Dobbiamo ringraziare il Sig. Pianigiani per aver acceso un dibattito che ci ha riportato indietro nel tempo risuscitando emozioni, speranze, posizioni politiche di generazioni di ponzesi che hanno vissuto il dramma della miniera, la chiusura del ‘76 e la speranza di rinascita successiva.
Parlare della zona ex Samip dopo circa 35 anni dalla sua chiusura è molto difficile, sembra che in tutti questi anni le amministrazioni che si sono succedute non abbiano saputo combinare niente, eppure di iniziative ne sono state prese.
Ricordiamo senza approfondire le iniziative di Gabriele Panizzi (anni 80), che dopo aver contribuito a stralciare la zona mineraria dal piano regolatore generale propose un concorso di idee a livello nazionale per trovare più soluzioni e adattarle alle esigenze locali.
Poi venne l’era di Antonio Balzano che ci ha lavorato per circa 20 anni, come vice sindaco ma poi anche come Sindaco, prendendo un’infinità di iniziative (interessante che ce ne parlasse Lui personalmente) presentando anche un progetto alla Regione bocciato dall’amministrazione Storace.
Successivamente negli anni 90 ci sono state le proposte Castalia dell’amministrazione Ferraiuolo-Bernardi.
Mi sono, casualmente, arrivati sotto gli occhi diversi progetti di fattibilità, che avevano come oggetto il risanamento della zona ex Samip e si concentravano soprattutto sulla costruzione di un porto a Cala Dell’Acqua. Progetti sviluppati dall’architetto Rodolfo Violo, nell’amministrazione Porzio (2000). Progetti molto simili, che comunque, rimanevano chiusi nei cassetti del Comune, mai discussi con la popolazione.
A mio avviso erano Progetti portuali esagerati, che partivano inizialmente dal “fiordo”, improbabile, inventato da Antonio Balzano, ma questi poi si allargavano all’esterno con enormi scogliere che chiudevano l’intera rada che da Punta Papa arrivava alla Montagnella.
Nell’ultima amministrazione Porzio furono presentati vari progetti di portualità per Cala Dell’Acqua, quello più noto era stato presentato dalla società Marina di Nettuno, ma poi, nell’ottica della giusta concorrenza, altre cordate private presentarono i loro progetti. La giunta Porzio non era però concorde nell’appoggiare l’uno o l’altro dei progetti, per cui la cosa non è andata avanti e comunque si è interrotta con la triste caduta di quell’amministrazione.
Dal 1976, anno della chiusura della miniera, penso che siano stati spesi molti soldi, finanziati progettisti, investito idee e energie politiche e intellettuali ma non si è arrivati a niente.
I cittadini di Ponza, hanno sempre dibattuto su questo problema e in particolare per i fornesi, qualsiasi soluzione alla miniera poteva andare bene purché avesse la realizzazione di un porto a Cala Dell’Acqua, meglio se questo prevedeva anche l’attracco delle navi traghetto. Ogni programma elettorale aveva obbligatoriamente la sua soluzione per la zona ex Samip e questo era naturale visto che le elezioni amministrative si vincevano alle Forna.
Anche adesso si discute, dopo gli articoli su Ponzaracconta ma il dibattito ha preso una nuova piega: se prima il cittadino delegava, chi allo stato chi al Privato, la risoluzione del problema risanamento-sviluppo della zona ex Samip, oggi sembra prendere piede una sorta di lottizzazione alla quale possano partecipare tutti i cittadini interessati a investire nella zona.
Idee tipo:“tutto ciò non è utopia !!! è logico che ci vuole un progetto di lottizzazione commerciale ben definito, chi compra in quella zona deve essere obbligato e ripeto OBBLIGATO DAL COMUNE a migliorare la particella acquistata secondo progetto sia a scopo d’investimento personale sia pubblico, chi compra accetta clausole non alienabili !!! ragazzi, stiamo parlando di commercio e migliorie per il bene comune isolano e non per il bene di pochi ….la privatizzazione non porta a niente e non deve assolutamente esserci specie se c’è un pezzo di Isola che può essere d’aiuto a tanti giovani che ad oggi non hanno lavoro e che sarebbero ben felici di investirvi una tantum …10-20-30-50.000 euro a seconda delle proprie disponibilità economiche ! No alla privatizzazione …che in Italia come a Ponza ha fatto finora solo danni.”
