di Francesco De Luca
A Ponza le guerre si figurano come spezzoni di film. In un canale televisivo uomini scalmanati si agitano fra macerie di palazzi alla ricerca disperata di un’ambulanza; in un altro gruppi di militari equipaggiati come marziani entrano di soppiatto in un tunnel scavato, stretto e male illuminato, si muovono guardinghi in cerca di qualcuno da uccidere. Vengono indicati come palestinesi, come israeliani, talvolta come ebrei, o arabi.
Andamento stranamente opposto hanno le scene girate nelle sedi del Potere. Qui Netanyahu con calma e fermezza dichiara che il suo fine è annientare il nemico. Biden, pur con passo malfermo, si dissocia, ma verbalmente; Putin ed Erdogan si atteggiano a vittime, mentre Zelensky pare uno desideroso di riprendersi la scena perduta.
Qui, a Ponza, le guerre sono ‘espressioni’ da social media, con vittime come le comparse di un colossal: muoiono senza dolore evidente.
Qui la socialità partecipata è attirata dagli spari alle beccacce, che sembrano essere ricomparse; dalle corse dei traghetti che ballettano dietro alle previsioni del tempo. Che è strano: appare calmo eppure le navi non abbandonano il porto. Come a lasciare che su questi scogli (le isole) la gente palpiti per più modeste attese (che venga la nave e porti il pane di Velletri!), che si attivi per più infimi traguardi (chistu vierno sarrà senza rutunne pecché ‘nce sta chi ‘i pesca!); che ci si accontenti di consumare il tempo nell’ozio degli anziani; che ci si bei dei languori dei tramonti.
E sono i languori dei tramonti, le solitudini delle mattinate, i silenzi delle strade, la soverchiante presenza dei vecchi sulla rara gioventù a signoreggiare. Con una sua poesia, certo, e insieme con un desolante dispetto.
Il sentore di una spirazione ad una società che tuteli l’esistente e osteggi la solidarietà civile, passa sull’isola come vento.
La socialità partecipata, rarefatta e inconcludente, lascia spazio all’individualismo attivo. Che maleodora di complicità, tanto è protervo e nocivo. Perché sappiamo, lo abbiamo già visto nei decenni passati, esso si acquieta nella mediocrità, a danno della comunità.
Non credo che nello stato attuale di precarietà sociale, la comunità ponzese possa permetterselo.
Caro Pasquale, la mano ha il palmo e il dorso. Uno accoglie e avvinghia, l’altro rigetta e offende!