di Anna Maria Usai
Tra qualche settimana arriverà la Santa Pasqua.
E’ bello ricordarla come la trascorrevamo negli anni Sessanta, quando eravamo ragazze.
In quegli anni Ponza in prossimità della Pasqua incominciava a diventare tutta bianca: ‘i curteglie e ‘i facciate d’i case”, i tetti a cupola, le scale d’accesso, ed ogni cosa che l’inverno con il suo umido aveva annerito, diventava bianco per incanto!
Il bianco della calce, acquistata a pezzi e poi sciolta nelle bagnarole. Che gran fatica le nostre mamme! Ma quanta soddisfazione nel vedere tutto candidamente biancheggiato e pulito. Iniziavano così i preparativi e le pulizie per la Settimana Santa.
Il Lunedì Santo le mamme facevano il bucato di casa: tende, lenzuola, asciugamani e quant’altro. Il bucato veniva fatto con la cenere, accuratamente raccolta dai bracieri e conservata per tutto l’inverno. Alla cenere si aggiungeva un tubero di giunchiglia, che rilasciava un delicato profumo che impregnava gradevolmente la biancheria pulita. E ‘ncoppa ‘a curteglia della nonna Michelina n‘coppa ‘a Madonna, noi giocavamo a rincorrerci tra le lenzuola stese… che risate… e che gioia!
La sera, tutti pronti per andare alla funzione.
Il Martedì Santo era dedicato alle spese, per comperare gl’ingredienti che sarebbero serviti l’indomani per preparare i dolci. Poi la sera nuovamente tutti in chiesa per un’altra funzione.
Il Mercoledì Santo si impastavano i casatielli; con gran maestria veniva preparata la pasta che veniva poi sistemata in tegami di varie dimensioni. I tegami venivano tenuti al caldo e protetti come neonati sotto le coperte per 24 ore, per permettere all’impasto di crescere bene.
La sera tutti in chiesa ad assistere alla funzione religiosa. Durante la cerimonia gli anziani agitavano rumorosamente i zirr-zirr, e scuotevano contemporaneamente i banchi, creando così un improvviso e incontenibile frastuono, per simulare il terremoto che squarciò la terra quando Cristo spirò. I bambini restavano impietriti e impauriti, enormemente suggestionati dalla drammatizzazione del funebre evento.
‘U zirr-zirr era uno strumento rudimentale, composto da una tavoletta di legno che battuta procurava un gran rumore. A noi bambini il terremoto faceva venire i brividi… ma quante emozioni!
Il Giovedì Santo si portavano i casatielli al forno. Chi non aveva il forno a casa li portava dal proprio fornaio. Tante volte capitava di doversi svegliare all’alba per correre a portare i casatielli ben lievitati al forno di Giovanni D’Atri o di Temistocle. Insieme ai casatielli venivano preparati anche altri dolci, come la pastiera di grano, la torta di riso o di pastina. Si preparavano con le uova fresche delle galline della nonna, con l’aggiunta di zucchero e cannella, ed erano torte buonissime. Infine la pizza rustica, fatta con uova sode, formaggio e salumi, da mangiare a ‘Pascone’.
Dopo tante fatiche in cucina, la sera si era finalmente libere di andare in chiesa per la Lavanda dei piedi agli apostoli. Erano questi dei vecchietti che con fede recitavano la parte dei dodici apostoli che porgono i piedi a Cristo (il parroco Dies) per l’umile lavanda.
La sera, sul tardi, l’immancabile visita ai Sepolcri: in gruppo, cantando e pregando, si andava nella chiesa di S. Maria per adorare il Sepolcro; poi si ritornava al porto e si andava nella chiesa Madre, per adorare nuovamente il Sepolcro. Terminata la visita si rientrava a casa.
Il Venerdì Santo era la giornata del gran lutto: in casa non bisognava spazzare e spolverare, per evitare che la polvere potesse sporcare il corpo di Cristo morto. Il digiuno e l’astinenza erano particolarmente rigidi e osservati e nessuno osava trasgredire questi comandamenti. I casatielli, appena sfornati, non si potevano nemmeno assaggiare.
Al calar della sera, lungo le vie del porto si snodava la grande processione della Passione e Morte di Nostro Signore Gesù Cristo, la Via Crucis. Una gran tristezza s’abbatteva su tutti noi, e quanta commozione nel sentire la Banda Musicale di Ponza suonare la Marcia Funebre a Gesù Morto.
Appena giunti a S. Antonio, ci allietava e consolava il calore del focarazzo: uno scoppiettìo fugace ed un odore intenso di pennecilli ci investiva. I ragazzi nelle settimane precedenti li avevano raccolti nelle campagne e accatastati con cura sulla spiaggia. Era una gara a chi raccoglieva più legna, per fare il falò più grande.
Il Sabato Santo, la vigilia di Pasqua, era tutto dedicato ai preparativi per l’imminente festa, e a tarda notte ci si ritrovava in chiesa per celebrare la Resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo. A mezzanotte le campane, sciolte per la Gloria, suonavano a gran festa. Cadevano i paramenti che coprivano le statue dei santi e si liberavano gli uccellini che svolazzavano nella chiesa cinguettando a festa, mentre i bambini restavano estasiati. L’organo intonava musiche celestiali e si scioglievano nell’aria i cori dei nostri giovani dell’Azione Cattolica che cantavano a voce stesa con grande fede, con gioia e tanta ingenuità. L’Altare Maggiore, addobbato di candide calle, da fresie bianche e dai germogli di grano che riempivano ogni angolo vuoto della chiesa, era una cosa meravigliosa!
L’atmosfera religiosa della Santa Pasqua era veramente inebriante!
La domenica di Pasqua la famiglia felicemente si riuniva intorno al tavolo per il gran pranzo pasquale. Finalmente cadevano le proibizioni e si poteva assaggiare il casatiello !
Il lunedì dell’Angelo era il nostro Pascone, da trascorrere sul piano di Viole o sulla Guardia con gli amici, in libertà e spensieratezza.
Questi sono i miei ricordi della Pasqua di un tempo.
Ognuno di noi ha ancora tanto da raccontare, continuate se volete… Ad ognuno che legga questi miei ricordi, mando l’esortazione a vivere oggi questa santa festa come si viveva allora, con l’augurio che ci possiamo ancora riempire il cuore di tante emozioni e di tanto amore.
Buona e Santa Pasqua a tutti,
Anna Maria Usai