a cura della Redazione
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Pubblichiamo, a distanza di qualche giorno, lo scritto che Emilio Iodice ha inviato in redazione insieme ad un articolo da la Repubblica di ieri, 25 novembre di Arianna Farinelli (1).
Giorno del Ringraziamento
di Emilio Iodice
Negli Stati Uniti e in altre parti del mondo, l’ultimo giovedì di novembre è dedicato a un giorno di “Grazie”. È una festa laica e spirituale per aiutarci a fermarci e pensare alle nostre benedizioni e a coloro che soffrono per la mancanza di cibo, riparo e sentono il dolore della guerra e del conflitto. Gli americani si riuniscono attorno a un tavolo per mangiare e ricordare, pregare e pensare a se stessi e agli altri e per celebrare l’amicizia, la famiglia e la speranza che dalle ceneri di un’umanità sofferente possa nascere un mondo migliore.
Dio vi benedica, voi e le vostre famiglie, oggi e ogni giorno.
Grant Wood: American Gothic (1930); Chicago, Art Institute
Stati Uniti
Il senso del Ringraziamento
di Arianna Farinelli
La mattina del giorno del Ringraziamento iniziamo a cucinare appena svegli. Il tacchino, allevato dagli Amish della Pennsylvania, ci è stato consegnato la sera prima. La festa inizia così, cucinando insieme.
Prepariamo tutti i piatti tradizionali: la salsa di cranberry cotta nello zucchero e nel succo d’arancia; il ripieno cucinato con le castagne, le mele verdi, la salsiccia, il pane e il brodo; il purè di patate dolci; i cavoletti di Bruxelles ripassati con le mandorle e l’uva passa; il pane di mais e la torta di zucca.
Il Ringraziamento non è solo una festa di sapori ma è una festa di colori: il rosso dei cranberry, l’arancione della zucca e delle patate dolci, il giallo delle castagne e del granturco, il verde dei cavoletti. Poi c’è il tacchino. Riempiamo la cavità con il timo, il rosmarino, la salvia e le mele. Tutto intorno sedano e cipolle. Cuocerà per tre ore e mezzo e la casa prenderà un odore di buono, di tradizione.
Negli anni ho imparato ad amare questa festa che non è la mia e con la quale non sono cresciuta. Ricordo che quando i miei figli erano più piccoli, dopo aver messo il tacchino in forno, scendevamo in strada per vedere la famosa parata dei grandi magazzini Macy’s: la banda, i ballerini, i palloni colorati con i personaggi dei cartoni animati e Babbo Natale che arrivava alla fine sulla slitta trainata dalle renne.
Il Ringraziamento è la festa della famiglia per antonomasia. Il Natale è soprattutto la festa dei cristiani ma qui a New York, dove si contano centinaia di lingue ed etnie diverse e decine di affiliazioni religiose, questa è la festa di tutti.
La mia vicina di casa, che è direttrice d’orchestra alla Scuola di Musica Juilliard, quest’anno dirige il coro della parata. Mi ha detto che si preparano dalla primavera scorsa per un quarto d’ora di musica mandato in diretta tv in tutto il Paese. Al suo ritorno troverà un pasto caldo. Le lascerò parte del nostro pranzo del Ringraziamento di fronte alla porta di casa. Credo sia questo il senso della festa, il ritrovarsi, il dire grazie insieme. In questa città dove quasi nessuno ha famiglia — un terzo degli abitanti di New York non è nato negli Stati Uniti — gli amici e i vicini di casa diventano la tua famiglia. Negli anni si sono seduti a tavola con noi amici di ogni religione e provenienza, persone di passaggio, sconosciuti che altrimenti avrebbero passato la festa da soli, colleghi e conoscenti di amici.
Quest’anno, poi, mi sembra di sentire questa festa più che in passato. Sarà che mio figlio ha compiuto 18 anni ed è andato a vivere nel campus dell’università. Sarà che in Europa c’è la guerra, che il Covid non è andato mai via e qui fa ancora 300 morti al giorno. Sarà che con la crisi economica, la povertà, che è il male cronico di questa città, morde ancora di più. Sarà che con il passare degli anni questi riti laici ci fanno tenerezza, diventano parte di noi, mentre quando eravamo giovani ci sembravano cose antiquate, senza significato.
