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Persona, personaggio, personalità: tre concetti, tre figure, innestati sulla stessa matrice concettuale, con diversa consistenza, diversa importanza, valore.
Del personaggio ho scritto già di recente (leggi qui) e con valutazione negativa o, se non proprio tale, con distacco, giacché è la persona quella che più conta. Sia per numero, sia per vicinanza, sia per affinità.
La personalità infatti è più rara, più lontana, meno evidente.
Per personalità intendo infatti quella persona che emana un carisma riconosciuto, che ha lasciato apprezzate evidenze di sé ai posteri. Essa non ha bisogno di titoli accademici, di qualifiche professionali, di esercizi sociali altisonanti, di cespiti rilevanti, e nemmeno di riconoscimenti. La personalità è tale perché ha operato per il bene comune. Per tali motivi raramente viene notato il suo valore dai coetanei, bensì è la riflessione storica ad attribuirgli meriti, discrezione, impegno.
Nella società ponzese, a mia memoria, le personalità che hanno meritato l’onore di essere considerate tali dai concittadini, sono pochissime. Ma la mia memoria è inficiata da pregiudizi e dall’età, per cui lascio a ciascuno il compito di eleggere le sue personalità.
Questo ragionamento dove vuole andare a parare?
Vuole soltanto sottolineare come la storia della comunità ponzese sia stata tracciata da una società di uomini asserviti al lavoro perché necessitati da una esistenza magra. E coloro che, al contrario, potevano godere del privilegio di non essere proni alla dura e semplice esistenza, hanno approfittato del loro stato per imporsi sulla massa dei ponzesi e tenerli sudditi.
Non appaia cervellotica la mia valutazione: è dalla fine della guerra che la comunità isolana ha cominciato a sentirsi in possesso di diritti e di valori da poter affermare autonomamente. Fino ad allora – anni ’50 – le lotte per gestire le volontà della gente e farla muovere a piacimento, le lotte dico, si svolgevano fra i titolari delle parrocchie, fra i medici, fra coloro che presiedevano il porto, la dogana, le forze dell’Ordine e il Comune. Parroci contro sindaci, medici contro avvocati, banchieri contro autorità. La gente, quella che produceva, che sosteneva l’economia, che lavorava perché altri si arricchissero, quella gente era asservita, perché ricattata.
È dal dopoguerra che i Ponzesi si sono ritrovati soggetti con diritto di studio, di emanciparsi, di lavorare con soddisfazione, di diventare imprenditori. I Ponzesi sono diventati persone che hanno sognato il riscatto sociale per i figli, che hanno visto i loro sacrifici tramutarsi in strutture economicamente produttive.
E allora… i parroci sono stati messi all’angolo della loro professione di fede, i medici sono stati ridimensionati a consulenti, gli avvocati sono scomparsi. Hanno preso corpo ‘i capipopolo’, tutta retorica e ideologia. Ne permane ancora qualcuno, ma in sordina.
Di personalità ne occorrerebbero, è vero… ma il mio occhio miope non ne vede.
Vedo però che le persone sono in aumento. Quelle che ragionano col loro cervello, che guardano la realtà con i propri occhi. Non sto dicendo che ne ravvedono al verità, no, dico soltanto che traggono le loro conclusioni in autonomia. Senza i paraocchi, conseguenti al ricatto economico, a quello sociale, a quello religioso.
Non me ne vogliate ma oggi sono contento di vedere accanto tante più persone. Le personalità fra di esse matureranno, ne sono certo!