Africa

Lasciare la terra natia, raccontato dalla parte dei migranti. Voci di attenzione

di Carlo Antonio Secondino e Sandro Russo 

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Benché facciamo di tutto per nasconderlo, il problema dei migranti si impone con la forza dei numeri e la cruda realtà delle tragedie. È anche il titolo di testa de la Repubblica di oggi 19 giugno 2023.

Preceduto da un twitter (del tutto recente) di Roberto Saviano sull’ultima tragedia nel mare greco, propongo uno citazione da Zigmuth Bauman  e di rileggere – tanto mi aveva compito – uno stralcio dal libro Piccoli sentieri d’Africa del mio compagno del liceo (da poco ritrovato) Carlo Secondino, frutto di una conoscenza approfondita dell’Africa elaborata in sette anni di volontariato in Kenia.
Infine un intervento di
Enzo Bianchi, da la Repubblica di oggi.

Il 14 giugno un motopesca con circa 750 persone a bordo, tra cui moltissimi bambini, si è ribaltato a 47 miglia nautiche da #Pylos, nel Sud del Peloponneso. 104 i superstiti, 78 i corpi ritrovati senza vita, 672 le vittime stimate. Un aereo di Frontex aveva avvistato il peschereccio il giorno prima, ma la Guardia costiera greca e due mercantili di passaggio si sono limitati a lanciare bottiglie d’acqua. “Rifiutavano i soccorsi”, hanno detto. Ma chi avrebbe rifiutato l’aiuto? Vi sembra giusto dare a chi è morto la responsabilità della propria morte? Il Mar Mediterraneo è una rotta migratoria letale perché priva di soccorsi. La morte di uomini, donne e bambini non può essere considerata una fatalità. Quella dell’Europa nei confronti dei migranti è una politica di morte. È necessario che i governi nazionali e le istituzioni europee facciano del “Patto europeo su migrazione e asilo” uno strumento per soccorrere e attivare vie legali e sicure, e non un ulteriore strumento di deterrenza e chiusura dei confini, che rende i viaggi ancora più rischiosi. Ma che speranze abbiamo che le cose possano cambiare se il ministro della Difesa italiano osa impunemente definire “dirottatori” dei migranti provati, feriti e in ipotermia, sapendo di stare mentendo? Sono anni che, inascoltati, denunciamo le conseguenze della disumanità al governo. Se descrivi i migranti come dirottatori e potenziali terroristi, se togli loro ogni umanità, poi puoi anche dormire tranquillo sapendo che in centinaia, ogni giorno, perdono la vita in mare. Potrai dire, certo, che sono morti perché hanno rifiutato i soccorsi, puoi persino ripeterti, come fece Piantedosi dopo Cutro, che sono morti per colpa loro, perché non dovevano partire. Puoi fare tutto questo, ma l’umanità l’hai persa e non la recuperi più. È a questo che, da anni, stiamo assistendo: alla perdita di ogni umanità residua. Beato chi riesce, sapendo ciò che accade, a dormire sonni tranquilli.

@robertosaviano via twitter

Dal saggio di Zygmunt Bauman (1925 – 2017) “Stranieri alle porte”  – Strangers at your door, 2016 (ediz. italiana Laterza; 2016).

Questi migranti, non per scelta ma per atroce destino, ci ricordano quanto vulnerabili siano le nostre vite e il nostro benessere. Purtroppo è nell’istinto umano addossare la colpa alle vittime delle sventure del mondo. E così, anche se siamo assolutamente impotenti a imbrigliare queste estreme dinamiche della globalizzazione, ci riduciamo a scaricare la nostra rabbia su quelli che arrivano, per alleviare la nostra umiliante incapacità di resistere alla precarietà della nostra società. E nel frattempo alcuni politici o aspiranti tali, il cui unico pensiero sono i voti che prenderanno alle prossime elezioni, continuano a speculare su queste ansie collettive, nonostante sappiano benissimo che non potranno mai mantenere le loro promesse. Ma una cosa è certa: costruire muri al posto di ponti e chiudersi in “stanze insonorizzate” non porterà ad altro che a una terra desolata, di separazione reciproca, che aggraverà soltanto i problemi (articolo di Antonello Guerrera, su “la Repubblica” del 09 gennaio 2017).

