Africa

Mal d’Africa

di Sandro Russo

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Volevo partecipare alla discussione in corso sull’Africa, innescata dal bell’articolo di Rosanna Conte – Esiste ancora la tratta degli schiavi – ma il materiale mi ha preso la mano, quindi lo presento come articolo.


Ho visto qualche anno fa un film che mi ha molto colpito.
L’ordine delle cose (2017), di Andrea Segre, regista che ben conosciamo da altre sue prove, sempre caratterizzate da uno sguardo acuto, mai banale, sulle realtà altre di stranieri che incrociano le nostre vite (filmografia essenziale: Io sono Li (2011), anche sul sito; La prima neve (2013), L’ordine delle cose (2017); Welcome Venice (2021), oltre ad una ricchissima produzione di documentari).


Recita la sinossi del film (del tutto condivisibile).
“Straordinario film sulla tratta di esseri umani tra Libia e Italia. Un funzionario del governo italiano viene spedito in Libia per convincere alti funzionari libici, politici e militari, a collaborare con il governo per fermare il traffico di migranti e creare un hot spot per l’accoglienza dei migranti in Libia. In cambio può offrire grossi aiuti economici da parte dell’Unione europea. Inevitabilmente, si trova di fronte a rivalità feudali, corruzione, brutalità ed essenzialmente al fatto che gli stessi potenti con i quali deve trattare sono complici del lucroso traffico di esseri umani. Intanto deve affrontare un difficile e penoso problema etico personale che rischia di minare la sua integrità professionale e quindi la sua credibilità. Un film di grande lucidità e realismo, girato splendidamente e con un gruppo di attori di indiscutibile talento e impeccabile professionalità. Si tratterà pure di fiction, ma rispecchia spietatamente la tragica complessità della situazione libica e le enormi difficoltà politiche, militari, economiche e anche morali da affrontare per porre fine al traffico di esseri umani a cui assistiamo in questi anni”  ( https://www.jolefilm.com ).

Era il periodo in cui si dibatteva molto, anche nella sinistra, intorno alla frase “aiutiamoli a casa loro”.
Potenza dei film nell’operare il tranfert che ti fa vivere la vicenda come se fosse la tua propria… Quando sono uscito dal cinema avevo le idee molto più chiare: che quella frase è una solenne (bieca e consapevole) ipocrisia!
Non sto facendo – non sono neanche in grado – di fare dotte disquisizioni di politica internazionale.
Conosco un po’ l’Africa dalla mia esperienza di insegnamento di tre mesi in Somalia (ancora sotto il regime di Siad Barre) e ricordo i miei studenti dire a mezza voce che loro volevano andare a fare i medici in Europa o in America; certo non volevano restare in Somalia.
Mi fido anche molto del discernimento e della conoscenza dell’Africa del mio compagno di liceo Carlo Secondino che ci ha vissuto e lavorato per 12 anni (ne è tornato solo da qualche anno).
Ho letto con molta attenzione il proclama del Presidente del Burkina Faso segnalato da Anna (e che Carlo conosceva). Si può capire: se fosse africano parlerei come lui.

Ma l’Africa ha avuto nei secoli – nei millenni: già gli antichi romani andavano a prenderci le belve e gli schiavi da esibire nei circenses – tante di quelle espropriazioni, ruberie, soprusi, violenze che bisognerebbe avvicinarsi alle sue problematiche con estremo rispetto (e anche vergogna).
Purtroppo il giovane Ibrahim Traoré perpetua la tradizione dell’elemosina, stavolta ricevuta da Putin, che darebbe non solo le tonnellate di grano, ma la propria madre, pur di uscire dal vicolo cieco in cui si è cacciato. In questo concordo con Carlo.
Ma volevo sottolineare il debito morale che abbiamo tutti nei confronti dell’Africa e degli africani; non parlo di politica internazionale, che è brutta e sporca per definizione. Ma in termini etici, personali, che avranno pure una scarsa incidenza su come vanno (ineluttabilmente?) le cose, ma definiscono la nostra posizione nel mondo e rispetto alle persone.

Nota
Anch’io (come Carlo Secondino) ho cercato di razionalizzare il mio contatto con l’Africa e prenderne le distanze, per capire meglio le cose. Il modo per farlo è, appunto, scriverne.
Sul sito:
“ È, quello dell’Africa, un pensiero il più delle volte doloroso, come chiudevo una tripletta di articoli al riguardo, comparsi sul sito tra il 2015 (leggi qui) e il 2016, riferiti alla mia esperienza in Somalia del 1978: Viaggi (4). Mal d’Africa e Mal d’Africa (5).
Tra gli ultimi articoli: La “nostra” Africa, patrimonio dell’umanità

 

P.S.
Sono andato a cercare conferma di una notizia che ricordavo vagamente dal tempo in cui ho visto il film di cui parlo: L’ordine delle cose. Nelle immagini alcune foro di scena:

“Per una di quelle coincidenze che accadono solo quando entra in gioco un elemento di ponderata preveggenza, lo stesso giorno in cui il film è stato presentato alla 74^ Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, l’Ansa riportava una dichiarazione del Ministro della Difesa Pinotti soddisfatta dei “dati molto confortanti per quanto riguarda gli afflussi sia di luglio sia di agosto”. Dati, ovviamente, che davano gli sbarchi in consistente diminuzione. Questo significava forse che il numero dei migranti fosse ‘miracolosamente’ mutato in consistenza? Assolutamente no. Significava solo che gli stessi avevano iniziato ad essere bloccati dalle forze libiche in cambio di consistenti esborsi di denaro. Il rispetto dei diritti umani faceva parte del prezzo pagato? Con un’alta dose di probabilità no” (da Mymovies.it)

 

 

 

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