di Martina Carannante
Da: “Diario d’una missione. La mia Odissea di circa 72 ore faccia a faccia con la morte” di Aldo Mazzella
Per le puntate precedenti, digitare: Diario del Nonno – nel riquadro in basso a sin. del frontespizio: “CERCA NEL SITO”
Notai a colpo d’occhio sul volto del capitano un pallore straordinario: i suoi occhi da celesti erano rossi, tremava da capo a piedi, fece diverse prove di parlare, ma nessun suono uscì articolato dalla sua bocca. Lo vedemmo mettere mano alle tempie, rimase parecchi minuti in quella posizione come se la sua testa stesse per scoppiare; pensai subito che si sentisse male o che stesse impazzendo anche lui. Poco dopo sollevò la testa e il suo volto aveva riacquistato un po’ di colorito, tossì per schiarirsi la voce, mise una mano in tasca e tirò fuori una pistola carica, la sollevò sul tavolo e vi poggiò sopra la sua mano destra, tossì nuovamente e si rivolse a noi:
– “Ragazzi ho da dirvi cose abbastanza gravi, sono le ore 17:00 e i calcoli che ho fatto per le provviste d’aria che abbiamo sono tutt’al più di altre otto ore, alle ore 01:00 di stanotte, per l’Iride, e per noi, ogni cosa sarà finita. Come avete visto non ci sono vie di uscita, abbiamo tentato tutto! Il nemico sa che abbiamo l’aria limitata e solo attraverso questo mezzo può cantare la sua vittoria concludendo la nostra terribile tortura. Io vi chiedo solo, compagni di un medesimo destino, di rimanere calmi e di attendere la nostra fine. Volendo ci potremmo salvare, ma andremmo a compromettere il nostro Paese. Io prima di partire da La Spezia fui chiamato a Roma dove mi fu affidata questa missione segreta, davanti agli uomini di governo mi assunsi la mia responsabilità e la vostra. Emergendo, diventeremo loro prigionieri e allo stesso tempo comprometteremo la nostra Patria, la faccia del nostro Paese, delle nostre famiglie, delle centinaia di migliaia di nostri fratelli… Che valiamo noi, 32 vite davanti a questa tale cifra? Noi ci sacrifichiamo per il bene della Patria, il nostro sarà il sacrificio degli eroi, Viva l’Italia! Viva il Re! Viva il Duce!”
Così concluse il macabro discorso in fondo al mare il comandante Valerio Dei Principi Borghese, che da principio parlava con voce fioca e a sbalzi, poi con voce più forte interrotta dalla difficoltà della respirazione.
Nelle nostre teste tormentate, quelle parole calarono come piombo fuso; un pensiero fisso torturava i nostri cervelli: “Dobbiamo morire, bisogna morire!”.
Ero al mio posto di manovra, nudo, con solo una mutandina, sudato, con la testa fra le mani e i gomiti sulle ginocchia, i polmoni si affaticano, la gola è arsa, mi sento malato di una malattia senza cura e senza speranza, la sete e la fame mi tormentano da oltre sei ore. Non ho ancora 22 anni e sono nel pieno della mia gioventù, amo la vita perché è l’unica cosa che possiedo su questa terra; chiedo di godere la mia parte di sole, aria e felicità che per Legge Divina per ogni creatura è un diritto inviolabile. Amo la vita perché tutti i miei pari la amano con lo stesso ardore e con lo stesso amore, perché io non devo amarla?
Sto qui allo stremo delle mie forze, ridotto come un cencio; le braccia e le gambe pesano come tonnellate, la testa non si vuole più reggere sul tronco e sul collo […] perché non fuggiamo da questo luogo maledetto, tutto si accanisce per la nostra distruzione? […] …la tua vita non vale niente di fronte alle centinaia di migliaia di vite, tu comprendi la patria? …È per essa che bisogna morire, per salvare il suo onore; rassegnati bello mio […] ma che cos’è la vita? […] …Tu comprendi tutte queste cose degli uomini? Ricchezza, fasto, gloria, bellezza, ambizione e potenza, qual è il loro giusto valore? Da che mondo è mondo i domini, i principati e gli uomini che hanno avuto potenza, dove sono essi? Sotterrati e pieni di maledizioni perché sono stati grandi grazie al sangue versato dei propri simili […] …i maggiori esponenti di questa società non sono altro che un branco di lupi divoratori, che bramano i loro interessi usando come marionette i loro simili inferiori.
Una bomba viene a turbare le mie fantasie. Che lotta si svolgeva nel mio cervello! …Due pensieri, due esseri di idee opposte, come due persone che litigano, ma nessuno dei due riesce ad avere il sopravvento sull’altro, entrambi ostinati a prevalere non cedono […] …mi debbo rassegnare a morire in questa scatola metallica, in fondo agli abissi marini. Addio mia vita, per me non ci sono più godimenti e neanche le gioie di questo mondo. […] …Addio miei cari… Perché mi avete messo alla luce in questo orribile mondo? Addio fratelli, sorella, parenti e amici. Da qui si eleva il mio ultimo pensiero per voi e vi mando il mio supremo bacio di separazione. La vostra attesa di vedermi tra voi, condividendo l’allegria e il fasto di questa terra del domani, sarà delusa; vi porterà dolore sapere che io non sarò più tra le cose di questo mondo.
Il sudore mi cadeva dal viso, grosse gocce mi cadevano tra i piedi. Ben presto mi avvidi che non era tutto sudore, perché non avevo mai sudato in quella quantità; mi accorsi, invece, tra quei tormenti di spasmi fisici e intellettuali, che io piangevo.
Il respiro asmatico mi rendeva fortemente insensibile ai singhiozzi. Perché piangevo? Forse per i tormenti che provava il mio organismo o per la paura di avere solo poche ore di vita?
Trascritto di Martina Carannante
[Il Diario del Nonno (6) Continua]