di Rosanna Conte
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Ieri, 30 luglio, è stata la giornata internazionale contro la tratta delle persone. Fu istituita dieci anni fa dalle Nazioni Unite per sensibilizzare le popolazioni a livello mondiale sulla situazione della riduzione in schiavitù di milioni di persone.
La schiavitù! Sembra un fenomeno di altri tempi, ormai scomparso, ma in realtà è molto più vicino a noi di quanto non si pensi.
Si parla di 25 milioni di persone al mondo, di cui un terzo sono bambini. Sono cifre che emergono da quello che può essere conteggiato perchè è visibile, ma i numeri devono essere ben più alti. In Italia, dove la legislazione perseguita questo crimine, ci imbattiamo alla luce del giorno in prostitute provenienti dalla tratta o in raccoglitori di pomodori in mano ai caporali, immaginiamo quante persone vengono sfruttate lontano dai nostri occhi. E noi, singoli cittadini, non possiamo pensare di essere immuni da ogni colpa: se c’è una tratta verso l’Italia significa che noi italiani ne siamo i destinatari, cioè ne alimentiamo la domanda.
Pur essendo anche queste persone immigrati clandestini, non li vediamo per niente a differenza di quelli che arrivano per mare dalle coste africane e per i quali protestiamo e urliamo che devono tornare a casa loro. Siamo soddisfatti se il nostro governo firma trattati con i paesi africani perché li blocchino sulle loro sponde, senza chiederci in quali situazioni li abbandoniamo. Parecchi andranno ad ingrossare le file degli schiavizzati.
In Libia sappiamo che queste persone stanno in centri dove vengono torturate e stuprate. In Tunisia, dove la Meloni e Ursula Von Der Leyen sono andate a firmare un trattato che blocca gli imbarchi, sono ricacciate nel deserto e lasciate morire di fame e di sete se prima non vengono uccise mentre vi vengono spinte.
Credo che sia il caso di non sentirci più, come italiani e parte del mondo occidentale, paesi avanzati e democratici. Pensiamo che dobbiamo in ogni modo preservare il nostro benessere e che non siano fatti nostri quanto succede sulle coste africane come altrove nel mondo: noi stiamo a casa nostra – chissà poi chi ha stabilito che sia casa nostra, se non che lo è per puro caso -, non possiamo arrivare a tutto e poi ci sono altri che decidono per noi. La grandezza degli spazi e dei problemi ci fa ritenere incolpevoli di decisioni prese ad alti livelli e che ricadono lontano: noi possiamo tranquillamente stare a guardare con la coscienza pulita. E’ questa la banalità del male di cui ha scritto Hanna Arendt riguardo alla Shoah e che può essere applicata anche a noi oggi.
Siamo arrabbiati ed angosciati dalla fine del nostro benessere e pensiamo solo a noi. Eppure, prima di accusare gli immigrati, sarebbe opportuno andare a verificare come l’abbiamo perso questo benessere. Perché mentre una larga parte della popolazione si è impoverita, un nucleo di ricchi si è ulteriormente arricchito. Bisogna chiedere ad essi una parziale cessione di benessere e pretendere dai politici azioni di redistribuire della ricchezza prodotta in Italia. Invece ce la prendiamo con gli immigrati!
Da che mondo è mondo, chi ha il potere per conto dei ricchi ha sempre creato divisioni tra poveri, ha attaccato i diritti primari trasformandoli in elemosina/gentile concessione, ha convinto le masse che così va il mondo e non si può cambiare, tutt’al più si possono abbassare le tasse (ma non ci sono risorse per farlo e non si combatte veramente l’evasione che consentirebbe anche una tassazione equanime) oppure, la cosa più facile, ha creato nemici contro cui scagliare i poveri più pericolosi.
Se non ci fossero state nei secoli persone che si sono battute contro questa visione di una realtà immobile, non avremmo avuto né la democrazia né il benessere che ci è sfuggito a vantaggio dei ricchi.
E’ vero che la società virtuale ci ha fatto perdere il rapporto concreto con la realtà per cui ci lasciamo scivolare sulla coscienza tutti gli obbrobri perché ci vengono raccontati dai media e dai social che tutto raccolgono e inverano. Però dovremmo ricordare che quando si attaccano i diritti di uno e non si scende in campo per difenderli, prima o poi toccherà a noi perderli e se pensiamo che se dovesse accadere saremmo pronti a scendere in campo, ci sbagliamo.
L’assuefazione a non riflettere, a non reagire indebolisce la mente e lo spirito e quando servirà, sarà troppo tardi.
P.S. – Questa sera su Rai 3, alle 23,15, la trasmissione Il fattore umano dà la possibilità di ascoltare cosa succede lungo le coste libiche prima dell’imbarco-ammasso di migranti che hanno pagato profumatamente per scappare dalle condizioni di fame, di miseria, di guerra, di persecuzione ed altre tragedie e che vengono avviati a un viaggio che spesso si chiude col naufragio, con la morte.
Note
1 – Talitha Kum, citata nella seconda immagine, è una rete, nata contro la tratta di esseri umani e lo sfruttamento, che unisce suore di tutto il mondo collegate anche a religioni diverse dalla cattolica. Sostiene attivamente le vittime, i sopravvissuti e le persone a rischio.
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Appendice del 1° agosto 2023 (cfr. commento di Anna Lovato)
Il giovane capitano Ibrahim Traorè (Burkina Faso), presidente a interim del Burkina Faso
Sandro Russo
31 Luglio 2023 at 22:01
Del fenomeno migratorio dall’ Africa, di chi sono i migranti e cosa significa per loro “emigrazione”, ha scritto con cognizione di causa l’amico Carlo Secondino, per averci passato (in Kenia, precisamente) ben 12 anni della sua vita, lavorando per un’associazione umanitaria.
