Zoologia

Come si curano gli animali. Zoofarmacognosia.2

proposto da Sandro Russo

.

Da un articolo recente, di qualche mese fa, estraggo qualche periodo; per l’articolo completo, leggi qui:

“La Zoofarmacognosia – conoscenza della farmacologia attraverso gli animali -, a dispetto del nome astruso, è una scienza molto interessante. È una branca delle Scienze Naturali che studia, attraverso i comportamenti degli animali che per istinto si curano (o anche si inebriano) attraverso l’ingestione di alcune piante – …e sì, anche gli animali “si fanno”! -, le implicazioni che possono derivarne per l’uomo.

Strettamente collegato al tema, questo articolo del 3 maggio 2024, firmato da Elena Dusi, giornalista scientifica di Repubblica, che riporta un lavoro dei ricercatori del Max Plank Institute (1) [a fondo pagina allegato il link all’articolo originale].

La scoperta degli scienziati del Max Planck
L’orango ferito si cura con le erbe della giungla “Lo fa solo l’uomo”
di Elena Dusi – Da la Repubblica del 3 maggio 2024

Il primo medico della storia, è possibile, non riceveva dietro a una scrivania, ma viveva tra i rami degli alberi. Uno dei comportamenti tipicamente umani — curare le malattie — non è infatti prerogativa della nostra specie e ha forse un’origine antica nell’evoluzione. Ce lo suggerisce la storia di Rakus, un orango che vive nelle foreste dell’Indonesia.

Da giovane maschio proveniente da un altro territorio, Rakus (ghiotto, nella lingua locale) ha faticato per essere accettato dal suo gruppo. I ricercatori dell’istituto tedesco Max Planck sul comportamento animale che frequentano le foreste dell’Indonesia non si sono stupiti quando lo hanno visto con una ferita sotto all’occhio. Poche ora prima si erano sentite grida di maschi in lotta. Rakus doveva aver avuto la peggio.

Placido e con lo sguardo tramortito, l’orango ferito ha dato modo ai ricercatori di osservarlo da vicino. Il 25 giugno del 2022 gli etologi hanno notato un comportamento inedito. Rakus, dolorante, ha strappato alcune foglie di forma ovale, le ha masticate a lungo, poi si è portato il dito alla bocca e ha cosparso di saliva la ferita. Visto che le mosche continuavano a posarsi sulla carne, ha preso la poltiglia di foglie dalla lingua e l’ha spalmata sulla ferita, fino a coprirla del tutto. Lo stesso, con uguale meticolosità, ha fatto il giorno dopo. «Il 30 giugno — scrivono i ricercatori su Scientific Reports — la ferita si era chiusa. Il 25 agosto era appena visibile ».

È la prima volta, dice Isabelle Laumer, biologa del Max Planck, «che vediamo un animale selvatico applicarsi una medicina potente direttamente su una ferita».

Le foglie staccate dall’orango non sono state scelte a caso. Appartengono alla Fibraurea tinctoria, una liana sempreverde diffusa nel sud-est asiatico, vengono mangiate raramente dagli oranghi e sono conosciute anche dalla medicina tradizionale umana per le loro proprietà disinfettanti, antidolorifiche e antipiretiche. Come facesse Rakus a saperlo, resta un mistero. «Probabilmente un esemplare ha notato in passato l’effetto antidolorifico delle foglie di Fibraurea tinctorea e gli altri membri del gruppo lo hanno imitato» scrivono gli autori.
L’osservazione spinge i ricercatori a pensare (in modo forse un po’ ardito) che «il nostro ultimo antenato comune già fosse capace di applicarsi degli unguenti sulle ferite». Prima ancora di separarsi, 13 milioni di anni fa, uomini e oranghi avrebbero avuto già delle primitive nozioni di medicina. «Dimostrarlo non è facile » frena Andrea Romano, etologo del dipartimento di Scienze e politiche ambientali dell’università di Milano. «Non sappiamo nemmeno se Rakus abbia imparato l’uso delle foglie come medicamento dai suoi simili, magari dalla madre».

