.
Sono andato a salutare Ernesto sulla banchina di Formia, insieme a tanti, tanti ponzesi che lo aspettavano. Poi l’abbiamo accompagnato con un fragoroso applauso sul traghetto che lo portava a Ponza per essere sepolto in un lembo di terra a ridosso del mare, in quel nostro lembo di terra sperduto nel mare.
Diceva che “la vita e la fine della vita non sono altro che una strada che ciascuno, a questo mondo, deve saper percorrere anche senza luce”.
Ora siamo noi a restare senza luce, la sua luce. Una luce che illuminava, che stava lì, fissa come un sole. Una presenza rassicurante, che dava certezza e protezione. Protezione da cosa, da chi? Da quanti hanno cercato di mettere le mani su Ponza e sui ponzesi. Era cordiale e ospitale con tutti, ma guai a toccargli i ponzesi.
Noi ponzesi Ernesto l’abbiamo sempre percepito come un padre nobile, un sicuro punto di riferimento. Qualsiasi sindaco governasse il vero primo cittadino restava lui. Perché il primo a indignarsi di fronte alle storture alle arroganze e ai soprusi, il primo a difendere la comunità dagli attacchi esterni, il primo ad intervenire in caso di soccorso, il primo della fila nelle grandi battaglie. Lo ricordiamo negli anni Settanta battersi per i diritti dei pescatori, mettere fine allo scempio della Samip e portare alla carica di sindaco, insieme ad una vasta alleanza democratica, il compianto don Mario Vitiello, segnando così una svolta importante nelle vicende amministrative dell’isola. Ovunque c’era bisogno trovavi Ernesto.
Ora questo punto di riferimento non c’è più e ci sentiamo un po’ orfani di padre, in un periodo particolarmente difficile della nostra isola.
Ma noi ora siamo chiamati a non dimenticare il grande esempio che Ernesto ha rappresentato per tutti, a fare nostra la sua umiltà, la sua generosità, il suo coraggio, la sua dignità, e la sua grandissima onestà. Non dobbiamo disperdere questo immenso patrimonio morale. Ernesto da buon maestro, ci ha lasciato molti compiti a casa da fare. Ora tocca a noi non disperdere la sua grande lezione e metterci a fare i compiti con diligenza. Lui da lassù ci guarderà, con quegli occhi azzurri come il nostro mare, e con quel sorriso bonario e burbero ad un tempo, ancora una volta saprà indicarci la giusta rotta affinché tutti i ponzesi uniti sappiano riscattare il futuro di Ponza e riprendersi l’onore perduto.
Addio, caro e dolce amico.
Gino Usai