segnalate dalla Redazione
In ritaglio-immagine alcuni articoli presi dai quotidiani di ieri e di oggi
Dall’edizione di Latina Oggi del 23 settembre: Abusivismo sull’isola. Disposto l’abbattimento
di Orazio Ruggieri
- Il Comune ha emesso l’ordinanza per due manufatti
- Il provvedimento ha riguardato due immobili ubicati in località Guarini
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Venerdì 22 settembre è deceduto Giorgio Napolitano, Presidente emerito della Repubblica. Aveva 98 anni. La moglie, Clio Maria Bitttoni, nata a Chiaravalle, venne concepita – come si racconta nella biografia – a Ponza. quando i genitori, Amleto Bittoni e Diva Campanella, erano lì confinati. C’era con loro un compagno greco con una figlia di nome Clio: il nome, in quanto laico, piacque e lo scelsero per la loro bambina.
Napolitano, dopo pochi giorni dalla nomina a Presidente, fece visita a Ventotene per rendere omaggio alla tomba di Altiero Spinelli.
Ricorda quell’evento l’edizione odierna di Latina Oggi in un articolo di Orazio Ruggieri: Quella prima visita di Napolitano sull’isola
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Altre notizie riguardanti Ventotene, o meglio Santo Stefano.
Non trova ancora soluzione il provvedimento di nomina del commissario di governo per il recupero dell’ex carcere di Santo Stefano, dopo la fine del mandato,, avvenuta a febbraio, di Silvia Costa. E intanto il comitato di controllo sui lavori di restauro sono mesi che non si riunisce con il rischio di arrecare grave pregiudizio al programma di recupero.
In un articolo di Latina Oggi Graziella di Mambro ricostruisce la vicenda ricordando cosa la politica sta facendo per rimuovere la situazione.
Da Latina Oggi del 24 settembre: Se il carcere non è (più) una priorità
- Interrogazione del Pd al Ministro della cultura: sostituire il commissario. Dopo la nomina di Macioce sostanziale paralisi
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La Redazione propone un commento di Stefano Massini sulla morte di Napolitano
7 Ottobre 2023 at 10:17
Manuale di sopravvivenza
La livella che differenze non fa
di Stefano Massini – Da Robinson (la Repubblica) di domenica 01.10.23
Il principesco Totò, per definire la morte, usò la celebre metafora della livella (*). Era in realtà un concetto antico, che troviamo per esempio nei versi barocchi di Shakespeare: la morte che non guarda in faccia a nessuno, ponendo sullo stesso piano sovrani e sudditi, ricchi e pezzenti. Questa ultima decade di settembre ce ne ha riservato un ennesimo mirabile paradigma, con la scomparsa, a distanza di poche ore, di due diversi, opposti “capi” come Giorgio Napolitano e Matteo Messina Denaro. Il primo un Capo dello Stato, il secondo un capo mafioso, ovverosia di quello che a tutti gli effetti è un anti-Stato, sebbene talora colluso con le istituzioni stesse. Ed eccoli arrivare insieme al traguardo, questi due esseri umani con le loro rispettive scelte di vita, con la loro missione di segno contrapposto, declinata in due simmetriche ascese che curiosamente si svolgono negli stessi anni. È infatti il 1992 quando Giorgio Napolitano viene chiamato al primo prestigioso incarico istituzionale, salendo al più alto scranno di Montecitorio, proprio mentre Messina Denaro giunge a Roma pieno di armi fino ai denti per debuttare nella lunga scia criminale che lo porterà al vertice di Cosa Nostra (per l’esattezza gli fu chiesto da Riina di pianificare nella Capitale i possibili attentati a Claudio Martelli, Maurizio Costanzo e Giovanni Falcone). Insomma il 1992 è per entrambi l’anno della svolta, con il Presidente Napolitano che cerca di tenere l’ordine fra i deputati a cui fioccano gli avvisi di garanzia di Mani Pulite, e il promettente boss che si diploma con la faida di Alcamo, peraltro strangolando anche una donna incinta. Negli anni a seguire cresceranno di statura e importanza, anche per fattori contestuali dal momento che Napolitano sarà fra i pochi politici della Prima Repubblica sopravvissuti a Tangentopoli, mentre Diabolik (così era soprannominato) subentrerà all’apice della Cupola a Totò Riina arrestato nel ’93. A questo punto, fra l’altro, il padrino — già latitante — diventa di diretta competenza di Napolitano, nominato Ministro dell’Interno nel 1996. Durante i vent’anni successivi, questi due uomini incarnano il conflitto fra Logos e forza bruta, sedendo uno al Quirinale e l’altro in un bunker da cui orchestra la miliardaria attività criminale della mafia. Divergenti, differenti, inconciliabili. Ma destinati a trovarsi appaiati davanti alla malattia e alla morte, che sulle lapidi di entrambi riporterà le lettere di “settembre 2023”. La livella, appunto.
(*) – Del componimento di Totò ‘A livella ha scritto sul sito Gabriella Nardacci in data 2 nov. 2015: Assenze… presenti