di Francesco De Luca
Sono andato a trovare zi’ ‘Ntunino, e poiché la mia era una visita interessata con me ho portato una bottiglia di ‘Montepulciano’. “’U vino? M’hè purtato ‘u vino? A me… ca ne faccio tanto ca nun ce ‘a faccio a beve?‘ U duttore me l’ha proibito!”
Dopo questa sfuriata ho preso coraggio e gli ho sottoposto il quesito.
“Ma insomma… cosa vuoi che ti dica? – mi ha chiesto l’amico – ormai rabbonito”.
“Mi devi spiegare questo motto ponzese: da diciotto a vinte traseno fino a dinto; da vinte a trenta chiamma tu a ggente. Io ho cercato di capirlo ma non ci riesco, mi sembrano frasi senza senso”.
E invece di senso ne deve tenere perché è un antico detto e si sa… i detti sono condensati di saggezza popolare.
Di malavoglia ‘Ntunino dice: “questo motto è riferito alla sorte delle ragazze. Finché erano rigogliose negli anni (fino ai trenta) gli uomini erano attratti e cercavano di entrare nelle loro simpatie in tutti i modi. Con l’età matura (dopo i trenta) cambiava la musica. Allora dovevano essere le ragazze a darsi da fare per attirare l’attenzione degli uomini”.
E poi spiega: erano dinamiche relazionali proprie di una società rurale, o meglio, di una società cementata in stereotipi: la donna è sempre una conquista, giacché aveva la funzione riproduttiva o di piacere; l’uomo era cacciatore per definizione. La società stentava a produrre modi nuovi di strutturarsi, di progredire, di emanciparsi. Era una società cosiddetta ‘chiusa’. Roba del secolo passato, superata dalla convinzione e dalla realtà di oggi.
Come sempre, nelle faccende dialettali, ‘Ntunino è prezioso. Nevrotico in questi ultimi tempi, ma prezioso. La bottiglia di ‘Montepulciano’ non l’ha aperta, ha preferito che ci intrattenessimo col suo vino. Quello che gli fa male – lo dice il suo medico.
La moglie lo controlla anzi, quando procedeva nella spiegazione, faceva mosse ora di diniego e ora di approvazione. Pure per lei, donna all’antica, è impensabile oggi la soggezione della donna all’uomo.
I detti sono il frutto del tempo in cui si manifestano. Sono indicativi per quella società con quel tipo di legami e di valori.
Oggi il cammino verso l’allontanamento da quel modello culturale è evidente. Rimane la formula dialettale. La scovò Ernesto Prudente e la inserì nella raccolta che ho sotto gli occhi.
Non insegna più niente e serve come cimelio. Il che rinforza la posizione di ‘Ntunino che mi sconsiglia di attribuire alle massime antiche un valore imperituro.
Mi congeda: ‘i viecchie deceveno sti parole insieme a nu bicchiere ‘i vino, quanno nun teneveno che ffà. Erano passatiempo’.
Lo lascio. Sta seduto fuori al cortile, col panorama del porto spalancato ad arco, le vigne intorno che pettinano la collina, un gheppio che fa l’angiulillo sopra la testa. Biate a isso!
NdR: l’immagine di copertina è una vecchia stampa acquerellata epoca prima metà del Novecento, serie degli antichi costumi e mestieri. Incisore C. Martorana