fa rumore.
E non si riescono neanche a percepire i sentimenti di dolore e di frustrazione che questi due platani hanno provato quando venivano tagliati senza un apparente comprensibile motivo, così come sarà la presente e futura disapprovazione di chi, mentre passa la processione di San Silverio (tra pochi giorni “in diretta”), trovava riparo e sollievo all’ombra delle loro chiome.