sintesi e proposizione a cura della Redazione
Continua la presentazione degli interventi alla serata, secondo l’ordine: leggi qui
Enzo di Fazio ha avuto un’infanzia fortunata; suo padre era ‘l’uomo del faro’ e anni importanti della sua vita si sono svolti tra il Faro di Zannone e quello della Guardia.
Ne ha anche scritto, in numerosi articoli su questo sito. Se si cerca nel sito, all’indice per Autori, per Di Fazio Vincenzo (Enzo) si trarranno 5 schermate x 5 pezzi ciascuna = 25. Un numero rispettabile di scritti, che gli auguriamo di proseguire, visto il successo che ottengono.
Viene ospitato alla serata per il Faro della Guardia per raccontare i “come e perché” della sua esperienza.
Durante la sua esposizione sono state proiettate sullo schermo ‘in automatico’ una sequenza di immagini; senza una relazione diretta con quanto Enzo andava dicendo, eppure molto pertinenti. Le alleghiamo in file .ppt da scaricare, alla fine del presente scritto.
Sono Enzo Di Fazio, figlio di fanalista.
Mio padre, Giacomo Antonio, ha prestato servizio nei fari per oltre 40 anni, molti dei quali vissuti tra i fari di Ponza. Gli ultimi anni li aveva prestati presso il faro della Guardia. Andò via nel 1975, proprio l’anno in cui il faro della Guardia venne automatizzato.
Ai fari ed in particolare al faro della Guardia sono legato da tanti ricordi avendovi praticamente vissuto moltissimi momenti dell’ infanzia.
I fari per noi figli di fanalisti sono stati luoghi simili a delle straordinarie palestre. Da gregari, appresso ai nostri padri, abbiamo imparato tante cose: abbiamo imparato, per esempio, a remare, a governare la barca, a condurla a riva, a proteggerla dai marosi; abbiamo imparato l’arte della manualità attraverso i tanti piccoli mestieri cui amavano dedicarsi nei momenti liberi dagli impegni di lavoro; abbiamo imparato il linguaggio della natura e ad avere rispetto ed amore per il mare.
Tutte cose che ci sono poi servite quando da adulti è toccato a noi metterci al timone della barca… della vita.
L’essere stato figlio di fanalista è stato per me come essere figlio di una persona importante…
Avevo lasciato Ponza per motivi di studio quando avevo solo nove anni, e ricordo che quando raccontavo di essere figlio di un guardiano di faro e della vita che si conduceva nei fari restavano tutti affascinati delle cose che dicevo perché erano quasi per tutti cose uniche e mai sentite.
Il che, rendendo anche me personaggio, mi ha aiutato a vincere la timidezza dell’isolano e a socializzare.
Nei gruppi di ragazzi e ragazze mi cercavano come si cerca a volte chi sa suonare la chitarra o chi sa dire le barzellette.
Che strana cosa – pensavo – la condizione di uomo solitario, associabile alla figura del guardiano di un faro, mi aiutava a superare il senso di solitudine che avvertivo stando lontano da casa.
Ancora oggi, tra quelle persone del passato che mi capita di rincontrare a distanza di tempo, c’è chi mi ricorda per essere il figlio del guardiano del faro. E a Ponza quando qualche anziano fermandosi a parlare mi chiede, non conoscendomi, chi sono e ‘a chi appartengo’, per farmi subito riconoscere gli rispondo: “So’ Enzo, ‘u figlie ‘i Tatonne ‘u fanaliste”.
Mio padre è stato sempre orgoglioso del suo mestiere che racchiudeva in sé i vantaggi della sicurezza dell’impiego statale e il valore del rispetto derivante dal ruolo militare, essendo i fanalisti assimilati ai militari.
La sequenza delle diapositive presentate (file PowerPoint)
Di recente sono venuto in possesso di un libro che cercavo da tempo:
“Lo splendore degli Stevenson – Una dinastia di costruttori di fari tra ingegno e letteratura” di Bella Bathurst. Il libro di cui ha parlato prima Giuseppe Mazzella
Perchè ho citato questo libro? Perchè in una delle pagine si legge:
“L’Ente Fari della Scozia cercava candidati che avessero nozioni di meccanica e regolari abitudini. Più importanti ancora erano le qualificazioni morali: autodisciplina, pazienza e attenzione a tutto. Ancora nell’ultimo decennio del Novecento l’ Ente Fari esigeva che un guardiano del faro dovesse essere un uomo di talento, conoscere il mare e rispettarne l’immenso potere; doveva essere un bravo manovale e saper fare diversi mestieri, fra l’altro saper cucinare ed essere molto socievole. Un guardiano di faro – conclude – non si arricchirà ma è probabile che si trovi in pace con sé stesso e con il mondo”
Ebbene tutte queste qualità ho avuto modo di riscontrarle in tutti i fanalisti conosciuti attraverso i momenti vissuti nei fari con mio padre.
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Dalla esposizione di Enzo Di Fazio
A cura della Redazione
[La serata del 10 agosto. Le voci dei testimoni. Enzo Di Fazio (11) – Continua]