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Lì dove la bellezza trova espressioni così manifeste da generare apprezzamenti condivisi, è da privilegiare lei piuttosto che l’utilità che ne deriva.
L’affermazione così palesata appare presuntuosa, come parto di una visione divinatoria. E non lo è.
Per mostrarne la razionalità nella sua forma più semplice cerco di spiegarla.
Anzitutto vado ad agganciarmi ad asserzioni della scienza, così da non risultare saccente. Ebbene è verità scientifica che gli uccelli nella scelta sessuale preferiscono chi mostra bellezza piuttosto che vigore. Come se il principio estetico vinca su quello utilitaristico. Lo dimostra il pavone la cui coda non ha un’utilità giacché è ingombrante, e tuttavia nell’evoluzione è diventato fattore di scelta sessuale.
L’utile, per il pavone, si esprime nell’estetica piuttosto che con un evidente vigore fisico.
Fatto questo ancoraggio dottrinale (cfr. Telmo Pievani – La natura è più grande di noi – pp. 103-108) vado a chiarire il fine del ragionamento.
Se, dunque, la bellezza è una qualità da privilegiare, noi ponzesi dovremmo essere attenti alle sue conseguenze. Lo dovremmo giacché la conformazione delle nostre isole abbonda di bellezze riconosciute, apprezzate e attraenti per la loro godibilità.
Non solo, esse dovrebbero essere tutelate anche a scapito dell’utilità immediata.
Lo so che sembra stia scrivendo idiozie ma, abbiate la compiacenza di seguire il mio filo logico.
Sinora noi isolani abbiamo fondato la nostra economia (utile) sulle bellezze naturali delle isole (estetica). Ma se consideriamo utile la bellezza facciamo un errore. La bellezza va preservata per se stessa. Se la asserviamo all’utile la trasformiamo in oggetto. Da cui andremo a pretendere sempre di più, imbellettandolo, potenziandolo, manomettendolo.
Per essere pratici. Se una caletta presenta caratteristiche pregevoli e la andiamo a valutare come un luogo dove possono trovare sollievo i villeggianti allora ne stravolgiamo il sentiero d’accesso (affinché ci possa affluire più gente), piazziamo sulla riva baracche per il ristoro, vi installiamo approdi per natanti. Ebbene tutto questo massimizza l’utile ma annichilisce l’originaria bellezza. Per cui è evolutivamente corretto privilegiare la bellezza della caletta. L’utile da essa proverrà da sé, attraverso canali suoi. Perché la bellezza della caletta ha un valore che supera l’utile immediato.
Non so se l’argomento troverà orecchie attenti ma in questo periodo di consuntivi per l’estate andata e di programmazione per l’estate prossima, forse andrebbe valutato.
N.B.
La foto di copertina – il Bagno vecchio con i Faraglioni del Calzone muto, al tempo della fioritura delle ginestre -, è stata scelta dalla Redazione, ed è solo di accompagnamento, senza attinenza alcuna con il testo