Anni fa, durante il dottorato di ricerca a Boston, digiunai il giorno del Ringraziamento in solidarietà con i nativi americani decimati dall’arrivo degli europei nel 1600. Ricordo che allora frasi come “Dio benedica l’America” mi suscitavano profonda irritazione, come se stessero a significare che Dio benediva solo questo popolo. Negli anni il fervore politico non si è attenuato ma tutto è stato messo in prospettiva.
Questo Paese, che amo come quello in cui sono nata, più che mai oggi ha bisogno di ritrovarsi e di dire grazie.
Siamo un popolo profondamente diviso. Lo scempio di quasi due anni fa, con l’assalto al Campidoglio, ci ha dilaniato. La morte di George Floyd è riuscita a unirci ma solo brevemente — ci siamo divisi subito dopo anche su quella. Una parte del Paese non riconosce il presidente eletto, un’altra mette al bando i libri letti da sempre dagli studenti di tutte le scuole. In alcuni Stati le donne hanno perso diritti acquisiti cinquant’anni prima e le famiglie sono talmente divise su questioni politiche che non si siedono più a mangiare insieme.
Ecco, forse un po’ ingenuamente e forse perché invecchio anch’io, quello che chiedo nella mia preghiera laica del giorno del Ringraziamento è un po’ di pace.
Chiedo di ritrovare la strada che un tempo abbiamo percorso insieme. È il perdono che chiedo, la fratellanza che non abbiamo mai conosciuto. E se questo è troppo, chiedo almeno un gesto, una parola gentile, un sorriso, un augurio. Questo è il mio ringraziamento, dunque.
[Da la Repubblica del 25 novembre 2022]
Gotico americano (2022; Giunti Editore) è il primo romanzo di Arianna Farinelli
Note
(1) – Arianna Farinelli è nata a Roma nel 1975. Dal 2001 vive negli Stati Uniti. Nel 2009 ha conseguito il dottorato di ricerca in Scienze politiche e dal 2010 insegna al Baruch College della City University of New York. Gotico americano è il suo primo romanzo.
(2) – American Gothic è un dipinto a olio del 1930, eseguito dall’artista statunitense Grant Wood. Raffigura un agricoltore che regge un forcone insieme a sua figlia davanti a una casa di legno in stile rurale ‘Carpenter Gothic’
(3) – Quasi tutti gli anni, sul sito, abbiamo ricordato il Thanksgiving Day americano; dai primi anni, con la testimonianza diretta di Assunta Scarpati (leggi qui), agli anni successivi, soprattuto grazie ai contributi di Silverio Lamonica che ne spiega la genesi e il significato (leggi qui), e di Emilio Iodice (leggi qui e qui).
Sandro Russo
26 Novembre 2022 at 11:22
Danette è una nostra compagna di corso, diventata grande amica negli anni. All american, è un pezzo grosso nel campo educational. Ma ha avuto un’infanzia africana, dei trascorsi parigini; ha un marito italiano e quattro figli (italiani) sparsi per il mondo. È una giramondo, fa le selezioni e arruola studenti per corsi di lingua inglese, ma da qualche anno si è stabilita a Miami. Fino all’anno scorso ha fatto lezioni con noi in DAD da laggiù (o anche da altre parti del mondo: il bello della didattica a distanza!); quest’anno non ce l’ha fatta.
Siamo diventati molto amici, ci ha ospitato a casa sua a Trevignano (sul lago di Bracciano) e spesso ci siamo visti a cena. È la nostra corrispondente dall’America (…meglio di Ruggero Orlando!) di cui racconta senza infingimenti fasti e nefasti, è curiosa e intelligente e sappiamo che possiamo fidarci di lei per un occhio acuto su quel che va succedendo laggiù (o lassù).
Qualche anno fa proprio in corrispondenza del Thankgiving Day ci ha invitati – tutti noi del Corso di Cinema di Gianni -, nella sua casa romana e ha preparato il rituale tacchino.
Una serata da ritagliare tra i ricordi più belli dell’amicizia in cui per l’occasione lei ci ha spiegato origine, preparazione e significato di tutte le salsette che si preparano per accompagnare il turkey e come lo si farcisce.
Ho ritrovato queste spiegazioni (per sommi capi) nello scritto della Arianna Farinelli e colgo l’occasione per salutare Danette e tutti i partecipanti di quella mitica cena.