di Francesco De Luca
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Primavera sbrilluccica nelle goccioline di pioggia sulle foglie, ora che il sole ha cacciato le nuvole dal cielo. Gli uccellini intersecano voli e fanno cadere le gocce. Sono tanti gli sfarfallii. Li ha portati dal sud il vento della notte.
Le fave le raccolgo dalle piante bagnate, le mangio, lasciando che i denti affondano nella polpa. Mangio per gusto non per fame. Eppoi… quel gusto si trasforma in tutt’altro allorché ci bevo sopra vino rosato, un po’ asprigno e po’ dolciastro.
Le fave, come i carciofi, stravolgono ogni sapore in bocca, e tutto diventa buono.
Si attesta così la primavera. Con gli anni sulle spalle, la primavera diventa lieve e caduca come una boccata di vino.
Essa simboleggia la rinascita, il nuovo ordine che si impone sul vecchio. La gioventù. Primavera e gioventù si equivalgono.
Lo abbiamo covato e sentito erompere nel petto il sogno della gioventù. E non soltanto una volta, ma tante e tante volte. Sempre agognato e mai raggiunto. Cosa doveva apportare? Possibilità per ognuno di realizzare le sue inclinazioni e competenze, all’interno di un sistema sociale dove non prevalesse il ricco e il potente. Non un ordine divino e nemmeno perfetto ma aperto alla perfezione. Non un ordine predefinito ma da definirsi con l’apporto reciproco.
Il piccolo luì frulla fra le fave, il gatto ne sorveglia le mosse infidamente, la donna raccoglie i legumi e li depone nel cesto, e il sole declina dietro monte Pagliaro.
Un altro giorno brillerà domani.
silverio lamonica1
12 Maggio 2023 at 10:46
So che toccando le piante di fave, umide per la pioggia, si verificano sulle foglie e i baccelli, delle macchie ferrugginose. Forse l’amico Sandro, super esperto, ci potrebbe illuminanre su tale fenomeno.