Questo nuovo modo di approcciare il dibattito intorno alla miniera trova le ragioni nell’attuale crisi economico-sociale dell’isola, aggravata dall’entrata in vigore del PAI, soprattutto nella zona di Le Forna
Provo a riflettere da isolano residente del 2012.
L’isola degli anni Settanta aveva un futuro turistico, l’economia turistica era tutta da sviluppare, l’isola aveva spazi a disposizione per creare attività economiche. Il bellissimo, libero, sicuro per cui invitante periplo dell’isola, da allora, ha permesso, per sfruttare una domanda nautico-balneare, un diffuso sviluppo delle attività nautiche.
L’offerta turistica nautico-balneare non è stata, nel tempo, integrata da altre iniziative pubbliche e private alternative, per cui il nostro turismo è rimasto concentrato nei mesi estivi, non ha fatto comprendere l’importanza e l’unicità di tutto il territorio isolano dal punto di vista economico, culturale, per cui turistico.
Le attività nautiche dei noleggiatori con le esigenze di rimessaggio invernale dei loro natanti hanno tramutato appezzamenti, prima agricoli, in depositi di barche.
Le ditte edili cresciute in numero e in esigenze organizzative hanno creato depositi edili lungo la strada panoramica.
Anche i pescatori hanno da sempre avuto l’esigenza di ricoverare in depositi le reti e le loro attrezzature.
Ma poi lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, lo smaltimento dei rifiuti speciali (che ancora adesso sono in bella mostra lungo la strada Panoramica), sono ad evidenziarci contraddizioni di uno sviluppo turistico non programmato che ha creato nel tempo abbandono d’inverno e ulteriore disorganizzazione territoriale.
Qualcuno può pensare: che centra questo con il risanamento della miniera?
Aggiungo a queste mie riflessioni un altro aspetto:
nel 2010 con l’entrata in vigore del PAI (Piano di assetto idrogeologico) la maggior parte del periplo dell’isola è inutilizzabile e comunque a rischio di chiusura.
Questo stato di fatto ha messo in crisi moltissime attività economiche non solo nautiche ma anche di varia tipologia commerciale.
Mi sembra chiaro dove vuole andare a “parare” il mio discorso: la zona mineraria, tra l’altro anch’essa, con una larga fascia costiera in zona rossa secondo il PAI, rimane l’unica zona ancora occupabile in modo funzionale dalle esigenze economiche, commerciali, sociali dei residenti.
Per cui va, secondo me, escluso uno sfruttamento privato. Soluzioni miracolistiche non possono essere accettate nell’attuale realtà.
Questa zona deve:
- Essere risanata, consolidata con terrazzamenti e abbellita con verde pubblico;
- Ospitare le attività nautiche di Cala Feola (zona quest’ultima da salvare per la balneazione); con la costruzione di una piccola scogliera a Cala Dell’Acqua, con sistemazione di strada e banchina;
- Creare una zona per ricoverare barche e attrezzature varie in modo da scongiurare l’ulteriore inquinamento paesistico dell’intero territorio isolano; questa zona, “industriale” deve essere integrata nel contesto, dal punto di vista paesistico e ambientale;
- Creare nei volumi recuperabili i presupposti per attività da destinare a residenti, organizzatesi in consorzi e cooperative: gestione museo mineralogico, artigianato ecc;
- Creare strutture sportive utilizzabili d’estate e d’inverno come una piscina coperta e campi da tennis.
In definitiva dico che questa zona, a distanza di trent’anni dalla chiusura della miniera deve essere funzionale e utile ai residenti, che sono riusciti a sopravvivere fino oggi e che oggi sono di nuovo in grosse difficoltà economiche e sociali.