Emigrazione

Due articoli importanti sull’emergenza migranti: il bambino di tre anni e le vie dell’accoglienza

segnalati da Sandro Russo

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Pur consapevole della comprensibile saturazione e rigetto ad occuparsi di un problema enorme, come quello dell’emergenza migranti, questo sito non elude l’argomento.
Seguiamo due linee portanti: da una parte la riaffermazione dell’umanità dei cosiddetti “migranti” (non sembri ovvio: sono un problema, ma prima di tutto delle persone!); dall’altra la ricerca di soluzioni possibili, possibilmente da condividere e allargare, da parte delle parti politiche, dei governi nazionali, dell’Unione Europea. L’un termine giustifica l’altro, lo rende necessario e urgente.
Segnalo da letture di questi ultimi giorni e stimolato dalla visione del film di Garrone visto di recente – leggi qui -, due articoli dalla stampa (entrambi da Repubblica).

Se Pollicino arriva a Lampedusa
di Massimo Ammaniti (*) – da la Repubblica del 21 sett. 2023

Quantunque le favole abbiano perso la loro attrazione per i bambini, sostituite dai video divenuti ormai indispensabili, riuscivano a mettere in scena le paure e i terrori che turbavano le loro giornate e i loro sogni. Nella famosa favola di Perrault, Pollicino veniva allontanato dalla famiglia perché i genitori non riuscivano per la loro povertà ad allevare i sette figli e anche lui, che era l’ultimogenito, doveva sottostare a questo terribile destino. Pollicino sempre silenzioso riusciva a ritornare a casa lasciando nel suo percorso dei sassolini che gli indicassero la strada. La paura dell’abbandono da parte dei genitori segnava e segna la vita dei bambini che temono di essere abbandonati e andare incontro ad una vita disperata.

Ho fatto riferimento alla favola di Pollicino perché il suo destino si è riproposto per un bambino africano di tre anni arrivato in questi giorni in un barcone di migranti al porto di Lampedusa. Questo bambino, di cui ignoriamo il nome, è giunto a Lampedusa senza genitori accompagnato da un ragazzo africano, ancora minorenne, che ha raccontato la sua storia. In pieno deserto fra la Libia e la Tunisia questo ragazzo, che cercava faticosamente di raggiungere la costa africana, si era imbattuto in questo bambino che arrancava da solo ormai stremato. Preso a compassione il ragazzo, pur non avendo nessuna informazione sul bambino, chi fosse, come si chiamava, che lingua parlasse e dove fossero i suoi genitori, decise di occuparsi di lui e di portarlo con sé nella traversata del deserto.

Si può immaginare questo incontro quasi miracoloso con il piccolo che ha seguito il ragazzo più grande, unica sua possibilità di sopravvivenza quantunque non dicesse una parola e non esprimesse nessuna emozione, dal pianto al sorriso. Se si fosse credenti si potrebbe pensare che Dio avesse mandato questo bambino solo e abbandonato per drammatizzare la terribile condizione dei migranti, che attraversano il deserto, scegliendo proprio lui così fragile e sprovveduto. E allo stesso tempo per mettere alla prova l’umanità che chiude la porta in faccia ai migranti, che come viene mostrato nel film di Matteo Garrone “Io Capitano” corrono rischi mortali, violenze, abusi sessuali, segregazioni pur di tenere viva la speranza per il futuro.

Per fortuna questo bambino ha incontrato questo ragazzo, che come il giovane Tobia della Bibbia, si è preso cura di lui senza troppe esitazioni e senza chiedersi dove fossero i suoi genitori, che forse erano periti nell’attraversata del deserto. E non era un bambino che mostrasse gioia e riconoscenza, chiuso nel suo mutismo seguiva questo compagno più grande che era per lui la sua unica bussola. Insieme sono arrivati a Lampedusa su un barcone e il piccolo è stato preso in carico da psicologi che stanno cercando di avvicinarsi a lui, sapendo bene che la sua chiusura e il suo mutismo sono sicuramente legati ai traumi, alla fame, all’abbandono che hanno pesato sulla sua psiche. Ci vorrà sicuramente del tempo perché si apra e stabilisca dei legami di attaccamento nella famiglia a cui verrà affidato, che dovrà rispettare i suoi tempi in un clima di accettazione e di protezione. Allo stesso tempo si dovrà scoprire che è successo ai suoi genitori, se erano con lui durante la traversata e che cosa è avvenuto oppure se il bambino è stato affidato a qualcuno che partiva per questo viaggio della speranza per garantirgli un futuro migliore di quello che poteva avere in Africa.

Vorrei che questa storia drammatica sciogliesse un po’ il cuore ai guardiani dei nostri confini, per i quali i migranti non sono uomini sono solo dei neri che minacciano le nostre vite. Eppure molti italiani, addirittura milioni, nei primi anni del secolo scorso si avventurarono ugualmente sulle navi per raggiungere le terre promesse, gli Stati Uniti, il Canada o l’Australia sperando in un futuro migliore, non dovremmo dimenticarlo.

