Ho appreso con dolore la notizia della scomparsa di Adalgiso Coppa, avvenuta l’altro ieri a Latina nella casa della figlia Maria Civita. Aveva 99 anni, era nato a Ponza il 23 dicembre 1913. Ho avuto il piacere e l’onore di conoscere da vicino questa straordinaria persona per aver militato per anni nello stesso partito – quando esistevano i partiti, le sezioni e la militanza.
Nel 1944 è tra i fondatori della sezione del PCI di Ponza, insieme al segretario Curcio Temistocle, a Vincenzo Bosso e ai fratelli Picicco. Uomo intelligente e onestissimo, giusto e severo, pieno di umanità, nemico delle ingiustizie. Nel 1985 divenne assessore nella lista civica “Unità popolare” distinguendosi per zelo e abnegazione. La fine prematura di quell’esperienza politica, dovuta all’estremismo di alcuni “indipendenti”, lo segnò profondamente e lo portò a ritirarsi a vita privata dedicando le sue ultime forze alla campagna, che amava profondamente.
Durante le interminabili riunioni in sezione, mi raccontava delle sue esperienze di guerra, del confino politico, delle battaglie politiche a Ponza e delle difficoltà per i comunisti di vedere riconosciuta la loro presenza sul territorio.
Una volta mi raccontò il seguente episodio. Era il 1952 e a Ponza la contrapposizione politica tra la Democrazia Cristiana e le forze di sinistra – che nelle elezioni politiche del 1948 raggiunse il culmine – era ancora molto forte.
Si consideri che un decreto della Congregazione del Sant’Uffizio, pubblicato il 1° Luglio 1949, scomunicava di fatto i comunisti. In diverse parti d’Italia tale decreto venne reso pubblico attraverso manifesti del seguente tenore:
“Avviso Sacro
Fa peccato grave e non può essere assolto
- 1. Chi è iscritto al Partito Comunista.
- 2. Chi ne fa propaganda in qualsiasi modo.
- 3. Chi vota per esso e per i suoi candidati.
- 4. Chi scrive, legge e diffonde la stampa comunista.
- 5. Chi rimane nelle organizzazioni comuniste.
È scomunicatoe apostata e chi, iscritto o no al Partito Comunista, ne accetta la dottrina atea e anticristiana; chi la difende e chi la diffonde. Queste sanzioni sono estese anche a quei partiti che fanno causa comune con il comunismo.
Decreto del Sant’Uffizio – 28 giugno 1949
N.B. Chi in confessione tace tali colpe fa sacrilegio: può invece essere assolto chi sinceramente pentito rinuncia alle sue false posizioni”.
Le masse cattoliche seguirono tali precetti e l’ondata di anticomunismo pervase l’Italia. Chi era comunista era malvisto e scambiato per un senza Dio, non poteva arruolarsi nelle forze armate, non poteva espatriare negli USA, veniva ostacolato nella carriera nei posti statali, e nelle attività di commercio con estrema difficoltà gli venivano rilasciate le dovute licenze.
Anche a Ponza si respirava questo clima, e il parroco Dies applicò con zelo le direttive dell’Avviso Sacro e non perdeva occasione per attaccare i comunisti in chiesa, durante l’omelia, dicendo che se in Italia nel 1948 avessero vinto i comunisti, questi avrebbero trasformato la chiesa in un cinematografo. Le reiterate prediche del parroco divennero presto oggetto di discussione nella locale sezione del PCI e qualcuno decise che l’arroganza del parroco e il cattivo uso del suo ufficio non potevano essere accettati supinamente. Alfonso Fossi, sposato con una donna di Ponza, ex confinato, comunista toscano tutto d’un pezzo, un duro, un giorno, al colmo dell’esasperazione per i continui attacchi del prete, disse ad Adalgiso: “Adalgiso, a te lo posso dire: quel pretaccio lo faccio fuori!”. Adalgiso lo sconsigliò vivamente di fare sciocchezze e lo invitò alla pazienza e alla tolleranza. Ma anche Adalgiso trovava riprovevole il comportamento del sacerdote e pensò di dargli una lezione. Si era alla vigilia del Corpus Domini, nel mese di giugno del 1952. La sezione venne riunita e Adalgiso chiese la parola: “Non si offendano i compagni che non chiamerò, ma ho bisogno di 12 uomini di fiducia per una missione di cui per ora non posso dire altro”. Selezionati i più audaci disse loro: “Domani mattina alle ore nove presentatevi con abiti festivi, cravatta, distintivo con stella rossa e falce e martello al centro, presso la bottega del barbiere a S. Antonio”(il negozio del barbiere era situato negli attuali locali “Saperi e sapori”, all’imboccatura della via Panoramica). Così fu. L’indomani i giovani furono puntuali, ma ben presto cominciarono a vedersi in giro dei gruppetti di democristiani allarmati e insospettiti dalla presenza per strada, massiccia e inusuale, dei comunisti. Adalgiso capì a volo la situazione e per stornare l’attenzione comandò al drappello di dirigersi verso Giancos. I democristiani si sentirono così più tranquilli e si allontanarono verso il porto. I giovani comunisti salirono per la scalinata di Iozzi e raggiunsero velocemente la cappella della S. Croce, da dove comodamente si dominava il sottostante piazzale di S. Antonio. Notarono con soddisfazione di aver confusi e dispersi i democristiani. Decisero così di dividersi e di darsi appuntamento sul sagrato della chiesa poco prima dell’uscita della processione prevista per le 9,30.
