Usi e Costumi

Ultimo bagno di stagione

di Francesco De Luca

 

C’è un mare oggi che invita, anche per il sole insistente e oppressivo. E’ ottobre, lo so, ma non ho impegni che possano frenare. La vita dell’isola procede ormai con la marcia che il tempo ha consolidato: a passo lento, consenziente. Quando il vento e il mare non impongono con forza azioni e sentimenti sull’isola tutto appare possibile alle forze degli isolani.

Io le forze le ho assottigliate con l’età ma quello che manca in vigore lo mette la determinazione.

Stacco l’ormeggio dietro la Caletta e avvio il motoscafo. Siamo in due: io e mia moglie. Dove dirigiamo? A noi è sempre piaciuta di più la costa est. Le cale del Calzone Muto, del Fieno sono state testimoni di momenti di godimento ma… con l’età si insinua una sorta di fattore ‘contrario’. “Andiamo al Fortino” – suggerisce mia moglie.

Il Fortino! C’è una piccola protuberanza che si erge fra la spiaggia di Frontone e la spiaggia del Core. Un piccolo bastione dove i Borbone edificarono in alto una fortificazione, mimetizzata nella roccia. I suoi cannoni incrociavano quelli della batteria Leopoldo (al Cimitero),  come prima difesa; la seconda era rappresentata dai cannoni della Torre, del Lanternino e della postazione armata della Ravia (o forte Bentinck), in modo da rendere impossibile l’ entrata in porto.

Oggi il Fortino è un rudere, stoltamente abbandonato al degrado del tempo.

Dirigo alla base della roccia dove è stato ricavato un minuscolo approdo dai proprietari di quelle quattro-cinque case, edificate lì vicino.

Butto l’ancora. Il posto è riparato, discreto, ma… il sole non ci arriva perché la parete della roccia lo nega. Il che non ci attrae. Soprattutto non ci spinge a tuffarci. Con l’età, e questo vale più per me, non si sopporta l’acqua fredda. A differenza di anni fa, quando nessuna temperatura impensieriva. Il desiderio del mare vinceva su tutto.

Sulla sinistra della costa c’è una larga spianata di roccia bianca, ricoperta dall’acqua per pochi centimetri. Che dire? E’ come una grande vasca dove il sole si appantana riscaldando il tutto. Una goduria. Specie per i bambini e per chi non sa nuotare.

Ecco perché era lì che ci portava mio padre. Con mamma che in acqua non era a suo agio e con i figli, Antonio e io, piccoli.

Mia madre, non ponzese, non amante del mare, bianca di pelle e schizzinosa a piedi nudi fra le alghette e i  rufulille (lumache di mare); papà da lontano controllava con apparente indifferenza; noi, mio fratello e io, a deliziarci nelle piccole fosse a caccia di amperepille (gamberetti). Una volta stufi, andavamo lì dove lo spiano precipita nel fondo. Ricco di vita marina: alghe, granchi, guarracine (castagnola), qualche piccola patella, ricci neri e ricci viola. Senza pinne, senza maschera, con gli occhi aperti e la poca aria nei polmoni.

Un bagno nelle acque del ricordo. Un regalo del tempo. Non cercato. Un vero dono.

Mia moglie, in mare animosa di scoperte, di ritrovamenti, di novità, la vedo che va sul fondo a raccogliere qualcosa. Torna su e mi mostra una cosuccia. E’ la coppa calcarea sulla quale spuntano e si ergono gli aculei del riccio di mare. Questa è stata levigata dal mare e si presenta come un piccolo scrigno. Dove riporremo le sensazioni di questo giorno.

Le vacanze hanno senso quando la vita è così piena di scelte, di impegni, di sopportazioni che c’è bisogno di un intermezzo  ‘vuoto ’, da riempire con l’ozio e il divertimento. Alla nostra età, ove non dirompa la malattia, c’è uno spazio continuo, pieno di ciò che vuoi e puoi fare. La vacanza è la condizione ordinaria.

Una barchetta si avvicina e dà fondo. E’ l’ora in cui i turisti si spargono per le coste. Giusto! E’ l’ora per noi di ritirarci.

Lasciamo ai villeggianti l’esclusività di un rapporto autentico col mare del Fortino. Pulito, trasparente, accogliente.

Per me seducente. Lascio l’immagine di mamma, giovane, col costume nero, delle gare a chi aveva più fiato con mio fratello, di papà che guidava la barchetta a remi.

Quello effettuato è l’ultimo bagno dell’estate passata, ma al Fortino ci vorrò tornare. Per quella emozione che ho condiviso con voi.

2 Comments

2 Comments

  1. Biagio Vitiello

    5 Ottobre 2023 at 08:22

    Vorrei osservare, nell’articolo di Franco De Luca, che viene considerata come fortificazione borbonica la Ravia; questa è una fortificazione inglese fatta da lord Bentik durante l’occupazione inglese di Ponza, del dicembre 1813 (monografia Tricoli pag. 282.
    Le fortificazioni della rada del porto non dovevano poi essere tanto micidiali per le navi nemiche, dal momento che lo stesso lord Bentik, “regitore delle forze inglesi sul Mediterraneo”, provvide a disporre altri cannoni alla Torre, sul mio Belvedere (Masseria del commendator D’Ambrosio) e su agli Scotti (oltre a quelli del campo Inglese e sopra Cala Felci)

  2. Francesco De Luca

    5 Ottobre 2023 at 10:40

    E’ vero, Biagio, quello che affermi: sulla Ravia la postazione militare è inglese. E io infatti non l’attribuisco ai Borbone.

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