di Raffaele Sandolo
Per dare qualche ulteriore informazione a chi ha solo una piccola idea di come si muovevano nell’ emigrazione i nostri avi pescatori vengo a raccontarvi le mie conoscenze e le mie esperienze sull’emigrazione ponzese del secolo scorso verso l’arcipelago toscano.
L’emigrazione dall’isola di Ponza verso l’isola d’Elba e talune isole vicine nasce soprattutto per la criticità della situazione economica delle isole ponziane ed è spinta dell’interesse per la pescosità del mare dell’arcipelago toscano.
Dalla metà del 1800 molti pescatori partivano da Ponza per andare a pescare al nord nel mare a sud dell’Elba, nel triangolo fra le isole Montecristo, Pianosa e l’Africhella.
Agli inizi erano poche barche ma col tempo aumentarono fino ad essere oltre una ventina nel periodo dal 1950 al 1970. La maggior parte provenivano da Le Forna ma anche da Santa Maria e Scotti. Fra i primi a Montecristo troviamo Giovanni e Stefano Sandolo, Silverio Sandolo (‘A tramontana), Aniello Vitiello (Aniello-Aniello), quindi Aprea, Feola, Iodice, Romano, Vitiello, Calisi, Mazzella, Avellino e successivamente vennero Aversano De Martino, Di Meglio, Pagano, Balzano, Rivieccio, Scotti, Morlé, Coppa, Cristo, tutti con barche ponzesi simili alle feluche nordafricane. Le barche da pesca venivano costruite, con criteri e tecniche particolari, a Terracina come pure a Ponza nei cantieri di Sant’Antonio e Santa Maria.
Per l’alimentazione durante la navigazione e per il periodo di pesca le barche si dotavano di riserve che portavano da Ponza. I pescatori, oltre che della pesca si occupavano, assieme alla famiglia, anche di piccoli appezzamenti di terreno su terrazze in collina (catene). Il terreno veniva coltivato nel periodo primavera-estate-autunno da moglie e figli, mentre i mariti lo lavoravano in inverno, occupandosi anche della raccolta della legna per riscaldarsi. Quando partivano per la pesca, caricavano sulla loro barca soprattutto prodotti agricoli essiccati come i legumi: cicerchie, lenticchie (lummiccole), piselli neri, ceci e fave). Veniva portata anche la farina di granturco come pure mandorle, fichi secchi e le mostarde, ottenuta dai fichi d’india. Il lardo e la sugna, ottenuti dal maiale, venivano conservati gelosamente sulla barca ed erano utilizzati per condimento quando si cucinava nelle situazioni speciali. Infine non mancava mai il pane biscottato (freselle). Ovviamente, quando arrivavano nei porti facevano rifornimento di prodotti alimentari a seconda delle necessità, senza spendere il poco denaro in loro possesso ma effettuando scambio merce.
Quando ritornavano a Ponza, a fine periodo di pesca, la loro barca era piena di pesce essiccato e di frutta secca ma anche di qualche sacchetto di erba corallina utilizzata sull’isola come vermifugo contri i vermi intestinali. Questa erba medicinale era molto richiesta, non solo dalle famiglie ponzesi ma anche dai medici tanto che agli inizi veniva venduta in farmacia.
Alcuni pescatori partivano da Ponza navigando verso nord con l’intenzione di proseguire verso la Sardegna (La Maddalena, Santa Teresa di Gallura, Porto Torres, Isola Rossa), altri facevano lo stesso percorso ma poi si fermavano a Montecristo, attratti dal mare pescoso.
