di Francesco De Luca
per la prima parte (leggi qui)
Sull’isola di Zannone nel 976 avvenne qualcosa di eccezionale giacché vi andò per concessione dell’abate di S. Angelo e S. Magno di Sperlonga il monaco Giorgio. Dietro di lui altri scelsero l’isola quale dimora per seguire in libertà e pace la fede in Cristo. Diedero vita, probabilmente, ad un insieme di monaci solitari. La cosa non dovette essere del tutto inconsueta giacché l’isola era stata in passato rifugio di anime devote, dedite a vita di preghiera.
Occorre giungere al 1218 per trovare che Gregorio, abate del monastero di san Micheleù Arcangelo, concedette in uso l’isola di Zannone e il monastero ivi esistente a frà Pietro de Sennona e ad un certo numero di frati residenti nell’isola ( donde probabilmente la qualificazione attribuita a Frà Pietro ) ( pag 102 – Apollonj Ghetti ).
E dunque, monaci erano presenti sull’isolotto e dimoranti anche in un edificio, e, verosimilmente, organizzati in una comunità religiosa dell’ Ordine benedettino. Insidiati in modo continuo dai corsari musulmani, e senza difesa da nessuno degli Stati interessati (Bizantini, Stato della Chiesa, Repubblica di Amalfi ).
La loro fu una presenza efficace, che si accomodò in un vasto edificio con mulino a vento, con una comoda strada intagliata nella roccia che portava al Varo, ovvero
all’approdo a mare, provvisto di una grotticina per mettere a secco una barca, con a fianco una peschiera di fattura romana ( dimostrata dalla sua esecuzione ) per tenere al vivo i pesci pescati.
L’isola fu coltivata dai monaci per il loro sostentamento. Nel 1267 adottarono la regola cistercense.
Il tutto trovò fine nel 1295. Quando si fuggì dall’isola perché minacciati mortalmente dai corsari Mori ( chiamati pure Saraceni, Musulmani, Turchi ).
Si insediarono nella piana di Arzano, in prossimità di Gaeta, e qui edificarono un altro monastero, chiamato Santa Maria di Sennone.
E a Ponza?
A Ponza fu determinante la volontà di papa Innocenzo III ( dei Conti di Segni ) che il 27 aprile 1202 autorizzò il sacerdote Gaetano Pietro Spinelli a riaprire l’abbazia di Santa Maria in Ponza, dove si insediò una comunità monastica di stampo cistercense.
La determinazione di Innocenzo III fu certamente influenzata dalla conoscenza che aveva del monaco Raynerius de Pontio ( 1130, 1207 ) di origine isolana, della cui
esperienza si era servito come legato pontificio, per dirimere delicate questioni politiche e dottrinali, e che, pressato nel fisico, scelse di ritornare a vivere ( e morire ) nella sua isola. La Badìa di Santa Maria in Ponza ebbe risonanza importante nello Stato della Chiesa.
Finì nel 1495, mentre era abate frà Giovanni Corriger, a causa delle molestie continue dei corsari saraceni.
Anche questa volta i monaci con al seguito le famiglie, che con loro dividevano il lavoro nei campi, si spostarono in continente.
Questa volta si fermarono a Mola di Gaeta dove edificarono un monastero dedicato alla Santa Vergine. Nella chiesa depositarono il quadro della Madonna portato da Ponza. Resti di tale insediamento sono presenti a Formia in via Madonna di Ponza.
Sono terminati gli esodi e io mi sono tolto un peso dallo stomaco. Il dubbio di essere stato superficiale con l’amico Giovanni penso di averlo colmato. Anche se, a onor del vero, Giovanni mi è servito per rinverdire talune date.
E tuttavia le vicende, quelle narrate, si presterebbero a considerazioni ulteriori. Non di marca storica bensì sociale. Perché la mancanza di una popolazione stabile e residente ha causato che le isole ponziane siano state nei millenni prive di ‘memoria’ culturale. La
quale ha iniziato a produrre contenuti con la ‘colonizzazione borbonica ’( 1734 ).
Sottolineo questa ‘mancanza’ per evidenziare che le isole sono state assunte, da quelli che a più riprese vi hanno dimorato, come ‘terre vergini’, sulle quali poter narrare a piacimento, prive com’erano di ‘memorie’. Di vicende vere o false, inventate o reali. Al contrario, un luogo con memoria storica acclarata impone un impatto residenziale con più rispetto, in ossequio a quanto tramandato.
A corredo faccio notare che i molteplici esodi, tutti marchiati di tragicità, hanno reso inefficace ogni ritrovamento della salma di Silverio, papa e martire, che a Ponza terminò la sua vicenda terrena. Alla sua morte ( 537 d.c. ), già esisteva sull’isola una comunità religiosa che certamente tenne im gran pregio la salma del pontefice. La quale si è persa nelle vicende del tempo. Di quel tempo molto burrascoso, come ho narrato.
I Papi vengono sepolti in Vaticano ma la salma di san Silverio non c’è nelle Grotte Vaticane. E nemmeno è fatto cenno alcuno di una sua sepoltura nell’ isola. Di domande ce ne sono da farsi!
Questo argomento vuole suggerire che la ‘piccola storia’ di cui le isole ponziane possono vantare paternità, va studiata . Sia perché il momento epocale lavora contro ogni passato, influenzati come si è dal nuovo a tutti i costi, sia perché la collocazione nel ‘futuro storico’ esige che si abbia una peculiarità culturale, una differenziazione riconoscibile, pena la morte nell’appiattimento, nell’indifferenza, nell’omologazione. Il futuro attribuisce valore a ciò che ha connotati distintivi.
In soldoni: se non si ha un dialetto si finisce con l’uniformarsi all’inglese prevalente; se non si ha una cucina tradizionale si è fagocitati dalle mode di master-chef; se uno scoglio è privo di un nome proprio lo si choama ‘arco dell’amore’, che, proprio perché vuol dire tutto, non dice niente.
[Gli esodi dei Monaci dai monasteri di Ponza (2^ parte)- fine]
Fonti storiche: Mattej Pasquale – L’arcipelago ponziano – 1857; Tricoli Giuseppe – Monografia per le isole dl gruppo ponziano – 1859; Apollonj Ghetti – L’arcipelago pontino – 1968; Corvisieri Silverio – All’isola di Ponza – 1985; Massari-Lamonica-Ferraiuolo – Il racconto di Ponza – 2016.
Giovanni Nappi
10 Ottobre 2023 at 15:08
Caro Franco
ho letto con interesse le tue precisazioni a seguito della nostra conversazione sulle migrazioni di antichi abitanti di Ponza, per lo più legati a insediamenti religiosi, in giro per l’Italia.
Cio’ spiega il legame di alcuni insediamenti con l’isola che io non conoscevo; apre però tanti interrogativi come tu stesso hai evidenziato per la mancanza di una memoria storica accertata.
Cari saluti da un’altra isola (Ibiza)
Giovanni