Ambiente e Natura

Quant’è bella l’avventura…

di Guido Del Gizzo

 .

Qualcuno ricorda Nemescek e la “società dei masticatori di stucco”?
Oppure John Silver e il suo pappagallo?
O La montagna di luce, La perla sanguinosa, I minatori dell’Alaska e poi Lord Jim e il suo drammatico destino?
Robinson Crusoe, chi era costui?

Robinson Crusoe di Newell Convers Wyeth

Il liceo poi mi ha fatto incontrare Metello, Le cronache di poveri amanti, Il Deserto dei Tartari, Giovanni Drogo e il suo sorriso, alla fine.
E il Barone Rampante, di Calvino. Inarrivabile.

L’amante dell’Orsa Maggiore me lo sono portato appresso quando ho fatto a piedi il mio primo fiume, dalla foce alla sorgente, il Fiora, nel ’76 : il trekking non l’avevano ancora inventato, o comunque non lo chiamavamo così e a me ricordava una canzone di De Gregori di qualche anno prima, La Casa di Hilde.

Sulla mia prima barca, il Merak, nell’83, la scenetta di prammatica era la declamazione del discorso di Achab, che inchioda il doblone d’oro all’albero maestro: anche se continuo a fare il buffone anche adesso, con gli amici che ho a bordo.

Quand’ero bambino, sul Corriere dei Piccoli c’era Hugo Pratt con Anna nella Giungla, poco prima della comparsa di Corto Maltese, legato ad una zattera alla deriva nell’oceano, e la sua “Ballata del Mare Salato”; e ricordo Gigetto Sprint meglio morto che sorpassato.

Provo a confrontare la letteratura per ragazzi della mia generazione con quella odierna o anche solo di quella delle mie figlie.
Valori e obiettivi formativi sono molto cambiati e, credo, prevalentemente in meglio.
Si cerca di suggerire valori di convivenza, di rispetto, di integrazione, di tutela dell’ambiente, che mal si concilierebbero con i babirussa o i lamantini arrosto, di salgariana memoria : oltre, naturalmente, il rifiuto della violenza, in ogni sua forma.
Tutto bene.
Altan e la sua Pimpa, Pingu (1), Gianni Rodari e le sue filastrocche, l’orso Paddington raccontano di personaggi e valori edificanti. I Simpson e Peppa Pig un po’ meno, ma fanno parte della utile varietà culturale.

Però, c’è qualcosa che ci siamo persi per strada e quel “qualcosa” è lo spirito di avventura.

L’avventura, oggi, nel racconto dei cartoni animati giapponesi o del cinema, è confinata in un universo di effetti speciali e realtà fantastiche, molto lontane dall’albero di Cosimo Piovasco, barone di Rondò, dal quale lui era stato capace di entrare in contatto con tutto il mondo del suo tempo.
E invece, lo spirito di avventura è ciò che muove il mondo e la sua storia.
È la determinazione che alcuni assumono, di perseguire un obiettivo e affrontare le difficoltà che si presenteranno, pur non conoscendole, o conoscendone solo alcune.
È la capacità di inseguire dei sogni? Non lo so, forse in parte, ma qui le citazioni si sprecano:

“Al mondo, quelli che sognano più dei sognatori stessi, sono gli uomini di azione”
     (Oscar Wilde)

“Un sogno sembra un sogno fino a quando non si comincia da qualche parte, solo allora diventa un proposito, cioè qualcosa di infinitamente più grande”
     (Adriano Olivetti)

“Devi augurarti che la strada sia lunga”
     (Itaca, di Kostantinos Kavafis)

Ma la mia preferita resta quella dell’ultima strofa dell’Ulysses (2), di Alfred Tennyson:

“Anche se molto è stato preso, molto aspetta; e anche se
Noi non siamo ora quella forza che in giorni antichi
Mosse terra e cieli, ciò che siamo, siamo;
Un’eguale indole di eroici cuori,
Indeboliti dal tempo e dal fato, ma forti nella volontà
Di combattere, cercare, trovare, e di non cedere.”
     [la traduzione è di Giovanni Pascoli]

Che la pedagogia degli anni ’50, ’60 e ’70 abbia avuto altri obiettivi, lo condivido e lo apprezzo profondamente: vogliamo parlare della Scuola di Barbiana, ad esempio?
Che fosse necessario evolvere da una scuola dove il voto in ginnastica era importante come quello in storia o scienze, è stata una questione di civiltà.
Eppure, penso che i giovani debbano essere educati all’avventura: come rifiuto della realtà così com’è, come volontà di cambiarla.
Soprattutto, come rifiuto dell’impossibilità di fare, che viene spesso opposta da chi ha interessi diversi e impone immobilismo, in tutti gli ambiti della nostra vita.

Lo spirito di avventura è una presa di coscienza di ciò che siamo, che vogliamo diventare e la determinazione a farlo.
In Italia, oggi, ci ritroviamo inebetiti, ma sostanzialmente comodi e inattivi, anche nella situazione di lento declino nella quale ci troviamo, di fronte a ciò che accade nel continente accanto, dove le persone più umili sono disposte a rischiare tutto, inseguendo il sogno di una realtà conosciuta solo sugli schermi dei loro cellulari.
Oggi l’avventura è relegata nel mondo degli sport estremi, dei trekking sulle Ande e dell’esplorazione spaziale: io ho l’impressione che sia ora di riportarla sui banchi di scuola.

Note

(1) – Pingu è una serie animata svizzera creata da Otmar Gutmann e Erika Brueggemann e realizzata in claymation (una tecnica simile alla stop-motion che utilizza pupazzetti in plastilina, animati). È stata trasmessa in televisione dal marzo 1990 fino all’ aprile 2000 sul canale svizzero Schweizer Fernsehen per un totale di 104 episodi da 5 minuti ciascuno.
La serie descrive le vicende di una famiglia di pinguini che vive in un igloo al polo sud in Antartide. Le vicende si svolgono sempre al polo sud. Tutti i personaggi sono doppiati in un grammelot incomprensibile.

(2)Ulysses è una poesia scritta da Alfred Tennyson nel 1833.
Il poeta riprende allo stesso tempo sia l’antico eroe di Omero che l’Ulisse dantesco (Inferno, Canto XXVI). Infatti l’Ulisse di Omero apprende da una profezia di un ultimo viaggio che effettuerà dopo aver ucciso i corteggiatori della moglie Penelope. I dettagli di quest’ultimo viaggio sono descritti appunto da Dante nel ventiseiesimo canto dell’Inferno: Ulisse morirà navigando troppo lontano a causa della sua insaziabile sete di conoscenza.
Il discorso di cui è composta la poesia Ulysses è tenuto in prima persona da Ulisse poco dopo essere tornato a Itaca e aver liberato Penelope e poco prima di intraprendere il suo ultimo viaggio per mare.
Ulysses non fu soltanto una figura mitologica per i contemporanei di Tennyson, ma piuttosto un’icona culturale simbolo della lotta romantica contro la conformità della borghesia, e l’ultimo verso della poesia, “to strive, to seek, to find, and not to yield” (lottare, cercare, trovare, e non cedere), finì per diventare un vero e proprio motto (vice bibliografica più completa su Wikipedia).

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