Sul sito, leggi qui:
https://www.ponzaracconta.it/2023/03/14/lafrica-che-ho-conosciuto-il-fenomeno-migratorio/
Carlo Antonio Secondino
1 Agosto 2023 at 18:01
Seppure con ritardo, intervengo brevemente per plaudire all’articolo di Rosanna Conte sulla ‘tratta umana’, nonché sulla ‘schiavizzazione’: orribili mali che, nelle molteplici forme odierne, sulla base di una vergognosa ipocrisia di fondo, vengono perpetrati tenacemente, costituendo un “continuum” rispetto alle storiche forme di schiavizzazione e sfruttamento.
In particolare, sono in sintonia con lo spirito di amara derisione con cui Rosanna Conte sferza quei benpensanti, e sono una spaventosa percentuale di italiani, che esprimono soddisfazione per gli accordi che questo governo va stabilendo con paesi africani, aventi per finalità il blocco, ossia la condanna definitiva di centinaia di migliaia di persone a non osare, a “non permettersi” di pensare che esistano per loro, nel mondo, altri luoghi, paesi, in cui progettare una vita un po’ più dignitosa.
L’errore peggiore di una grandissima parte di Italiani? Uno è certamente grave, di presunzione:; quella per cui, pur avendo difetti e pregiudizi in nulla diversi da quelli di milioni di europei, continuano a credere al mito degli “italiani brava gente “.
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Carlo A. Secondino
Anna Lovato
1 Agosto 2023 at 18:08
Ciao, io sono una di quelli che dicono che è meglio che restino a casa loro, prendendomi della sporca razzista, e vabbè… Però riporto il discorso del presidente ad interim del Burkina Faso; giudicate voi se lui auspica l’emigrazione o invece spera che rimangano tutti a difendere la propria terra
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Il discorso citato, in allegato .pdf (a cura della Redazione) nell’articolo di base
Carlo Antonio Secondino
1 Agosto 2023 at 18:30
Che non sembri, la mia opinione, avere l’intento di negare la tua, cara Anna, che invece rispetto perché averne e manifestarle è un diritto di tutti, a prescindere dalla loro contenuto, categoria quest’ultimo che però incide molto sulla direzione verso cui va uno stato, o il mondo intero.
Conosco il discorso del giovane capo del Burkina Faso e ho letto moltissimi dei commenti che ne seguono: un quadro davvero sconfortante! Potrei tentare di dimostrare, attraverso la storia recente (dagli ’50 e ’60 del secolo scorso ad oggi) che un punto forte sul piano dell’emancipazione il continente africano l’ha segnato con la costituzione dell’UNIONE AFRICANA, cui aderiscono Paesi che, seppure faticosamente, tentano di percorrere un cammino democratico.
Il capitano, il cui discorso piace a molti, finge di non capire (o ignora?) che i capi di stato africani che accusano il suo Paese di servirsi delle ‘milizie’ si riferiscono alla Wagner e simili. Egli plaude al fatto che Putin si interessi, e lo ringrazia per questo.
Tra i commenti, poi, una ragazza dice, entusiasta “…Ci pensate se la Russia, la Cina, l’India e l’Africa si unissero..!”.
Potrei fare la stessa ipotesi, togliendole solo la genericità con cui fa riferimento all’Africa, ma con la conclusione amara che per il mondo sarebbe una virata verso il peggio.
Guido Del Gizzo
1 Agosto 2023 at 19:25
A maggio di due anni fa, fece scalpore la notizia di almeno dieci braccianti indiani morti, a Sabaudia, per overdose di ossicodone, un principio attivo della categoria degli stupefacenti, somministrato copiosamente dal loro datore di lavoro, con la complicità di un medico e di un avvocato.
Il farmaco veniva somministrato per eliminare il senso di fatica e costringere i braccianti a turni di lavoro più lunghi, in serra, in estate.
Ponza, in ogni senso, proprio quell’estate, non era molto lontana.
L’intervento di Rosanna Conte è certo condivisibile, con una precisazione: nel nostro Paese, come nel resto dell’Europa, oramai, i rapporti economici di schiavitù non sono “un’anomalia di sistema”, ma un elemento strutturale indispensabile, e non solo tra i produttori di pomodoro calabresi o i vivaisti provenzali, ma anche per i produttori tedeschi di automobili, tramite, se serve, le nostre piccole aziende venete, le mitiche “piccole imprese spina dorsale della nostra economia”.
Quando andiamo “dai cinesi” per quello che ci serve, non compriamo prodotti a basso prezzo, ma lavoro sottopagato: perché è quello che importiamo, non altro.
Quando andiamo al supermercato per comprare le arance “in offerta”, compriamo il lavoro di poveracci, costretti a vivere in condizioni che non accetteremmo per i nostri animali domestici.
I nostri poveri, senza gli schiavi, sarebbero ancora più poveri.
Non siamo solo “assuefatti” o indignati per l’esistenza della schiavitù: ne viviamo proprio…
E’ questo che abbiamo lasciato accadere.
Il governo, che si oppone al salario minimo, mette semplicemente un argine a qualsiasi tentativo di tornare indietro: non “crea precariato”, si limita a blindare i rapporti di produzione esistenti.
Come diceva Valentino Parlato, mi pare: “abbiamo iniziato nel 1789 e non abbiamo ancora finito…..”