Al momento opportuno Adalgiso entrò in chiesa e riuscì ad accaparrarsi i 12 stendardi delle varie congreghe, consegnandoli nelle mani dei compagni. Lo stendardo di raso rosso del Cuore di Gesù lo affidò al compagno Carminuccio di sopra Giancos, con queste parole: “Tieni questo stendardo, a processione iniziata lo darai a me.” La gente in chiesa guardava quello strano movimento di stendardi e rimase interdetta. Il parroco Dies non osò nemmeno uscire dalla sagrestia. Un suo emissario si recò da Adalgiso e allarmato gli disse: “Ma che stai combinando?…stai guastando la festa!…il parroco ha dato ordine di annullare la processione”. Adalgiso rispose: “Non stiamo facendo nulla di male, la tradizione del nostro paese vuole che gli stendardi vengano distribuiti ai fedeli, e noi siamo cittadini e fedeli come gli altri!” Sopraggiunsero i carabinieri. Il maresciallo individuò ben presto in Adalgiso il capo di quella turbativa e gli chiese: “Sei tu Adalgiso Coppa?” Adalgiso prontamente rispose: “Sissignore, in cosa le posso essere utile, maresciallo”.
“State turbando la festa…”
“Non stiamo facendo nulla di male. E’ tradizione del luogo partecipare alla festa!”
“Si, ma quei distintivi che portate all’occhiello?”
“L’anno scorso li hanno portati i democristiani, e non c’è stato scandalo. Noi siamo più cattolici di loro!”
“Desistete, altrimenti succedono disordini…”
“Dipende solo da voi marescia’…se accadranno disordini voi sarete i responsabili. Dite al parroco di non temere nulla e di fare uscire la processione…noi siamo cittadini uguali agli altri!”
Con un’ora di ritardo la processione uscì, con gli stendardi ben saldi nelle mani degli scomunicati comunisti, due dei quali affiancavano il parroco Dies che portava l’ostensorio. Lo scalpore fu tanto, lo sconcerto dei democristiani indescrivibile, l’imbarazzo del parroco evidente, la soddisfazione dei comunisti immensa. Avevano vinto la loro sfida, quella di dimostrare a tutti di essere cittadini e buoni cattolici come gli altri…più degli altri. E tutto finì bene.
Questa era la tempra di Adalgiso!
La sua salma arriverà a Ponza lunedì 7 intorno alle 10,30 con la nave proveniente da Terracina. Seguirà subito dopo la messa funebre.
Al fratello Giosuè, alla figlia Maria Civita, al genero e ai nipoti le mie più sentite condoglianze.
Addio, carissimo Adalgiso!
Gino Usai
Silverio Tomeo
7 Ottobre 2012 at 17:02
Che la terra gli sia lieve! Mi unisco commosso alle condoglianze alla sua famiglia e alla mia cara cugina Maria Civita.
Grazie a Gino Usai per il ricordo che ci restituisice la figura di militante comunista di Adalgiso in tempi in cui era scomodo esserlo. Aggiungo che lo ricordo come uomo mite e pacato, spesso taciturno, chino sulle opere della campagna-giardino che curava. Uomo dell’altro secolo, è vero, di cui aveva attraversato contraddizioni e tragedie, responsabilità e passioni. Lo sorpresi un pomeriggio sul Pizzicato, lui taciturno, a parlare apparentemente da solo: in realtà colloquiava ancora con il figlio – scomparso prematuramente – un colloquio che neppure la morte aveva fermato. Anche suo figlio Peppe, come tante e tanti della sua generazione, aveva preso parte a forme di impegno radicale nella sinistra di movimento degli anni ’70.