di Sandro Russo
Abbiamo risposto al richiamo della locandina-annuncio pubblicata sul sito – leggi qui anche per la sintesi del libro di Erri De Luca – e ieri sera eravamo puntuali all’appuntamento con Valentina Ferraiuolo e Domenico De Luca, nella saletta Falcone e Borsellino a Formia.
Lo spettacolo è stato bellissimo, giocato sulla voce e i tamburi di Valentina e le chitarre (elettrica e acustica) di Domenico De Luca.
Il tema si è dipanato tra il testo letto – ripreso dal libro di Erri De Luca – e canzoni della tradizione popolare, prevalentemente dialettali, cadenze del Centro-Sud e della Sicilia. Il mondo di Maria-Miriàm, l’annunciazione, la gravidanza tra le dicerie malevole del villaggio, il ruolo protettivo e partecipe di Giuseppe. Fino al viaggio da Nazareth a Betlemme al dorso d’asino e al parto nella famosa capanna.
Sono testi nel dolce dialetto del sud, qualche ninna nanna, che parlano di terra riarsa, di olivi, di pastori e pecore, di una luna grande che sta a guardare, per una volta accompagnata dalla stella cometa.
“Maestrale di marzo
Non è strano in natura inseminarsi al vento, come i fiori.
Fiore è il nome del sesso delle vergini,
chi lo coglie, sfiora.
Miriàm/Maria fu incinta di un angelo in avvento
A porte spalancate, a mezzogiorno.
Il vento si avvitò al suo fianco
Sciogliendo la cintura lasciò seme nel grembo.
Fu salita senza scostare l’orlo del vestito…”
Le canzoni sono suggestive, probabilmente frutto di una ricerca originale tra quelle della tradizione del centro sud centrate sulla Natività. Ci ho risentito l’eco del mondo cantato da Ambrogio Sparagna, che ho conosciuto bene in lunghi anni di sodalizio – lui maestro e io allievo – negli scantinati del Circolo Gianni Bosio a San Lorenzo, che a quelle stesse fonti popolari attingeva, nei suoi anni verdi, della ricerca etno-musicologica.
E Valentina i suoi tamburi li fa parlare, su diversi toni e frequenze, tanto che sembra di essere davanti a una grande orchestra di percussioni; le persone che erano con me si sono molto meravigliate della ricchezza di quei suoni che mai avrebbero creduto possibili, data la semplicità dello strumento.
Nella chiusa Miriàm parla con il suo bambino. È ancora notte e lei ha promesso a Joseph che, secondo la tradizione araba attendeva fuori – che il bambino sarebbe nato al mattino:
“Fuori c’è il mondo, i padri, le leggi, gli eserciti, i registri in cui iscrivere il tuo nome… Qui dentro siamo solo noi… poi entreranno e tu non sarai più mio…
Ma finché dura la notte, finché la luce di una stella vagante è a picco su di noi, noi siamo i soli al mondo…”
Ed è tutto il registro dello spettacolo, quello di riportare Miriàm, fuori dagli stereotipi dell’iconografia sacra, ad una dimensione umana.
Partendo da un lavoro di ricerca e ripercorrendo repertori e ritmi della tradizione italiana, Valentina Ferraiuolo vuole accendere un faro sul ruolo sociale che oggi ha la donna e il suo strumento magico e su come ancora cerchino di interagire ponendo accenti su problematiche di cui l’uomo è vittima e carnefice.
“Il tamburo diventa culla, scudo, figlio, il bene che scaccia il male. La donna intona parole e accarezza l’anima di chi le ascolta, accogliendo con senso materno la fragilità del mondo intero” [da un’intervista durante lo spettacolo “Assolo” con Stefano Saletti e ancora Domenico De Luca, del maggio 2021 al teatro”Villa Pamphili].
Valentina Ferraiuolo
11 Gennaio 2023 at 17:38
Grazie, Sandro Russo, per l’articolo!
Sei stato molto minuzioso e attento.
Alcuni brani erano originali, come Diavoli, Gliune, Me voglio fa ‘na cantata e Regina degliu cielo, da me composti e scritti.
Ti ringrazio molto della presenza e spero a presto!
Valentina Ferraiuolo