.
C’è una fase o un periodo nella vita di ciascuno in cui si è soli con i propri pensieri. Quando questa solitudine riguarda temi non solo personali, ma soprattutto di carattere o rilevanza sociale e/o politica, è un disastro.
Infatti, sono temi che per loro natura necessitano assolutamente di uno scambio, di un confronto, di discussioni aperte e conflittuali. Senza questa indispensabile mediazione il proprio pensiero diventa “pensiero unico”, indiscutibile e indiscusso. In mancanza di questa possibilità sino a pochi anni fa spesso la reazione a questo processo si manifestava imprecando contro la televisione o, nei casi più drammatici alle volte patologici, sfogandosi contro con chi si ha vicino, in genere familiari incolpevoli.
Oggi c’è un altro strumento: i social media. Senza la mediazione di discussioni e confronto il “pensiero unico” si manifesta in diversi modi (dipende molto dalle caratteristiche caratteriali individuali): un modo è la reazione insultante verso chi si propone con una visione culturale o politica opposta o divergente da quella propria, sono i famosi haters.
Un altro modo è quello di esprimere, del proprio pensiero, le conclusioni finali, frutto di lunghe ed elaborate elucubrazioni solitarie, le quali per la necessaria sintesi del mezzo del social e per la mancanza di premesse risultano quasi sempre incomprensibili e talvolta fastidiosi per chi li legge, spesso indipendentemente dall’accordo o meno del pensiero espresso.
Un terzo modo di rappresentare il proprio “pensiero unico” sui social è quello di presentare un’analisi dotta o presunta tale, in genere prolissa e saccente, un po’ noiosa e soprattutto che eccede la capacità di sostenibilità di lettura della stragrande maggioranza degli utilizzatori dei social, quindi quasi sempre inefficace o inutile.
Considerando il fatto che le occasioni, i luoghi e gli incontri nei quali sia possibile una seria, ordinata e amichevole discussione su temi importanti, controversi e divisivi sono diventati rarissimi se non inesistenti; scagli la prima pietra chi non riconosca il proprio comportamento, almeno in qualche occasione, in una delle tre reazioni.
Nota di Sandro Russo
Paolo è un mio abituale corrispondente, come componente del Gruppo Whatsapp “Dialettica” (coordinato da Luigi Narducci), già altre volte citati sul sito
***
Appendice dell’11 luglio 2023 (cfr. Commento di Maria Fausta Adriani)
“Il mare è appena increspato e piccole onde battono sulla riva sabbiosa. […] Il signor Palomar vede spuntare un’onda in lontananza, crescere, avvicinarsi, cambiare di forma e colore, avvolgersi su se stessa, rompersi, svanire, rifluire. […] Uomo nervoso che vive in un mondo frenetico e congestionato, il signor Palomar tende a ridurre le proprie relazioni col mondo esterno e per difendersi dalla nevrastenia generale cerca di tenere quanto più può le sue sensazioni sotto controllo”.
Da Palomar (Einaudi, Torino; 1983)
***
Commento di Luigi Narducci (11.07.2023)
Purtroppo le considerazioni che fai sono pienamente condivisibili ed individuano tutti i limiti dei social che, peraltro, sono molto utili per la circolazione delle informazioni.
La comunicazione sui social è perlopiù l’espressione della volontà di protagonismo di chi in solitudine costruisce il proprio pensiero dando spesso sfogo a ‘passioni tristi’ (rabbia, rancore, risentimento…) nella ricerca della condivisione e del conforto relativo.
I social sono il contesto in cui si esprime un individualismo senza limiti e senza legami. Sono un non-luogo, come i centri commerciali, privi di storia e di relazioni.
Altra cosa è la comunicazione finalizzata all’intesa che presuppone la condivisione di principi generali, la volontà di comprendere il pensiero dell’interlocutore, di esprimere in modo argomentato e comprensibile le proprie idee, il desiderio di costruire un pensiero insieme attraverso il confronto dialettico. Tutto questo presuppone l’esistenza di di relazioni umane, di una comunità e di un senso di appartenenza alla stessa.
Quando proposi inizialmente il Gruppo Google ‘Dialettica’ pensavo che si potessero creare online le condizioni di una comunicazione finalizzata all’intesa, senza rendermi conto che questo è molto difficile, se non impossibile.
Maria Fausta Adriani
11 Luglio 2023 at 06:04
Per associazione, qualche rigo da Italo Calvino (1923-1985) accompagnato da un breve video:
“Il mare è appena increspato e piccole onde battono sulla riva sabbiosa. […] Il signor Palomar vede spuntare un’onda in lontananza, crescere, avvicinarsi, cambiare di forma e colore, avvolgersi su se stessa, rompersi, svanire, rifluire. […] Uomo nervoso che vive in un mondo frenetico e congestionato, il signor Palomar tende a ridurre le proprie relazioni col mondo esterno e per difendersi dalla nevrastenia generale cerca di tenere quanto più può le sue sensazioni sotto controllo”.
Da Palomar (Einaudi, Torino; 1983)
Video accluso all’articolo di base, a cura della Redazione
Luigi Narducci
11 Luglio 2023 at 06:18
Purtroppo le considerazioni che fai sono pienamente condivisibili ed individuano tutti i limiti dei social che, peraltro, sono molto utili per la circolazione delle informazioni.
La comunicazione sui social è perlopiù l’espressione della volontà di protagonismo di chi in solitudine costruisce il proprio pensiero dando spesso sfogo a ‘passioni tristi’ (rabbia, rancore, risentimento…) nella ricerca della condivisione e del conforto relativo.
I social sono il contesto in cui si esprime un individualismo senza limiti e senza legami. Sono un non-luogo, come i centri commerciali, privi di storia e di relazioni.
Altra cosa è la comunicazione finalizzata all’intesa che presuppone la condivisione di principi generali, la volontà di comprendere il pensiero dell’interlocutore, di esprimere in modo argomentato e comprensibile le proprie idee, il desiderio di costruire un pensiero insieme attraverso il confronto dialettico. Tutto questo presuppone l’esistenza di di relazioni umane, di una comunità e di un senso di appartenenza alla stessa.
Quando proposi inizialmente il Gruppo Google ‘Dialettica’ pensavo che si potessero creare online le condizioni di una comunicazione finalizzata all’intesa, senza rendermi conto che questo è molto difficile, se non impossibile.