Geologia

Esempi di gestione del dissesto idrogeologico a Ponza

di Biagio Vitiello

 

L’ultima volta che un governo della Repubblica Italiana ha fatto qualcosa per combattere il dissesto in Italia è stata con il governo Prodi, anno 2006, che stanziò diversi miliardi allo scopo: “E’ definito ed attivato il secondo Piano Strategico Nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico. Annualità 2007 per complessivi Euro 241.222.663,00” (cfr. .pdf allegato)
Per Ponza un milione di euro, che dovevano servire a stabilizzare la zona “Collina Belvedere” (dove c’è il Giardino Botanico, per capirci), non prima di aver fatto gli accurati sopralluoghi da parte degli enti preposti. Ma quando è arrivato il finanziamento si è cercato (per motivi a me sconosciuti) di spostarlo in altre zone, facendo poi vari altri progetti.

A Ponza è da molto tempo che parliamo di “dissesto idrogeologico”, ma purtroppo si fa poco o nulla per prevenirli; mettiamo e spesso solo il “pannicello caldo” quando avvengono, col solito sistema: chiodatura e rete para-massi, che poi ottiene un risultato scarso o nullo, o perché crolla tutto o perché i tecnici non vogliono prendersi alcuna responsabilità alla conclusione dei lavori (Chiaia di Luna docet), e il crollo di cala Fonte dei giorni scorsi è solo l’ultima dimostrazione che il sistema non funziona.

Pochi giorni fa è uscito il progetto esecutivo di punta Madonna che se è congegnato come quello di cala Fonte sarà un altro fallimento e spreco di risorse (in questa zona il tufo è come pastafrolla).

A mio modesto parere, non da tecnico ma da osservazioni sul campo di una persona che ci vive, gli interventi effettuati sino ad oggi sono solo tamponi, spesso inutili. Andrebbe fatto un piano dettagliato di interventi di prevenzione, privilegiando le zone dove vi sono abitazioni.
Finora a Ponza abbiamo effettuato degli interventi che spesso non hanno prodotto risultato o sono stati inutile dispendio di risorse:

La falesia di Chiaia di Luna sta ancora lì, a perenne monito; la spiaggia sottostante non è mai stata riaperta.

Grotte di Pilato: chiodatura e rete para-massi, senza aver prima eradicato l’ailanto (Ailanthus altissima, Famiglia Simarubacee, specie non autoctona anche se naturalizzata a Ponza, ed estremamente invasivo), causa dei crolli in tale zona.

Cala Gaetano, chiodatura e rete para-massi su una zona per lo più ricoperta da materiali di risulta.

Cala Fonte, chiodatura e rete para-massi, su rocce già fissurate e intramezzate da materiale eterogeneo (bentonite).

Nessuna amministrazione ponzese si è mai dedicata a contrastare in modo serio e metodico i dissesti idrogeologici in atto, eppure basterebbe mettere in atto tecniche (in parte) antiche di prevenzione, consolidate dall’impiego secolare, semplici ed economiche, come il ripristino delle parracine, la canalizzazione delle acque meteoriche, la piantumazione di essenze adatte allo scopo, in primis le piante di Vetivèr (Chrysopogon zizanioides , una pianta erbacea perenne, Famiglia Poaceae, originaria dell’India, pianta originaria dall’India caratterizzata, a differenza delle altre graminacee dalle radici lunghe e profonde da 2 a 4 metri); e il Carprobotus edulis (a Ponza conosciuto come ’a rosa-marina), succulenta della famiglia delle Aizoaceae che protegge dalla erosione del vento e della pioggia, ma c’è qualche “scienziato” che vuole eradicarla, perché anch’essa non autoctona e invasiva rispetto alla flora locale (e anche perché fa allignare i topi: ma non sarebbe meglio eradicare i topi?)
Nel mio piccolo nel corso degli anni ho sperimentato la protezione di vari terreni attraverso la piantumazione delle suddette piante, e ho potuto constatarne i vantaggi.

Allegato .pdf:
Definizione ed attivazione del secondo Piano Strategico Nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico. Annualità 2007

1 Comment

1 Comments

  1. Guido Del Gizzo

    24 Maggio 2024 at 11:16

    Sulla protezione dei terreni scoscesi c’è ancora una cosa da aggiungere, alla formulazione teorica e anche al terreno: il compost! …ossia la frazione organica dei rifiuti (prodotti sull’isola e adeguatamente processati).
    Il compost arricchisce il terreno di humus, cioè la componente colloidale che svolge la funzione, indispensabile in clima arido, di aumentare la capacità di ritenzione idrica dei terreni, rendendo tale risorsa disponibile e più a lungo accessibile alle piante, così da contribuire alla stabilizzazione dei terreni contro l’erosione, soprattutto eolica.

    Per le indicazioni pratiche, leggi sul sito:
    https://www.ponzaracconta.it/2023/09/18/due-conti-facili-facili/

    Oltretutto, c’è un unico commento all’articolo, proprio di Biagio Vitiello.
    Sulla protezione dei terreni e il riutilizzo della frazione organica dei rifiuti, una completa sintonia!

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