Altri comportamenti di automedicazione erano stati comunque osservati in passato. La famosa etologa britannica Jane Goodall negli anni ’60 aveva notato a Gombe (in Tanzania) foglie non masticate tra le feci degli scimpanzé. Si trattava, si sarebbe scoperto più tardi, di piante ingerite per liberarsi dai parassiti dell’intestino. Alcune sono note anche nella medicina tradizionale umana, hanno un sapore sgradevole e sono reperibili solo spostandosi dal proprio territorio.

«In cinquant’anni di ricerche sull’automedicazione degli animali — spiega Elisabetta Visalberghi, primatologa dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Consiglio Nazionale delle Ricerche, sono state osservate specie che usano le piante per ridurre dissenteria o febbre, o per difendersi dalle punture di insetti. E proprio Jane Goodall, a novant’anni, mercoledì era a Roma sul palco del concerto del primo maggio. Ha distrutto il muro di separazione fra uomo e scimpanzé vocalizzando in scimpanzese».

Né i primati sono gli unici animali a utilizzare una sorta di medicina. «Fra gli uccelli — prosegue Romano — conosciamo specie di passeri e storni che costruiscono il nido scegliendo foglie dalle proprietà antibatteriche». Fra le formiche si annoverano le crocerossine. «Una specie africana ha l’abitudine di organizzare spedizioni contro le termiti. Le formiche infermiere soccorrono le compagne ferite con la loro saliva disinfettante e cauterizzante».

Sono esempi però di comportamenti innati. La pomata cicatrizzante di Rakus invece nasce probabilmente da un qualche tipo di apprendimento.
«Non sarebbe la prima volta, per i primati» spiega Romano. «Vediamo infatti che l’uso di strumenti per procurarsi il cibo può variare da un gruppo all’altro. C’è chi usa sassi per spaccare noci, chi bastoni per estrarre termiti dal terreno, chi affila lance. Si tratta probabilmente di comportamenti trasmessi tra i membri per via culturale ». Nel caso di Rakus, bisognerebbe cercare meglio fra le fronde, per capire se la sua è una competenza isolata o se esiste una vera e propria scuola di medicina nella foresta.

L’orangutan, durante l’automedicazione

In file .pdf: Pagina Repubblica 03.05.2024

L’etologa Isabelle Laumer, del Max Planck Institute 

Max Planck Institute of Animal Behavior
Evidence for medical wound treatment in a wild animal

A wild orangutan was observed applying a plant with known medicinal properties to a wound, a first for a wild animal
April 30, 2024 –  https://www.ab.mpg.de/583564/news_publication_21886982_transferred?c=2736

1 Comment

1 Comments

  1. Sandro Russo

    4 Maggio 2024 at 06:33

    Un rimedio popolare emerge dai (peggiori) ricordi della mia infanzia, legato a Ponza, perché me lo propinava mia madre, ed è l’erba corallina. Un infuso disgustoso e imbevibile che odiavo con tutte le mie forze.
    Tanto me ne è rimasto il ricordo, che nei primi anni del sito Ponzaracconta vi abbiamo dedicato un articolo a più contributori. Leggi qui:
    L’erba corallina, ovvero l’erva curallina
    Abbiamo accertato cose interessanti, identificando tre tipi di erbe con questo nome, con proprietà curative nei confronti di elminti e ossiuri (i vermi dei bambini, ma anche dei cani e altri animali).
    Non si è invece mai capito perché in diverse sub-culture (tra cui quella napoletana e quella sarda) i vermi dei bambini vengano messi in rapporto con uno spavento provato (ha fatt’ i vierme… c’è venuta ‘na vermenara!).
    Né è stato chiarito – per tornare al tema della zoofarmacognosia – del come si sia diffusa un’usanza tanto strana come quella di utilizzare delle erbe di scoglio per infusi contro i vermi. E’ possibile per averlo visto fare agli animali?

È necessario effettuare il Login per commentare: Login

Leave a Reply

To Top