di Luisa Guarino
Ho partecipato ieri ai funerali di Ernesto, dopo aver appreso della sua scomparsa domenica, mentre mi trovavo dall’altra parte dell’Italia, sull’Adriatico. Ernesto e funerali: una maledetta ‘contraddizione in termini’! Cosa ha a che fare lui con la morte? Il suo sorriso, il suo sguardo color del mare di Palmarola non possono sparire così. Tant’è che resteranno sempre negli occhi e nel cuore di tutti noi che lo abbiamo conosciuto e l’amiamo. Come immaginare ora il Welcome’s senza la sua presenza, lui che ti viene incontro e ti saluta con un’accoglienza che ti scalda subito il cuore e spalanca le porte a un’altra estate? Lui che dopo un istante dice “Ti ho dato il mio ultimo libro?” e corre a prenderlo per fartene dono. Ieri sul sagrato della chiesa le sue opere sono state distribuite ai presenti, con la stessa prodigalità che caratterizzava l’autore. Durante la messa Carlo Marcone, che per l’occasione ha fatto un po’ da cerimoniere, mi ha chiesto di leggere la Prima lettura e il Salmo responsoriale: non l’avevo mai fatto, ma davanti allla bara di Enesdto ricoperta di anturium verdi e orchidee non potevo tirarmi indietro. Al termine della messa officiata da don Ramòn affiancato dal diacono Aniello De Luca, in diversi hanno preso la parola per un saluto e un omaggio a Ernesto: Giosuè Coppa in doppia veste di vicesindaco e amico fraterno; Paolo Iannuccelli, giornalista, che ha conosciuto Ernesto nel ’90; Mirella Romano, amica di famiglia di sempre, che si è rivolto a lui come ‘piccolo grande uomo’; Daniele Coraggio, di Ventotene, giovane presidente della Comunità dell’Arcipelago ponziano; Elio Altomare, leggendario comandante dell’aliscafo Alioth Caremar, che nel Welcome’s aveva il suo quartier generale e in Ernesto uno dei più importanti punti di riferimento; capo Carlo Nigro, per diversi anni a capo della Capitaneria di porto dell’isola. In nessuno di loro parole retoriche o di facciata, ma sentimenti forti, consapevolezza dolente, commozione autentica, rispetto, riconoscenza, insieme al desiderio che la sua passione, trasmessa con generosità, per la storia e le tradizioni ponzesi venga portata avanti da noi tutti, dai figli, ma soprattutto dai nipoti Tamara e Ernesto jr, nonché dai giovani, che lui, maestro elementare per oltre trent’anni, ha sempre amato.
Non l’ho mai chiamato zio Ernesto, poco più di vent’anni di differenza non mi hanno mai motivata a farlo. L’ho sempre chiamato semplicemente per nome, e con il passare degli anni l’ho incontrato ogni volta con una tenerezza nuova, tant’è vero che non mi bastava abbracciarlo, ma ogni volta dovevo aggiungere una carezza a quella sua barba che lo faceva un po’ artista e un po’ Robinson Crusoe. Come se sentissi il bisogno di prolungare un contatto che quando non c’era mi mancava. La sua ultima apparizione pubblica, se non erro, è stata a luglio in occasione della serata organizzata da Ponza Racconta e curata da Gennaro Di Fazio, dedicata alle linee di navigazione di Ponza dai Borbone alla Span. Una presenza particolarmente apprezzata poiché tutti sapevamo quanto fosse gravoso per la sua salute un impegno serale.
Ma lui non si risparmiava, e la sua vita l’ha vissuta a pieno, come ha voluto.
Anche adesso che apparentemente non lo vedremo più, il suo spirito libero continuerà a librarsi alto con i gabbiani sul mare, calmo o in tempesta. E se non lo incontreremo di persona, facciamo conto, come dice la mia cara Luciana, sua moglie, che Ernesto se ne stia per un tempo un po’ più lungo del solito là, in quella Palmarola incantata di cui era il re.
Luisa Guarino