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Kenneth Eugene Smith è diventato il primo condannato a morte americano ucciso usando una “maschera ad azoto”.
È stato giustiziato giovedì sera, 25 gennaio 2024, nell’Holman Correctional Facility di Atmore, in Alabama. Nuovo capitolo di una pratica che continua ad assimilare gli Stati Uniti ai Paesi più retrogradi del mondo, anche se negli ultimi anni le esecuzioni sono fortemente diminuite.
Qui di seguito un commento di Guido Del Gizzo.
La Redazione
Al di là dell’antiamericanismo tipico della mia generazione, ho sempre trovato sorprendente la definizione degli Stati Uniti come “la più grande democrazia del mondo”.
Da quando la Commissione Warren ha avallato la teoria della “pallottola magica” – il mitico reperto 399, che secondo gli esperti avrebbe cambiato traiettoria altre quattro volte, dopo aver colpito il presidente Kennedy – la credibilità delle istituzioni americane mi sembra quantomeno discutibile.
Si potrebbe elencare una lunga serie di fatti – a cominciare dalla ricerca delle armi chimiche di Saddam Hussein – ma il fatto che più di altri ne dimostra la fragilità, a mio avviso, è l’esecuzione per anossia, cioè per soffocamento – questo significa “con l’azoto” – di Kenneth Smith, appena ieri (1).
Non solo, e già basterebbe, l’esecuzione di una condanna a morte: ma il modo in cui ciò è avvenuto denuncia la perdita, da parte di chi l’ha deciso, della qualità più importante che abbiamo, la nostra umanità.
Possiamo discutere all’infinito sulla razionalità dei sistemi complessi, sulla selezione delle classi dirigenti, sui modi di governo: tutti questi temi, però, ci riportano, in modo ineluttabile, alla splendida fallibilità e imperfezione della nostra condizione, come recita una emblematica frase idiomatica anglosassone, “we’re only human”, siamo solo esseri umani.
E’ una cosa grossa, essere e, soprattutto, restare degli esseri umani.
Malgrado la realtà ci ponga difronte, continuamente, a delle circostanze comiche: come un Parlamento che votò che Karima El Marough era verosimilmente la nipote di Mubarak, o come quando un tipico americano, un vero personaggio da telefilm, nel lontano 1989, davanti ad una Won ton soup in un ristorante cinese a DeLand, in Florida, mi propose di collaborare con la CIA, visto che frequentavo gente seria ( ex militari, per lo più elicotteristi e piloti) e stavo lavorando per una multinazionale americana.
Oppure circostanze drammatiche, come le guerre in corso.
Eppure, l’unica soluzione possibile resta la nostra umanità, i nostri semplici dubbi, i nostri ragionamenti banali.
Nella notte tra il 25 e il 26 settembre 1983, Stanislav Petrov, un ingegnere sovietico, militare, era al suo posto di lavoro, in una base a sud di Mosca: era addetto al controllo dei sistemi missilistici.Il mondo era in una fase “calda” della guerra fredda: gli americani stavano piazzando i loro missili “Cruise”, ricordate, in giro per il mondo.
Lavoravo – e abitavo – in un’azienda alla periferia di Catania, all’epoca: la notte sentivamo il rombo dei Galaxy, grandi aerei da trasporto che ci passavano sopra, diretti a Sigonella, e di giorno riconoscevamo gli Awacs in volo, con la loro antenna a forma di disco, montata sulla fusoliera dei Boeing.
La storia è nota: il più sofisticato ed avveniristico sistema di controllo balistico, delle più letali armi di distruzione di massa esistenti, emise un allarme, indicando l’arrivo di cinque missili nucleari americani.
Il protocollo era chiaro: dare l’allarme generale, informare la gerarchia e rispondere all’attacco.
Ma Stanislav Petrov non lo fece. Si fermò a riflettere e non lo fece. Che senso aveva lanciare, di sorpresa, “solo” cinque missili nucleari?
Arrivò alla conclusione che il sistema si era sbagliato, che i satelliti erano stati ingannati da un riflesso della luce solare e aspettò. E ha salvato tutti noi.
Due settimane dopo fu redarguito per trascuratezza nella tenuta dei registri di presenza.
Abbiamo appreso di quest’episodio solo vent’anni dopo; Stanislav Petrov è sconosciuto ai più, mentre dovremmo dedicargli tutte le scuole del mondo. E chissà quanti altri Stanislav ci hanno salvato la pelle, in questi decenni (di questi “miracoli” già si è scritto sul sito: leggi qui).
La nostra “umanità” può salvare il mondo.
La nostra disumanità invece uccide, in modo barbaro e crudele, Kenneth Smith, efferato assassino, e un po’ anche tutti noi.
Note
(1) – Da Redazione ANSA del 26 genn. 2024
BRUXELLES – L’Unione europea esprime “profondo rammarico” per “l’esecuzione di Kenneth Eugene Smith avvenuta ieri nello Stato dell’Alabama, costretto a respirare azoto puro”.
“Secondo i maggiori esperti, questo metodo è una punizione particolarmente crudele e insolita”, scrive il Servizio d’azione esterno dell’Ue. “L’Ue – si legge nella nota – si oppone fermamente alla pena di morte in ogni momento”.
È la prima volta che tale controversa modalità viene usata negli Stati Uniti per una condanna a morte da quando è stata introdotta l’iniezione letale nel 1982. Smith è stato dichiarato morto alle 20:25 locali, dopo che l’esecuzione è stata rimandata di alcune ore per attendere l’esito dell’ultimo appello alla Corte suprema americana. L’uomo, condannato per un omicidio commesso nel 1988 si trovava nel carcere di Holman da 34 anni.
Qui la notizia su la Repubblica: https://www.repubblica.it/esteri/2024/01/26/news/kenneth_smith_esecuzione_azoto/
(2) Alcuni film, tra tanti (NdA):
– Stato di allarme (The Bedford Incident, 1965)
– Wargames (1983)
– La quarta guerra (The Fourth War, 1990)
– Allarme Rosso (Crimson Tide, 1995)