I pescatori, per andare in Sardegna, percorrevano altre rotte verso ovest (Arbatax, Siniscola) e sud (Carloforte) con navigazione diretta e portando le loro barche su bastimenti aragostai (‘mbrucchielle) che le sbarcavano appena arrivati a destinazione. Quando le barche facevano scarsa pesca in Sardegna risalivano verso nord in direzione dell’Elba pescando poi nel mare di Montecristo e ritornando a Ponza, a fine stagione, con rotta verso sud. Le barche rimaste a pescare in Sardegna, per il ritorno a Ponza, utilizzavano sempre i bastimenti facendo navigazione in direzione inversa. Almeno agli inizi, la maggior parte dei pescatori ritornavano all’isola di provenienza e pochi passavano l’inverno all’Isola d’Elba, a Montecristo o in Sardegna. Negli anni successivi molti pescatori spostarono le loro famiglie da Ponza nei porti dove usualmente stavano nella stagione estiva. E nacquero i primi flussi migratori che si diressero anche verso il mare nordafricano (La Galite).
Fu nel 1938 che le prime quattro famiglie ponzesi (Sandolo e Vitiello) si spostarono all’Elba prendendo la residenza a Marina di Campo. Negli anni immediatamente successivi si spostarono altre famiglie a Marina di Campo (Mazzella, Aprea), Marciana Marina (Romano, Vitiello) e Porto Azzurro (Calisi). A Ponza crebbe così la grande emigrazione per motivi di pesca che andò a rafforzare i grandi flussi migratori, dovuti a cause diverse, verso l’Europa e soprattutto verso le terre d’oltre oceano (USA, Canadà)
La pesca a Montecristo era di tipo stagionale (usualmente da aprile ad ottobre).
Con le reti da posta si pescavano soprattutto scorfani, dentici, occhiate, triglie, cernie e merluzzi, mentre con le nasse di giunchi si pescavano aragoste, murene, gronchi, polpi. Inoltre, in particolari fondali, si prendeva il corallo utilizzando uno specifico attrezzo chiamato “ingegno” (u’ ngegno in dialetto ponzese).
Prima della inizio della Seconda Guerra mondiale come pure immediatamente dopo, si usavano anche i “palangari” o “palamiti”, chiamate “coffe” dai pescatori ponzesi, per la pesca di spigole, orate, saraghi e soprattutto di naselli e pesce spada.
Verso il 1945-46 all’Elba, e in particolare fra Montecristo e Pianosa, cominciò a diffondersi la pesca di pesce azzurro di superficie (castardelle /castauriell’) utilizzando reti a circuizione; nello stesso tempo iniziò la pesca al pesce azzurro di fondale (sardine, alici o acciughe, lacerti o sgombri, sauri o sugherelli/sauarielli, palamite, tonni) con l’impiego delle “lampare”, barche da pesca che utilizzavano reti a circuizione e lampade per attrarre il pesce. Qualche anno dopo le barche da pesca chiamate Cianciole o Saccalene (in Toscana) cominciarono ad utilizzare tecniche avanzate di pesca con reti a circuizione molto lunghe e alte e l’ausilio di due barche piccole con luci potenti per attrarre il pesce.
Nei primi anni la rete ancora si tirava a bordo “a mano”; successivamente fu installato sulla barca-madre un sistema automatico con l’uso di verricelli. Con gli ultimi anni, a partire dal 1980, vengono utilizzate moderne tecnologie per individuare il pesce. Le varie tecniche di pesca descritte, che prevedono l’impiego di palamiti, nasse e reti, sono ancora utilizzate nella moderna pesca nel mare attorno all’Elba.
L’emigrazione di pescatori ponzesi all’Elba e nelle altre isola dell’arcipelago toscano si è praticamente fermata nel 1990 essendo venuto meno lo sviluppo della pesca. Sono sporadiche le emigrazioni principalmente con impegno in attività artigiane, commerciali e del terziario. Attualmente è proibito pescare presso le coste di Montecristo e Pianosa ma la pesca, fatta prevalentemente da pescatori campesi di origine ponzese, continua nelle acque a sud dell’ Elba, lontano dalle coste, permettendo alle loro famiglie di poter vivere nelle alterne vicende della vita legate soprattutto alle restrizioni delle attività sul mare e all’attuale criticità dell’economia elbana.
Raffaele Sandolo
Associazione Amici di Montecristo