Francesco De Luca
Nell’infanzia alla strada si anteponeva il libro. Strada e libro: due poli simbolici per evidenziare la totale distanza esistente fra la conoscenza (libro) e l’opinione balzana (strada). Due modi di affrontare i problemi e, ancora di più, di risolverli.
Le opinioni raccolte per strada si consideravano infondate e sconclusionate. Insufficienti. Buone per essere marchiate come non opportune. Soprattutto da chi i problemi li deve risolvere elaborando norme dall’efficacia nazionale e/o internazionale.
La politica, per dirla chiara, doveva sostenersi sulla conoscenza razionale, specifica e organica, settoriale e comune.
Le opinioni fungevano da battistrada, da spinta iniziale, ma le leggi dovevano fondarsi e si fondavano su dati scientifici, su previsioni statistiche, e prospettavano (o tendevano) a prospettare soluzioni efficaci e durature.
La politica, o meglio, i politici, si abbarbicavano alle opinioni provenienti dai vari settori, le sottoponevano a studio sistematico, e delineavano disegni politici. Cosicché, ad esempio, la Confindustria faceva da suggeritrice a taluni partiti (liberale – democrazia cristiana), mentre gli operai delle industrie presentavano le loro aspettative e altri partiti (comunista – socialista) ne combinavano l’ordito e lo concretizzavano in un programma di governo.
Il ‘bene comune’ doveva sortire, e sortiva, dalle dinamiche che si intrecciavano nella pratica governativa.
Il sistema non era perfetto e, nonostante le controversie e gli intoppi (cadute di governo, alleanze nate e rinnegate) dal dopoguerra ad oggi in Europa il sistema governativo ha reso possibile settanta anni di pace. Certo…col sostegno e conforto della ‘democrazia’. Con tutto il corollario delle sue prerogative: divisione dei poteri – libere elezioni – salvaguardia delle minoranze.
Tutto bene? Per nulla… ma, ed è quello che voglio sottolineare, c’era una osmosi fra la gente e la classe politica che la rappresentava.
Come attesta la storia del mondo e degli uomini lo stato delle cose non rimane immutato. Una volta divenuto maturo, lo stato deperisce. Ed è così che, dopo 70 anni di pace, sia pure non perfetta, gli stati democratici europei, stanno vedendo la degenerazione della funzione della ‘rappresentanza’ politica.
Pur avendo tante possibilità di espressione (elettorale, partitica, sindacale, religiosa, economica e sociale) le società degli stati democratici europei stanno allontanandosi dalla classe politica. Che appare, e lo è, distante dalla gente che dovrebbe rappresentare. Per riluttanza a votare, per sfiducia verso i programmi politici, per degenerazione dei ‘partiti’.
L’opinione dei singoli cittadini non è catturata dalle istituzioni politiche. La ‘politica’, sinonimo di tante pratiche aberranti, si mostra anche per essere impermeabile alle richieste del popolo, e incline agli interessi della propria conventicola, alle influenze dei potenti del mondo.
Cosicché stamane, nel febbraio che concede spazi al solicello, in un angolino riscaldato, si parlava. Delle bollette, è chiaro. Ma il legame fra il rincaro delle bollette energetiche e la guerra in Ucraina, la nostra (italiana) Costituzione, l’aggressività sconcertante di Putin, la sibillina, interessata ingerenza dell’ America, di tutto questo intreccio di cause ed effetti, Ntunino non ne vuole discorrere. Veruccio indulge sui sacrifici degli Ucraini ma rimane muto quando si evidenzia il carattere dispotico del potere di Zelensky, pur se votato liberamente dal suo popolo. Tonino parla di Erdogan come di un dittatore che tiene sotto il calcagno i Turchi, eppure funge da paladino delle tesi occidentali. I patti internazionali? Ma cosa ha spinto la NATO ad ‘abbaiare’ in faccia a Putin? E se invece di inviare armi si facessero sforzi per rendere possibile la convivenza?
Chi intercetta queste opinioni? Quale classe politica le utilizza?
Sono domande troppo azzardate e poi… da un angolino di una piazzetta di una piccola isola… Quale presunzione anima questo parlare … E…: “ma allora nun cuntammo niente ?” – si indigna un amico.
C’è un corto circuito fra popolo e classe politica. A pagarne le pene? È sempre la povera gente. Povera perché vede impoverito il suo ambiente e il suo potere di contare. E gente… ovvero umanità calpestata.