di Adriano Madonna
Ormai se ne parla dappertutto: giornali, televisione, social. È diventato quasi un teatro. Il protagonista è il granchio blu, primo attore che calca con successo il palcoscenico del Mediterraneo.
Il granchio blu (Callinectes sapidus)
(foto dal web)
Una nuova specie di crostaceo ha colonizzato il Mediterraneo sempre a causa del riscaldamento globale, quindi nell’ambito degli effetti della
cosiddetta tropicalizzazione, che ha visto una divisione degli scienziati su due fronti diversi: c’è chi imputa il riscaldamento globale a cause naturali e chi, invece, ad attività antropiche Probabilmente, come spesso accade, in medio stat virtus, la verità è nel mezzo: il riscaldamento globale forse è un fenomeno naturale ma coadiuvato dalle attività umane che hanno ispessito esageratamente la cappa di gas serra attorno alla Terra.
Ma torniamo al nostro crostaceo che tanto ci sta a cuore, il cosiddetto granchio blu (noto anche come granchio reale o granchio reale blu), scientificamente Callinectes sapidus, che proviene dalla costa occidentale dell’Atlantico, quindi dall’America (Nord America e Sud America), dove viene pescato in grandi quantità grazie alle sue carni pregiate al pari di quelle dell’aragosta e dell’astice.
Questo crostaceo, che come tutti i granchi appartiene al sottordine dei brachiuri, si può definire una specie ubiquitaria, poiché vive in ambienti con caratteristiche fisiche e chimiche molto diverse, tant’è che si trova addirittura sul fondo melmoso delle foci dei fiumi, permanendo tranquillamente in acque con salinità intorno al 3 per mille.
Tutti gli organismi marini che vivono senza problemi in acque con livelli di salinità diversi vengono definiti eurialini. Il granchio blu, quindi, è una specie eurialina e in base a quanto si dice e dove si trova, azzarderei l’ipotesi che il 35 per mille di salinità media del nostro mare per il nostro amico è sopportabile ma forse eccessiva, infatti preferisce di più le acque salmastre, come quelle delle lagune verso Chioggia, dove fa strage di vongole ed è diventato un problema per gli allevatori.
Ma adesso viene fuori la “cosa all’italiana”: come abbiamo accennato, il granchio blu ha carni pregiate che potrebbero costituire qualcosa di prezioso nell’ambito del mercato ittico e infatti sul banco di qualche pescivendolo già c’è, ma deve essere venduto di nascosto perché ancora non c’è un permesso di vendita. In pratica, gli organi competenti ancora non hanno ufficializzato che il granchio blu ha di diritto il suo posto al mercato ittico, dove può essere venduto alla luce del sole in piena legalità. E i milioni di granchi blu che vengono giornalmente tirati su dalle lagune dove ci sono gli allevamenti di vongole? Al momento vengono inceneriti. Potrebbero essere venduti e invece vengono distrutti. Potrebbero essere venduti come prodotto fresco, potrebbero essere presi in considerazione dall’industria conserviera: la polpa di granchio viene commercializzata anche in scatola e non costa proprio pochi euro. E infine, il nostro granchione potrebbe trovare il suo posto nel banco dei surgelati. Al momento, però, niente di tutto questo perché si aspetta che “siano pronte le carte” prima di immettere il granchio americano sul mercato.
Il primo granchio blu osservato a Gaeta risale a circa tre anni fa e si deve al pescatore professionista Damiano Di Nitto, che lo trovò ammagliato nella sua rete e me lo portò. Lo osservai, lo fotografai e lo liberai, poiché tutto ciò che è vivo e che passa tra le mie mani deve continuare a vivere. È, questo, un mio principio di uomo e di biologo a cui tengo fede.
Il granchio blu (Callinectes sapidus)
foto di Adriano Madonna
In passato avevamo visto giungere nel mare di Gaeta un altro “granchio d’importazione”, Percnon gibbesi, comunemente noto come granchietto americano, che, anch’esso di origine atlantica, aveva fatto una prima tappa a Linosa e poi era dilagato tra i massi di tutte le scogliere dei Paesi che affacciano sul Mediterraneo, dando vita ad una importante situazione di inquinamento biologico. In seguito il fenomeno si è decisamente ridotto e attualmente il granchietto americano convive più o meno bene con i granchi di casa nostra.
Il granchietto americano (Percnon gibbesi)
foto di Adriano Madonna
Il mondo che verrà, dunque, a quanto pare avrà una sua particolare biodiversità a terra, in mare e nell’aria, in gran parte data dall’ibridazione delle specie autoctone delle varie aree del mondo con quelle che giungono e giungeranno da altre terre. Tutto lascia presumere che altre sorprese non mancheranno.