Attualità

Referendum sulla Giustizia, i cinque quesiti

a cura della Redazione

Domenica 12 giugno si vota anche per il Referendum sulla Giustizia. L’argomento non appare molto sentito dall’opinione pubblica e la comprensione dei cinque quesiti appare come sempre in questi casi alquanto oscura. Proprio per questo però riteniamo opportuno rammentarlo ai nostri lettori: facciamo informazione, quindi non possiamo trascurare alcuna parte dell’election day, pur non esprimendo giudizi in merito.

1) – Il primo quesito, scheda rossa, riguarda l’incandidabilità e la corruzione dei politici. Si chiede se si vuole abolire l’intero Testo unico delle disposizioni su incandidabilità e divieto di ricoprire cariche elettive e di governo a seguito di condanne penali in via definitiva (Decreto Legislativo n.235 del 2012). Noto come “Decreto Severino”, il Testo Unico dispone in particolare che non possono essere candidati o in carica a Camera, Senato e Parlamento, né ricoprire incarichi nel governo italiano, coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per delitti penali di grave entità, come terrorismo, tratta di persone e riduzione in schiavitù, associazione mafiosa, traffico illecito di rifiuti o di sostanze stupefacenti. Così come in caso di sentenza definitiva di condanna per reati contro la Pubblica Amministrazione (peculato, concussione, corruzione, rivelazione di segreti d’ufficio, ad esempio). Analoghe disposizioni valgono per i candidati alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali, e per incarichi di vertice nelle amministrazioni locali.
Se si vota sì, si sceglie di abolire tutte le disposizioni anti-corruzione contenute nel Testo Unico.
Se si vota no, il decreto Severino resta in vigore.

2) – Il secondo quesito, scheda arancione, riguarda la custodia cautelare, ovvero quelle misure che privano della libertà l’individuo sospettato di aver commesso un reato prima della condanna definitiva. Queste misure possono essere adottate solo in particolari circostanze, disciplinate dal codice di procedura penale: ad esempio, in caso di rischio concreto e attuale di inquinamento delle prove nel corso delle indagini; pericolo di fuga o di ulteriori gravi delitti con l’uso di armi. Ci verrà chiesto se vogliamo introdurre ulteriori limiti, eliminando la norma che consente la custodia cautelare anche quando sussiste il concreto e attuale pericolo che l’indagato possa commettere nuovamente il delitto di cui è sospettato; ipotesi già limitata ai casi in cui tali delitti prevedano pene detentive non inferiori al massimo a quattro anni, o cinque in caso di custodia cautelare in carcere, nonché per il reato di finanziamento illecito ai partiti (art. 274, comma 1, lettera c) del codice di procedura penale.
Se si vota sì, la custodia cautelare non sarà più possibile in caso di pericolo concreto e attuale di reiterazione del delitto nelle ipotesi già disciplinate dal codice.
Se si vota no, la custodia cautelare potrà essere disposta secondo le modalità e i limiti attualmente vigenti.

3) – Il terzo quesito, scheda gialla, riguarda la separazione delle carriere dei magistrati in base alle funzioni svolte, ovvero la distinzione fra i giudici che decidono (funzione “giudicante) e i pubblici ministeri che rappresentano l’interesse pubblico nei procedimenti giudiziari (funzione “requirente”). Il referendum chiede di eliminare una serie di parti o singole frasi di diversi testi di legge in cui si contempla il passaggio dall’una all’altra funzione; passaggio che nel tempo è stato già oggetto di diverse restrizioni e divieti, da ultimo con la delega al governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario.
Se si vota sì, il passaggio dalla funzione di giudice a quella di pubblico ministero e viceversa non sarà consentito.
Se si vota no, il passaggio di funzioni nel corso della vita professionale del magistrato sarà permesso, o vietato, secondo le disposizioni in vigore.

4) – Il quarto quesito, scheda grigia, interviene sul rapporto tra i membri della Cassazione e dei Consigli Giudiziari delle Corti d’Appello. Questi organi si occupano di assegnazione e designazione dei magistrati, valutazione delle professionalità, formazione e aggiornamento professionale, vigilanza sugli uffici. In entrambi gli organi siedono, al fianco dei membri di diritto (come il presidente e il procuratore generale della Corte), magistrati eletti e membri “laici”, termine con cui si indica chi non appartiene all’ordinamento giudiziario: professori universitari e avvocati.
Se si vota sì, i membri laici potranno partecipare alla discussione e alle deliberazioni su tutti i temi di competenza degli organi direttivi al pari dei membri di diritto e dei magistrati eletti.
Se si vota no, i membri laici continueranno ad occuparsi solo di alcune materie.

5) – Il quinto e ultimo quesito, scheda verde, riguarda le elezioni dei magistrati componenti del Csm (Consiglio superiore della Magistratura), l’organo di autogoverno della magistratura. Si chiede di eliminare le norme che obbligano il magistrato candidato a presentare una lista di colleghi “presentatori” non inferiori a venticinque e non superiori a cinquanta. Essi non possono presentare più di una candidatura né candidarsi a loro volta (Legge n. 195 del 1958, articolo 25, comma 3). In questa direzione interviene anche la riforma.
Se si vota sì, il magistrato che vuole candidarsi dovrà presentare solo un’apposita dichiarazione autenticata.
Se si vota no, il magistrato candidato dovrà continuare a presentare anche la lista di magistrati che lo sostengono.

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