Qui Carlo Secondino in: L’Africa che ho conosciuto. Il fenomeno migratorio

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Dalla rubrica settimanale “Altrimenti”
Se mancano le parole del dolore
di Enzo Bianchi – Da La Repubblica di oggi 19 giugno 2023

È vero che non sono un giornalista di professione, ma sovente mi ritrovo a pensare come sia inadeguato il pezzo che scrivo e viene pubblicato, qualcosa che mi si impone perché il cuore lo richiede.
Vent’anni fa scrivevo un libro sul massiccio arrivo di migranti nelle nostre terre con una dedica: “Agli uomini, alle donne e ai bambini che andando verso il pane sognano la nostra accoglienza. Sono morti da stranieri nelle acque del Mediterraneo, mare che avrei voluto potessero chiamare e sentire ‘nostro’ come lo sento io e lo amo”.

Speravo che quel fenomeno fosse passeggero e che l’accoglienza potesse diventare realtà in un mondo come il nostro, che non dovrebbe aver paura dell’arrivo di gente sconosciuta, e anzi ne ha bisogno perché si possa forgiare insieme una nuova civiltà.
E invece l’Europa è diventata sempre più inospitale, chiusa di fronte a gente che viene da altre terre a cercare benessere e pane. I paesi europei con le loro culture si sono messi alla ricerca di una loro identità, preferendo l’autarchia allo scambio fecondo di ciò che emerge come nuovo. L’Europa ormai sa solo ripetere: “Non dovete partire, restate dove siete…!”.
Anche le nostre chiese tradizionali non sostengono più con la stessa convinzione l’universale diritto all’accoglienza per persone di diversa provenienza. Continuano a mantenere organismi socio-assistenziali come la Caritas, ma non sanno salvaguardare per tutti gli umani quei diritti che nascono dalla concreta fraternità dei figli di Adamo.

Se guardando al passato, pur riscontrando nell’analisi tragedie e sangue versato da entrambe le parti, dobbiamo constatare come il mondo greco-romano abbia saputo accogliere quello giudaico e poi quello barbarico, donandoci il frutto maturo della cultura europea, oggi non sappiamo essere così lungimiranti. Ma i morti non sono salme, non sono statistiche sull’ammontare dei cadaveri: sono uomini, donne e bambini con una vita spezzata per sempre.

Altri seicento morti nei pressi delle coste greche perché non ci sono state braccia tese, braccia che li salvassero e permettessero loro di sbarcare sulla terraferma. Non so se hanno gridato ma i rabbini ne sono certi: un grande grido si è alzato da quella gente, una richiesta di aiuto e un grido che chiede vendetta.
Occorrerà pure che qualcuno ascolti quel grido e intervenga e porti salvezza dalla morte! I credenti lo pensano, lo vorrebbero, lo desiderano fino a gridare a loro volta, ma forse sanno anche loro che è inutile: il cielo è chiuso, Dio tace, l’ingiustizia continua a trionfare. Sì, anche a noi mancano le parole del dolore, della rabbia di fronte a queste immani stragi di migranti.
Se non c’è l’uomo non c’è neanche Dio. Troppe sofferenze, troppe morti, troppe discese nell’inferno voluto dagli uomini senza che appaia un segno di speranza.
Nelle acque dell’Egeo ho sentito bestemmiare l’uomo e ho provato la tentazione di bestemmiarlo anch’io.

L’autore
Enzo Bianchi, 80 anni, saggista e monaco laico ha fondato la Comunità monastica di Bose in Piemonte

1 Comment

1 Comments

  1. Sandro Di Macco (condiviso con il gruppo w-a 'Dialettica')

    22 Giugno 2023 at 13:14

    Il mondo è strano.
    Fai un biglietto da 250mila euro per imbarcarti in un moderno sottomarino, scendere negli abissi e vedere il relitto del Titanic ma qualcosa va storto: c’è apprensione mondiale e tutti si precipitano a salvarti.

    Se scappi da una guerra, dalla dittatura o dalla carestia, paghi tutto ciò che hai per salire su una barca di merda e attraversare i mari in tempesta e qualcosa va storto, affondi nel silenzio generale e qualche carogna dice pure che te la sei cercata

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