La storia di questo bambino dovrebbe essere raccontata dallo stesso Garrone, non solo le sofferenze e le angosce di un bambino africano migrante ma anche il profondo atto di umanità di un minorenne che non si è fatto intimorire dal peso che doveva assumere e dai pericoli che si moltiplicavano nella traversata. E’ stata una decisione di cuore che non hanno quanti si attardano nelle diatribe e nelle meschinerie con cui vengono affrontate le politiche della migrazione. Un’ultima annotazione, dal 2014 ad oggi sono stati circa 100.000 bambini e adolescenti migranti non accompagnati, secondo i dati dell’Unicef, che sono giunti in Europa alla ricerca di un futuro, sarebbe giusto chiedersi che sofferenze hanno vissuto questi minori che hanno lasciato le loro famiglie, le quali a loro volta hanno dovuto sopportare l’angoscia del distacco dai propri figli.

[Di Massino Ammaniti, da la Repubblica del 21 settembre 2023]

(*) – Massimo Ammaniti – Roma 1941. Docente di Psicopatologia dello sviluppo all’Università La Sapienza di Roma, è autore di numerosi libri tradotti anche all’estero tra cui Nel nome del figlio (con N. Ammaniti, 1995), Crescere con i figli (1997), Pensare per due. Nella mente delle madri (2008), Noi. Perché due sono meglio di uno (2014), La nascita dell’intersoggettività (con V. Gallese, 2014), La famiglia adolescente (2015).

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L’intervento
Migranti, la strada dell’accoglienza
di Piero Fassino e Giorgio Gori (*)da la Repubblica del 22 settembre 2023

Servono corridoi umanitari per chi ha bisogno di protezione e canali d’ingresso legali per chi cerca lavoro. Ma in Italia siamo fermi alle parole

Nel presentare i 10 punti della Commissione europea per l’emergenza migranti, la presidente Ursula von der Leyen ha collocato al primo posto due scelte: corridoi umanitari per chi necessita di asilo e protezione e canali di ingresso legale per chi ricerca lavoro e vita dignitosa. Due priorità che, se assunte dal governo italiano, rappresenterebbero finalmente un cambio di strategia.

Nell’affannoso tentativo di “bloccare le partenze” il governo Meloni, infatti, fino ad oggi ha affrontato l’emergenza migratoria con promesse elettorali dissoltesi per manifesta irrealizzabilità — il blocco navale, la chiusura dei porti — e scelte securitarie quali il contrasto all’azione di soccorso delle Ong, la stretta nelle procedure di riconoscimento, il fallimentare accordo con la Tunisia (soldi in cambio di contenimento), la detenzione fino a 18 mesi nei Centri per il rimpatrio.

I risultati parlano da sé: 140 mila sbarchi da gennaio, una gestione caotica, irrispettosa tanto dei diritti umani quanto della legalità e sicurezza dei cittadini.
Che il pugno di ferro sia un efficace deterrente si è già rivelata una pura illusione. Come è velleitario promettere massicci rimpatri quando nel 2022 sono stati meno di 4 mila.
A chi vive nella miseria, nella fame o nella guerra non si può dire semplicemente “stattene lì”. Gli si deve offrire la possibilità di vivere meglio nella sua terra o di accedere a canali di migrazione legale e sicura.
La prima sfida da affrontare è quella di “svuotare” i flussi irregolari. Per questo servono corridoi umanitari e canali d’ingresso legali.

I corridoi umanitari — già sperimentati da Sant’Egidio, Chiese e associazioni di volontariato — richiedono adesso un salto di qualità, con una regia forte assunta dal governo e una gestione da parte delle nostre strutture diplomatiche con il concorso di Oim e Unhcr.
Altrettanto essenziale è l’attivazione di canali legali di ingresso per chi cerca di lavoro. Tutti i settori economici — dalla manifattura all’artigianato, dall’agricoltura al turismo — sono alla disperata ricerca di personale da assumere.

Un’esigenza non soddisfatta dal Decreto flussi varato dal governo (450 mila unità nel prossimo triennio), che si risolve in una “regolarizzazione mascherata” di migranti già presenti in Italia. Ed è significativa la disponibilità degli imprenditori di Treviso e Brescia di inserire nel sistema produttivo i migranti approdati sulle nostre coste.
Ma integrazione vuol dire una cosa ben diversa dell’attuale caotico sistema di accoglienza, ormai ridotto alla sola fornitura di vitto e alloggio.

Richiede percorsi di formazione linguistica e professionale, inserimenti lavorativi e tutele sociali: esattamente ciò che, insieme al coinvolgimento dei Comuni, caratterizza il Sistema accoglienza integrazione (Sai), che il governo con il Decreto Cutro ha precluso ai richiedenti asilo.

La Germania è riuscita in questi anni a integrare un milione e mezzo di profughi. Che l’Italia, un Paese di 60 milioni di abitanti, vada nel pallone per l’arrivo di 140 mila migranti, denuncia tutti i limiti della sua guida politica. Mentre un’Italia capace di accogliere e integrare avrebbe ancor più titolo per chiedere una redistribuzione solidale dei migranti su scala europea.
Naturalmente anche una corretta gestione della migrazione legale non è risolutiva del destino del continente africano che entro la fine del secolo approderà a 4 miliardi di abitanti. Cifra che dice come non ci sia alternativa ad una azione per lo sviluppo dei Paesi da cui originano i flussi migratori.
Ma in Italia siamo fermi alle parole: il Piano Mattei è una scatola vuota senza progetti e finanziamenti. L’Europa a sua volta balbetta, prigioniera degli egoismi nazionali. Ed è anche su questo che va incalzata.

(*) Piero Fassino è deputato Pd, Giorgio Gori sindaco di Bergamo


[da la Repubblica on-line del 21 settembre 2023]

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